ELIA MARTINA: Nigredo
Elia Martina, compositore classe ‘85, muove i primi passi nella scena musicale di Forlì. Nel 2019 , dalla sintesi delle esperienze passate, nasce il primo disco solista “Happy Days”, che gli permette di sperimentare, avvicinandosi al mondo delle colonne sonore.
Nel 2020, dalla sintesi delle esperienze passate, esce “Nigredo”, Ep di cinque tracce con il quale Elia tenta di avvicinarsi sempre più ad una propria idea di linguaggio. Lo scheletro compositivo è spesso formato da arrangiamenti basso-chitarra-batteria, che si arricchiscono di volta in volta con elementi sperimentali. Si va dal neo funk dominato dal flanger di “Saturday Night”, alla ballata alternative folk di “Mr Fiammifero”. Resta intatta la matrice rock del progetto, con il rumore bianco delle valvole che fa da tappeto. Nigredo è un laboratorio, una fucina in cui le idee di Elia prendono forma. L’ascoltatore ha il compito di sedersi e partecipare al percorso dell’artista. E se il prodotto finito non riscontrasse le proprie aspettative? Basterà ritrasformarlo in materia grezza e ricominciare a modellare, come se fosse argilla.
(Autoprodotto) Digitale
MARBLE HOUSE: Underscore
I Marble House si lanciano da una parte all’altra del crepaccio di genere, calcolando la distanza e il rischio, ben certi di atterrare su due piedi senza sprofondare nella fenditura del terreno. E se da un lato c’è l’impronta progressive anni 70, dall’altro troviamo territori inesplorati e inediti per la band, che scruta all’orizzonte ambientazioni modulari, svolte acustiche e lunghi strascichi vocali, scavando solchi nell’ascoltatore. In questo paesaggio a tratti solenne, a tratti giocoso, trova spazio una produzione a regola d’arte, che miscela sapientemente gli elementi più disparati, sottolineando l’ottimo interplay della band e incoraggiando l’ascolto dal vivo. D’altronde si tratta di un gruppo che da otto anni è attivo sul territorio bolognese e non solo, con diversi live alle spalle e una lunga preparazione dei lavori in studio. “Underscore” è un disco di sette brani, quaranta minuti e un’eterogeneità che catturerà dal fan dei Radiohead a quello dei Tool, passando per i nostalgici del progressive dell’era Peter Gabriel. La riconferma di una band poliedrica che dovrebbe meritare la vostra attenzione. Se questo non bastasse, potete riscoprire il loro album del 2018 “Embers” e il nuovo lavoro “More Human Than Me”, una demo rilasciata nel maggio 2020 solamente su Bandcamp.
(Autoprodotto) Digitale
MALFER: Fiore nella tempesta
Giovane rapper modenese attivo dal 2014, Malfer non è certo alla prima pubblicazione discografica, dato che da anni butta fuori tracce su tracce in collaborazione con l’etichetta Radioattiva Records e affiancato da vari producer fra cui, soprattutto, Morra. Questo per dire che qui vi presentiamo il suo ultimo singolo “Fiore nella tempesta”, che lo vede in featuring con Itarille e Millow, ma nel frattempo scopriamo dalla sua pagina Facebook che nel 2020 nonostante il lockdown Malfer è stato tutto meno che fermo: a novembre un altro singolo ancora (“Sai che me ne frega”, il titolo), ha messo a segno una collaborazione con la squadra di calcio Modena FC, ed è pure riuscito ad mettere a segno qualche data live (miracolo, quest’anno) fra cui la partecipazione a Tutto Molto Bello al Locomotiv Club. E a sentire le rime di “Fiore nella tempesta” non c’è da meravigliarsi che Malfer sia pronto a bruciare le tappe. Il suo è infatti un sound che ti prende subito, un rap sanguigno dai beat old school, ben lontano dai suoni patinati a cui il genere ha strizzato l’occhio negli ultimi anni. Tanta roba.
(Radioattiva Records) Singolo Digitale
MAGENTA#9: Non si può
I bolognesi Magenta#9, i ceffi della Bolognina come amano farsi chiamare, sono giunti al debutto ufficiale con un singolo intitolato “Non si può”. Un brano che ascoltato adesso sembra scritto nel periodo di lockdown. Invece così non è, ma la forza della musica è tale che il testo del pezzo si cala perfettamente in questo particolare periodo storico, anche se è una critica ironica e scanzonata verso i diktat del consumismo nella società delle apparenze, dove il superfluo offusca il valore dell’essenziale allontanandoci dalle gioie autentiche della quotidianità. I Magenta#9 hanno un suono compatto, cantano in italiano e hanno vinto l’ultima edizione di Sanremo Rock, diciamo non nell’anno migliore. Insieme al singolo digitale, che mentre scrivo queste righe un pop-up mi ricorda essere disponibile all’acquisto su un famoso portale in mp3, è stato girato anche un video in animazione che ha come sfondo il capoluogo emiliano. I Magenta#9, capitanati da Amos Amorati, vecchia conoscenza del metal peninsulare con i Rain, vanno dritti per la loro strada incuranti di mode e trend passeggeri. Il rock sembra ancora vivo e vegeto ascoltando il loro pezzo.
(Autoprodotto) Singolo Digitale
LUCERTOLE: Fuoco cammina con me / Ritornare
Oggigiorno possiamo proprio definirci nel periodo “Post Tame Impala” e “Post King Gizzard”: un momento musicale in cui molte band copiano ed abusano del suono dei synth, della psichedelia, e del cantato di queste band. Ma è proprio qui che le Lucertole portano quel tocco di novità e freschezza. La band nata nel 2016 a Ferrara – e formata da Antonio aka Tony al basso, Emanuele detto Lu Magu alla batteria e Juan alla voce e chitarra – a tratti ricorda i suoni dei Psychedelic Porn Crumpets, dei The Claypool Lennon Delirium o dei Post Animal. La missione delle Lucertole è suonare una musica slegata dai preconcetti e dalle convenzioni e ci riescono egregiamente spaziando dall’alt rock, allo psychedelic, al reggae fino ad arrivare a qualche accento prog vecchio stile. Esordiscono con il loro singolo “Fuoco cammina con me”, un frullatore che miscela muri di chitarre, ritmica non banale in 4/4, un ritornello catchy che spinge chiunque a canticchiarlo tutto il giorno. Quindi i ragazzi ferraresi meritano la vostra attenzione? Assolutamente sì, nonostante la giovane formazione sono più che pronti per aprire una nuova scena musicale.
(Autoprodotto) Digitale
LA GABBIA: Madre nostra
È arrivato alla fine all’esordio, a due anni dall’EP “Bruciare Vivo” (2017), questo quartetto bolognese che si autodefinisce stoner, anche se già dai primi secondi di “Madre nostra” non ci troviamo totalmente d’accordo. Si perché La Gabbia si presenta da subito come qualcosa di più. In un’epoca infatti in cui il rock duro fatto di chitarre è indubbiamente in crisi, questa band è riuscita a creare un sound convincente che riesce a mettere insieme la forza dirompente di brani come “Violenza” e “Ho bisogno” a sonorità più aperte e quasi post-rock di “La luna e i falò” e “La fine e l’inizio di una vita”, senza dimenticare poi di lanciare qualche perla marcatamente radiofonica come l’opener “Ilaria”. Il risultato, nonostante queste anime diverse che convivono all’interno delle otto tracce di “Madre nostra”, riesce ad essere omogeneo all’ascolto e a convincere subito, in particolare perché la band è riuscita ad adattare perfettamente la lingua italiana al rock, in maniera credibile, che non è una cosa per nulla scontata. Forse il rock non è morto, forse qualcuno lo aveva solo chiuso in gabbia.
(You Can’t Records/Punx Crew) CD
PAOLO IELASI: Glimpses From Quarantine
Che cosa sono i confini? Musicali, territoriali? Domande che negli ultimi mesi hanno cambiato senso, nella situazione totalmente inedita e straordinaria in cui ci siamo ritrovati durante il lockdown. Sono quindi le pareti di casa, che ci confinano nel luogo in cui troviamo? Domande che si è sicuramente posto anche Paolo Ielasi, che ha pubblicato su Soundcloud/Bandcamp questo “Glimpses From Quarantine”, un racconto sonoro in tre parti dei giorni “allucinomagici” (come lui stesso li definisce) passati in quarantena prima a Bologna e poi a Milano. Composizioni rarefatte che in cui a balzare in primo piano è un senso di stasi, una staticità paradossale, quella che abbiamo percepito tutti quanti nel momento in cui il mondo di colpo si è fermato. All’inizio parlavamo di confini, e infatti per quanto la musica di Paolo sia stata scritta e registrata nel perimetro di una stanza in via Pietralata, le onde dei suoi riverberi elettronici diventano mondiali, e ci portano fino a Berlino. Il mondo si è fermato e i confini sono più marcati che mai, ma allo stesso tempo siamo tutti uniti in questa strana, spaventosa situazione. E aspettando che passi, schiacciamo play.
(Autoprodotto) Digitale
I LOVE DEGRADO: Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto
Toglietevi dalla testa le pagine Facebook popolate da boomer con la bava alla bocca e dal meme facile e dimenticatevi, già che ci siamo, qualsiasi riferimento al rock demenziale. É vero, i testi sono assurdi, si ok abbiamo letto anche noi il nome dell’album e i titoli dei brani, ma qualcosa non convince. Il fatto è che ILD sono semplicemente troppo bravi, non ce la fanno proprio a spacciarsi per credibili menefreghisti. Basta ascoltare una volta il disco: un decalogo di tutto ciò che è post. Crescendo à la Explosions in the Sky, chitarroni riverberati stampo Soviet Soviet, tappeti ambient spezzati da bassi marci, batterie sgangherate su arpeggi nervosi. C’è la rabbia di chi vuole entrare in sala prove e sudare sul manico dello strumento tutte le frustrazioni di un’esistenza ingiusta; c’è anche la voglia di sperimentare, di mischiare gli ascolti, poco importa se il risultato è un morphing non perfettamente inquadrabile. I Love Degrado è un blob, un impasto di creature, una Cosa spietata e nerboruta. “Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto” è il loro disco, andate ad ascoltarlo.
(Autoprodotto) Digitale
GAPPA: Passeggeri
Ogni volta che ascoltiamo un lavoro di Gappa (Gaspare Palmieri) siamo consapevoli di trovarci di fronte ad un disco profondo, suonato in modo impeccabile e con una raccolta di testi dove ogni singola parola è messa al punto giusto. Se poi ci aggiungiamo la voce di Gappa, calda, rassicurante il risultato non può essere che eccezionale. “Passeggeri” è l’ennesima riprova di questo stato di cose. Gappa passa dalla canzone d’autore al blues, dal cantautorato a venature pop e racconta. Racconta di resistenza, di vita, di stazioni che ci vedono viaggiatori, di libertà, di affetti e di futuro. Gappa ci prende per mano e ci porta negli anfratti della sua vita (“E cammina, cammina, cammina”), nella sua città (“Nei cieli di Modena”), o nelle sue scelte di campo (“Chi resiste”). Gappa ha scritto un album con testi da imparare a memoria, da ricordare in quei momenti di sconforto che ogni tanto possono far capolino nelle nostre giornate. Un album di nove canzoni che sono lo specchio dove la nostra immagine riflette emozioni, sicurezze ma soprattutto incertezze. “Passeggeri” è una valigia dentro la quale ci sono le nostre speranze, le nostre solitudini, i nostri sogni. Un disco da ascoltare preferibilmente in compagnia.
(Private Stanze/Audioglobe) CD
DANIELE FORTUNATO: Quel filo sottile
Daniele Fortunato è un cantautore di stanza in Romagna, giunto al suo nuovo lavoro discografico che va a sommarsi alle precedenti produzioni in questi anni di attività. Un cantautore che ricorda quel pop raffinato alla Concato (tanto per fare un nome), capace di raccontare la propria vita e farla diventare la vita di tanti. “Quel filo sottile” è un concept album che mette in scena il legame tra due persone grazie a sette dipinti sonori. Nel disco si incontra la leggerezza ed il tormento, il ritrovarsi dopo tanti anni con la voglia di restare, il messaggio d’amore per i propri figli. Un disco che strizza l’occhio al pop ma anche al jazz o al country, fino ad arrivare ai ritmi latini che vivono di folk. Inciso al Marzi Recording studio di Riccione, sotto la regia di Daniele Marzi, il disco vede la partecipazione di Milko Merloni al contrabbasso, Gianluca Nanni alla batteria e Massimo Semprini al sax. Un viaggio tra le pieghe di una storia d’amore che può lasciarti segni profondi e che alla fine non ti abbandona mai. Pop con una chitarra acustica sempre in primo piano a sottolineare ogni attimo di questa lunga storia.
(Believe Digital) Digitale