Marsch: Sul fondo delle acque

MarschOKProvengono da quattro band diverse i riminesi Marsch, e a vedere il loro sito ufficiale alla sezione band arriva la conferma di quanto si sente tra le note di “Sul fondo delle acque”: i nomi in comune tra le influenze dei quattro membri sono soprattutto provenienti dalla scena grunge anni ‘90 (Pearl Jam e Soundgarden) e dalla scena rock alternativa italiana (Afterhours, Marlene Kuntz, soprattutto Verdena). Suggestioni che si miscelano e si accavallano negli 11 brani dell’esordio discografico, pubblicato nel 2015 a tre anni dall’EP omonimo e registrati presso lo Stop Studio con la collaborazione di Andrea Muccioli (Shelly Johnson Broke My Heart, Talk To Me, Delay House) e Ivan Tonelli (Cosmetic). Chitarre ruvide e drumming potente abbracciano le voci dei due cantanti, a cui purtroppo un mixaggio volutamente rock non rende giustizia e complica spesso l’ascolto dei testi, che sono pur ben curati e interessanti. Un album scritto e suonato indubbiamente bene, che con qualche accorgimento che ne faciliti l’ascolto potrebbe raggiungere un pubblico ancora più vasto.

(Stop Studio / Acanto Sas) CD

Mantideatea: Fuga verso il ritorno

mantideateaOKNuovo lavoro discografico per i bolognesi Mantideatea, band nata nel 2001, che negli anni, come prassi vuole, ha visto alternarsi al suo interno diversi componenti, tutti con precedenti progetti artistici alle spalle. Contraddistinti da un suono rock con elementi progressive, “Fuga verso il ritorno”, è un concept album (sette brani in scaletta) che racconta la fuga, il viaggio, la partenza ma anche l’arrivo. Un video di presentazione del disco, una sorta di chiave di lettura, è visibile sul canale Youtube della band e può aiutare a entrare nel labirinto dei Mantideatea. “Fuga verso il ritorno” è un’evasione verso un luogo incontaminato, dove regna sovrano il Re Mida. I Mantideatea girano vorticosi, in poco meno di mezz’ora (la durata del disco) corrono verso la loro meta con lo spirito di chi conosce già cosa ci sarà al traguardo. Rock in italiano con qualche spunto prog. Tra i brani da segnalare “Re Mida”, “Solo l’istinto” e “Planet default”. Per chi cerca nel rock spunti di riflessione oltre gli assoli di chitarra.

(Autoprodotto) MINICD

Jet Leg: Effemeridi

jet-legOK“Le effemeridi sono fondamentali per trovare immediatamente gli astri nel cielo, pianificare osservazioni a lungo e breve termine e identificare gli stessi astri presenti nel campo di osservazione dello strumento”. Nel caso dei Jet Leg, quintetto modenese nato nel 2012, “Effemeridi” più che uno strumento per studiare la volta celeste può essere una colonna sonora per guardare le stelle in una sera d’estate. Per quanto le influenze dichiarate dalla band stessa siano marcatamente funk e soul (Jamiroquai, Red Hot Chili Peppers e James Brown i nomi citati sul loro sito web) il risultato in questo primo EP è assolutamente pop: brani orecchiabili e solari, che ammiccano alla radio e al grande pubblico, con una scrittura da mettere a fuoco in particolare nei testi, di una leggerezza forse eccessiva nascosta dalla lingua inglese. Il brano più riuscito risulta la conclusiva “Rise”, dove finalmente l’anima funky dei Jet Leg fa sentire più la sua voce: un ottimo spunto per le prossime produzioni del gruppo.

(Autoprodotto) CD

Groove Connection: Groove Connection

groove-connectionOKIn bilico tra album, EP o semplice demo arriva questo omonimo esordio dei modenesi Groove Connection, che già dal nome fanno capire qual è il loro campo di azione: nel loro sound c’è tanto funk, acid funk, un bel po’ di influenze jazz, progressive, fusion, tutti generi insomma in cui il ritmo, il “groove” appunto, è un elemento portante. Il risultato sono cinque pezzi rigorosamente strumentali, ben suonati e prodotti, che fanno ben sperare anche per la resa dal vivo del quintetto. Tra i brani spunta anche la cover, “Super Mario Bros. Theme”, tema musicale del celeberrimo videogame, che bisogna dire è l’episodio meno riuscito del disco. Sarà che il tema è già stato usato e abusato (cercandolo su YouTube appaiono ben 826.000 risultati di cover in tutte le salse), sarà che i Groove Connection veramente convincono molto di più nei propri brani, il che non può essere altro che un lato positivo. Nel complesso un disco di genere suonato ottimamente, da cui non ci si può aspettare grandi sorprese ma che soddisferà senza dubbio gli amanti del groove.

(Autoprodotto) CD

Freeraggio: A more blue

FreeraggioOKNuovo album e nuove atmosfere per i Freeraggio, quartetto di Pieve di Cento nato alla fine degli anni ‘90 e ri-nato in questa sua nuova veste nel 2009. Nuove atmosfere perché in questo “A More Blue”, pur rimanendo intatte le fascinazioni per un certo rock psichedelico, entrano nella musica dei Freeraggio anche una buona dose di influenze blues, rock, funk che vanno a comporre un sound ambivalente. Fondamentalmente crudo come il blues, ma profondo e aperto come da tradizione floydiana, questo mix di suoni si innesta su brani ben scritti e sorretti in maniera impeccabile dalla voce di Selene Recca, che nei momenti più pop dell’album ricorda quasi una Carmen Consoli dei tempi d’oro. Curiosa la scelta di realizzare parte della scaletta in inglese e parte in italiano, e bisogna rilevare che è proprio nella lingua madre che i Freeraggio danno il meglio di sé. O meglio: se l’inglese è vero che si presta di più al genere, l’inevitabile “forzatura” per adattarlo alla nostra lingua viene risolta in maniera originale e quindi aggiunge qualcosa all’insieme anziché minarne la qualità.

(Autoprodotto) Digitale

Feat. Esserelà: Tuorl

feat-esserelaOKSfoglio il libretto che accompagna il debutto discografico dei Feat. Esserelà, trovo la centrale elettrica di Londra (Battersea power station), un dipinto di Escher e nessun testo. Chissà cosa mai potrà succedere all’ascolto di “Tuorl” del trio bolognese. Si comincia. Le tracce sono undici, la mancanza delle liriche è presto detta, si tratta di un disco èstrumentale. Non arricciate il naso, perché i Feat. Esserelà suonano così perfetti e lisci che la mancanza delle parole non si avverte minimamente. Se credete di vivere in qualche ghetto americano a fine anni 70 e ascoltate funk, se piangete sentendo il jazz rock, se per voi i Genesis sono quelli progressive con Peter Gabriel, se pensate a sonorità “vecchie” e stantie, vi sbagliate di brutto. Il trio (dal vivo diventa un quartetto con la presenza di Esserelà) è un qualcosa che lascia di stucco. Originali (in un genere musicale dove l’originalità è difficile), pimpanti (dove il fiato è corto da tempo), divertenti (dove le battute sono diventate tristi), demenziali (senza esserlo), astuti e maledettamente bravi. “Tuorl” dicono che sia un disco strumentale ma ne siamo proprio sicuri?

(Joe Frassino Records) CD

Ed: Meglio soli

ed_OKEd arriva al nuovo album, “Meglio soli” e per l’artista è una svolta epocale. Dimenticate i suoi precedenti discografici, giocati su liriche in inglese, perché Ed con il nuovo album ha deciso di giocarsi la carta dell’italiano. Scelta che può sembrare “facile” e che invece nasconde trabocchetti e difficoltà a non finire. Ed continua sulla strada di un folk rock che strizza l’occhio al pop edulcorato. Atmosfere sixties, che possono calare l’ascoltatore nella bolgia di Woodstock ma anche nella New York di Lou Reed, melodie scolpite nella pietra della west coast e ballate tra ansia ed allegria. Tra i brani più riusciti mi preme segnalare “Avvoltoi”, ricco di nervature che si discosta un poco dal resto del disco. Ed afferma che “A modo mio” è il pezzo più autobiografico dell’album e nella sua disamina del progetto artistico, che lo vede coinvolto in prima persona, parla anche biberon grunge con chitarra distorta e di Elliott Smith. Ed è approdato all’italiano. Un bene o un male spetta a voi deciderlo. Per noi Marco Rossi, in arte Ed, ha fatto la scelta giusta. Una scelta che porterà pace e tanto amore.

(Tirreno Dischi/Urtovox) Digitale

Dirty Sanchez: Madness

Dirty-SanchezOKI Dirty Sanchez ci hanno messo qualche anno a mettere fuori questo primo EP: formatisi nel 2012, è infatti solo nel 2015 che “Madness” vede la luce tra le mura del Music Insider Studio di Rovereto (MO). Ma cosa è successo in questo tempo? Diversi avvicendamenti nella formazione, che hanno portato il trio iniziale a diventare un quintetto, e un gran lavoro per trovare una mediazione tra le varie influenze della band, che abbracciano generi come grunge, metal, rap, crossover. E si direbbe che sia poi proprio quest’ultimo ad avere avuto la meglio, o comunque una posizione predominante, perché già dal primo ascolto si viene riportati a quell’epoca in cui non era strano trovare in alta rotazione band come Deftones, Korn, e soprattutto Limp Bizkit. Cinque tracce di chitarre massicce, scratch, una voce che varia con disinvoltura tra melodia, rime e urlato, la scelta coraggiosa di optare per la lingua italiana (considerando che il nu-metal è stato un genere poco esplorato nel nostro Paese): l’esordio dei finalesi Dirty Sanchez è un episodio imperdibile per gli amanti del genere.

(Autoprodotto) CD

Des Moines: Des Moines

Des-MoinesOKDes Moines è la capitale dello stato dell’Iowa, e ha dato i natali a tutti i componenti degli Slipknot. Ecco, questo non c’entra assolutamente niente. Des Moines è anche e soprattutto, in questo caso, Simone Romei. Che al di là della sua musica, me lo immagino come la cosa più lontana dagli Slipknot che ci possa essere al mondo. Appena mi sono ritrovato tra le mani questo esordio del cantautore Reggiano il primo paragone ad essermi venuto in mente è stato con un altro album d’esordio, quello di Damien Rice, complice il giallo pallido della copertina. Alle prime note di chitarra acustica, e con le prime melodie, si capisce subito che siamo invece in un altro mondo sonoro, più vicino a Nick Drake: dodici brani quasi sussurrati, da ascoltare al lume di candela, ben scritti e piacevoli da ascoltare, figli della tradizione folk inglese e americana. Un senso di intimità che si trasmette anche aprendo il libretto e toccando con mano il disco, con la sensazione di avere tra le mani qualcosa di fatto con dedizione e sentimento, un pezzo di appena cinquanta copie confezionate con cura. E non è una cosa poco.

(Whippoorwill Tunes) Digitale/CD ed. limitata

Il Club dei Vedovi Neri: D’amore non si muore

ilclubdeivedovineriOKNuova produzione discografica per il quartetto de Il Club Dei Vedovi Neri, che già dal nome, un omaggio a una raccolta di Isaac Asimov, connotano una certa propensione per una musica scura ed elegante. “D’amore non si muore”, affermazione assolutamente vera, ma per amore si può stare decisamente male, è un album pieno zeppo di sonorità stilose, tra folk, rock, ballate e musica d’autore, dove si può incontrare la rabbia, l’intensità delle parole ma anche della musica, la passione, la malinconia e le mille sfaccettature dell’esistenza umana. Il Club Dei Vedovi Neri non mette fuori posto nemmeno una nota musicale e nemmeno una parola, segno evidente del lavoro certosino fatto in questa produzione discografica. Adatti per curare anime ferite, amori infranti e coltivare la speranza, “D’amore non si muore” è un album da ascoltare pensando alla frase di Asimov riportata in copertina: “La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione che crea problemi”. Un album ricco di emozioni. Un album pacato. Un album da coccolare.

(Autoprodotto) CD