SUN ON SUNDAY: Tutte le distanze
Nella pagina Facebook dei Sun On Sunday (da Monghidoro) c’è scritto che fanno “Disco-Country”. Uhmmmm…… In copertina un divano da salotto è in un bosco, mentre i nostri quattro sono a tavola in una cucina di una casa che immagino sull’Appennino. Comincio ad ascoltare. Il rock è di spessore, ci sono richiami al blues che diventano evidenti in “Blues di provincia”, poi vengo travolto dall’impeto di “Blues di città”, scopro che “Bologna è umida” (ecco perché ho male alle ossa) e mi vedo allo specchio con “Acne”. I Sun On Sunday vanno dritti al centro. Immaginate voi un centro che volete. Sono passati dall’inglese degli esordi all’italiano. Ottima scelta. Il tutto sembra girare per il verso giusto. Meno country e più radici autoctone. “Tutte le distanze” risulta un lavoro maturo, stranamente il brano che mi convince di meno è proprio al title track. Ma cosa importa, ci sono altre tredici canzoni da cantare a squarciagola. Affamati di rock blues, pardon Disco-Country, fatevi avanti. Ce n’è per tutti.
(Autoprodotto) CD
SUSTAIN: Genesi
I Sustain sono attivi dal 2008 e tra le varie apparizioni live annoverano un “Modena 29 settembre” e un “Friction Festival”. Un loro brano è finito anche nella prima raccolta di “Sonda”. Cosa si potrebbe chiedere di più. Si potrebbe chiedere di non cambiare continuamente formazione, situazione che ha rallentato il cammino della band. Nel 2012 con l’arrivo di un nuovo bassista i tre Sustain decidono di dedicarsi alla registrazione di un ep. “Genesi” è il titolo del cd autoprodotto pubblicato nell’estate del 2013. Sei brani di rock cantati in italiano con diversi spunti interessanti. Nessuna sovra incisione, nessuna correzione, nessun marchingegno software. Scelta dettata dalla volontà di avvicinarsi il più possibile alla resa live del gruppo. Tra i sei brani la title track e “Il ponte” sono da ascoltare ripetutamente. La voce di nonno Vittorio in “Il ponte” è veramente molto azzeccata. I Sustain stanno cercando la quadratura del cerchio e un po’ alla volta ci stanno arrivando. Rock con un messaggio dritto e diretto. Sperando che la line-up tenga botta.
(Valvolare) CD EP
SYNTHONIA: Synthonia
Prima di tutto i Synthonia hanno sbaragliato la concorrenza e si sono aggiudicati il premio nella categoria: “La copertina più originale del momento”. Infatti, il loro album è racchiuso in una custodia di eco-camoscio, foderata internamente con seta pura 100% in varie fantasie e con un libretto in carta patinata, riciclata, bigoffrata, certificata fsc. Complimenti. Se poi oltre all’oggetto volete anche ascoltare il cd (solitamente si fa) vi potete imbattere in un rock dalle sfumature elettroniche, con echi progressive e cambi di ritmo repentini. Testi in italiano per 12 brani dalla sagoma marcata. Un disco che può fare la gioia di chi cerca orecchiabilità ed energia nella stessa canzone. Da ascoltare senza esitazione “Falling down”, le elucubrazioni al silicio di “1979” e “Demonio”. I Synthonia potrebbero essere considerati la versione “metal” dei Subsonica. Tante influenze, tanta esperienza (a leggere la loro bio) e tanta voglia di rock. Complimenti ancora per il packaging.
(Autoprodotto) CD
Le scelte dei valutatori: Luca Fantacone
Luca Fantacone
“Ascoltare musica in continuazione, senza misura, è per me una necessità e un privilegio. Necessità perché sono nato così, non ci posso fare nulla. Previlegio perché lo faccio per lavoro: me lo sono cercato con ostinazione e sono stato talmente tenace e sufficientemente fortunato da riuscire a trovarlo. Ascoltare vuol dire per me abbandonarsi a qualcosa che forse è in grado di trasportarmi altrove. Forse, non sempre. Dipende da me, da chi ha composto la musica che ascolto, dalle sue orecchie e dalle mie, dal suo cuore e dal mio. Dal suo istinto e dal mio, dal suo ambiente e dal mio. Dalle sue urgenze e dalle mie. Per questa ragione, i cosiddetti “ascolti” sono sempre un thriller ben scritto: non sai mai come va a finire. Ed è per questo che mi piacciono: ho sempre voglia di sapere come potrebbe andare a finire, perché non si sa mai. è altrettanto vero però che ascoltare tanti demo, o rough mix, o provini che dir si voglia, a volte può diventare una specie di routine che tende ad appiattire un po’ le aspettative: generalmente perché il materiale che si ascolta è troppo numeroso, a volte perché le condizioni in cui si ascolta non sono le più adatte (ognuno ha le sue preferite, penso…) altre perché, onestamente, la qualità di ciò che si ascolta è molto bassa e frustra un po’ la voglia di trovare qualcosa di realmente interessante.”
ENRICO MESCOLI
Se non mi sbaglio era il 2004 quando ascoltai le prime canzoni di Enrico Mescoli: ai tempi avevo appena iniziato a lavorare in proprio dopo un periodo abbastanza movimentato che mi aveva visto cambiare 3 aziende in 5 anni, passando dal mondo major a quello di una indie con ambizioni molto alte (Nun Entertainment), e da quest’ultimo a quello della libera professione. Tanti cambiamenti, forse troppi per me in quel momento, ma che si sarebbero rivelati molto utili negli anni a venire. Quindi il contesto era: casa mia, soggiorno, computer, cuffie, internet, finestra su piazza Napoli, idee in continuo movimento, spesso confuso a dire il vero. Ascolto una, due, dieci, venti cd e poi quello di Enrico: e lì mi fermo di colpo. Così succede, di solito. Si ascoltano tante cose, ma se ne “sentono” solo alcune.
Nel caso di Enrico, semplicemente, mi immagino una persona che scrive e suona tutto da solo, che rivela un background musicale fatto di cose che mi suonano nuove e di altre che riconosco subito (anche perché mi piacevano ancora molto). E mi sorprende la facilità con cui Enrico unisce e mischia il tutto, con grande disinvoltura e con la curiosità che lo porta ad imbastire arrangiamenti sufficientemente arditi per un “esordiente”. Tutto questo mi fa dire: “però…!”
Ci si scrive, ci si parla, si tenta di capire se ci sono punti di contatto, reali possibilità di sviluppare qualcosa insieme. Ma la mia situazione a quel tempo non era abbastanza strutturata per poter mantenere delle promesse che infatti non gli faccio. Le illusioni non mi interessano, non le voglio avere né trasmetterle. Soprattutto e prima di tutto in questo lavoro. Per questo si rimane blandamente in contatto, francamente e gentilmente. Dopo poco tempo (non mi ricordo quanto francamente), SONDA mi comunica di avere un nuovo artista da farmi ascoltare e da valutare. E, guarda un po’, ecco ricomparire Enrico: brillante nelle sue soluzioni musicali, più maturo, un po’ diverso ma sempre stimolante. Soprattutto per la semplicità e l’efficacia di musica e parole.
Ricomincio ad ascoltare, a “sentire”, a capire e non capire. Ci si scrive di nuovo, si condivide con franchezza. E poi ci si incontra a Modena, si parla, ci si intende. Ironicamente, ormai da diversi anni mi occupo solo di repertorio internazionale, che vuol dire che non sono la persona che direttamente produce progetti italiani e li lavora perché si creino un proprio spazio nel mercato e nel pubblico italiano. Quindi non sono la persona che “serve” direttamente ad Enrico, anche se il mio contatto con chi effettivamente produce e lavora musica internazionale mi permette di avere un punto di vista ugualmente utile per chi fa musica qui in Italia. A prescindere dal livello, dal genere, dal gusto.
In ogni caso, per queste ragioni, la storia fra Enrico e me non è quella di un discografico che si imbatte in un artista che raggiunge il successo e che poi racconta di come “aveva capito tutto dal primo ascolto!”. Ma quella di due persone con ruoli diversi ma con lo stesso fulcro: trasmettere e ricevere attraverso la musica. Questo è il punto di partenza imprescindibile: persone che entrano in contatto, si capiscono, si piacciono, si immaginano percorsi ed obbiettivi comuni, non necessariamente raggiungibili. Ma belli proprio perché visionari. E ancora più belli se da visionari diventano reali, perché permettono di avere nuove e più grandi visioni.
Ed è questo il contributo, la funzione di SONDA: mettere in contatto in modo sano persone che hanno qualcosa da dire. Non assicurare o garantire obbiettivi, successi, carriere, ma contribuire a crearne i presupposti. Il problema forse più grosso dell’industria musicale (artisti, discografici, distributori, media, etc.) in Italia e non solo (ma in Italia un bel po’ di più…) è pensare al punto di arrivo prima di sapere da dove si vuole e si può partire, sentirsi in diritto di ottenere un “consenso” senza essere realmente sicuri di trasmettere agli altri qualcosa che li possa far sentire “uno”. A SONDA, a me, questo non interessa. Ci interessa certamente essere concreti e raggiungere degli obbiettivi, ma soprattutto avere delle visioni e condividerle con chi ne ha altre. Enrico le ha, ed io penso tuttora che siano potenzialmente molto interessanti anche per altre persone.
Luca Fantacone 48 anni, laureato in Scienze Politiche, dopo un primo impiego come marketing assistant in Unilever, e un breve soggiorno a Londra, nel 1991 entra in Warner Music come product manager e poi come promotion manager. Dopo 4 anni passa in PolyGram, dove gestisce l’etichetta Black Out in qualità di direttore artistico. Segue una rapida esperienza in Sony Music e un’esperienza indie con la NuN Entertainment, al cui termine lavora due anni come free lance. Nel 2006 rientra in Sony Music, prima come digital marketing manager poi come direttore marketing del repertorio internazionale.
KARBONIO 14: Tra le luci bianche
Iniziamo dando alcune coordinate di ascolto per prepararci nel migliore dei modi ai Karbonio 14. Se siete tra i fan di Modà, Cremonini, Renga, Le Vibrazioni, Subsonica ma anche Coldplay (soprattutto nella loro ultima fase creativa) questo disco lo dovete ascoltare tutto d’un fiato. Dietro (o davanti) ai Karbonio 14 ci sono scafati musicisti (ex Ladri Di Biciclette) e “giovinastri” con una mission ben precisa, quella di scrivere la canzone perfetta. E a dire il vero i Karbonio 14 ci vanno molto vicini. Due le bonus presenti nel disco, una di queste in inglese, a dimostrazione che la band potrebbe anche pensare al mercato internazionale. Personalmente li preferisco quando si avvicinano alle sonorità Subsonica, “Catene” potrebbe diventare l’hit della prossima estate ed anche “Tradirefaremale” e “Come follia” non sono da meno. Luci bianche ci indicano la strada fino cuore dei Karbonio 14 che curiosamente non appaiono con nessuna foto nel lussuoso libretto. “Quello che conta è la musica” dicono fieri ed orgogliosi.
(Molto Pop/Universal) CD
LIA FAIL: Cynical Stones
Da una band che porta il nome di un megalite irlandese, la Pietra del Destino, ci si dovrebbe aspettare niente altro che traditional folk d’oltremanica, magari declinato secondo l’italico e ormai inevitabile paradigma dei Modena City Ramblers, se proprio va bene beccarsi una scarica di punk e quadrifogli in stile Pogues. No? Ebbene, no. Dentro a questo esordio ai bolognesi Lia Fail infatti c’è si il neofolk canonico, ma anche molto di più: tantissima new e dark wave, accenni progressive, atmosfere quasi epic metal, una tavolozza sonora che sfugge le costrizioni della classica formazione rock ibridandole c on elementi folk come il violino, l’intreccio tra voce maschile e femminile in una unione di opposti. Tutto questo sorretto da una predisposizione letteraria strabordante, capace di condensarsi negli appena due minuti di pura tragicità di “Battlefield” o di rompere ogni schema nel crescendo di quasi dieci minuti della closing track “A Soldier”. Un progetto indubbiamente interessante, ben conscio di come muoversi sul proprio terreno (e ampliarlo) senza ricercare facili consensi.
(Three Legged Cat Records) CD
LINFA: Valanga EP
“Valanga EP” è il nuovo vagito discografico dei Linfa. I Linfa sono attivi dal 2005 ed arrivano da Modena. Sulla loro pagina Facebook indicano il rock come genere di riferimento (io qui andrei di più nello specifico citando il grunge), elencano Raffaella Carrà, Cristiano Malgioglio e gli Abba tra le influenze (io qui citerei anche i Pearl Jam, Soundgarden, Screaming Trees), mentre Paolo Gobbi, Lorenzo Morini e Salvatore Giorgio figurano tra i membri (io qui aggiungerei come elemento esterno Mark Lanegan), infine l’esoterismo e il bondage estremo sono tra gli interessi del gruppo (io qui metterei anche le poesie di Yukka Swindlehurst). Con tutte queste informazioni in mano posso ascoltare il poker di canzoni di “Valanga”, registrate da Omid Jazi (nome ricorrente nelle ultime produzioni provenienti dal territorio emiliano). Quindi non ho idea se è per colpa di Omid, o se i Linfa hanno tirato fuori dal cilindro magico quattro canzoni meritevoli di attenzione ma questa valanga suona proprio compatta e coesa. Il primo e l’ultimo brano da elevare a hit. Linfa per non dimenticare gli anni 90 rock’n’roll.
(Autoprodotto) CD EP
LUBRIFICATION: Death among us
Se un album si apre con la voce di Freak Antoni (Skiantos) già mi predispone bene all’ascolto. Se poi subito dopo si entra a gamba tesa nel punk allora posso anche decidere di riascoltarlo per alcune volte ricordando che questo genere musicale non vuole morire ed ancora oggi è il grido di rabbia di creste colorate sparse per il mondo. I Lubrification (sono in tre) non inventano niente di nuovo (sia chiaro) perché nel punk non ce n’è bisogno. Quello che serve è energia, testi che denuncino qualcosa “di serio” ed una velocità d’esecuzione vicina a Mach 2. I testi sono in inglese (e qui si potrebbe fare uno sforzo in più verso l’italiano) poi ecco spuntare nuovamente Freak (“Vodka connecting people”, “Amore è dolore”) e mi piace immaginarlo in sala di registrazione in compagnia dei giovani Lubrification a divertirsi come un matto. La old school incontra la new school e gli stritola i cosiddetti. Fatevi sotto, ce n’è per tutti. Punk rock still alive.
(Autoprodotto) CD
LA MALTA BASTARDA: Beata ignoranza
La malta bastarda è un “collante” usato nell’edilizia. I Malta Bastarda, invece, arrivano da San Giovanni in Persiceto ed esistono dal 2002. Negli anni hanno subito, come prassi, diversi cambi di formazione, partecipato a diversi concorsi e rassegne, giungendo spesso sul podio dei vincitori, poi nel 2007 il progetto ha messo la folle e si è fermato. In questo periodo di stasi La Malta Bastarda si è avvicinata agli standard jazz, lasciandosi alle spalle il rock alternativo degli esordi dei primi demo. Nel 2011 con rinnovato entusiasmo il gruppo è tornato in pista. “Beata ignoranza” è il loro debutto ufficiale. Mi auguro che la band non se ne abbia a male se ho iniziato l’ascolto dai tre brani in cui figura Pecos alle percussioni, è stato solo un motivo di rispetto nei confronti di un musicista storico della scena bolognese. Nel disco il gruppo si diverte moltissimo tra jazz, folk, rock, lasciando l’ascoltatore con la voglia di risentire l’album dall’inizio. E questo è un buon segno. Non ho mai visto La Malta Bastarda dal vivo ma mi immagino che siano coinvolgenti e divertenti. Non mi resta che andare ad un loro concerto.
(Autoprodotto) CD
MANTO: Tutto esaurito
Solo a guardare la copertina si capisce che questo non è un album qualsiasi, che ci si trova davanti a qualcosa di assolutamente unico. All’interno, il folk blues indiavolato della backing band Cecco Signa & The Birillos fa da sfondo per i racconti in rima di Manto, che in otto tracce apre le porte del proprio mondo, la propria vita segnata dal disagio mentale, per condividerla senza cercare di spiegarla, ma riuscendoci istintivamente, senza sforzo (ndr: il disco è a sostegno dell’Associazione di utenti della salute mentale di Modena, Idee in Circolo). Ad un primo ascolto ci si ritrova un po’ disorientati di fronte a queste melodie a volte talmente personali da risultare sghembe, fuori da ogni canone, ma che subito portano l’attenzione verso le parole, i testi, le emozioni raccontate con genuina semplicità, dirette, senza giri di parole. In questo senso “Tutto esaurito” è un disco assolutamente unico, come unica è la vita che c’è dentro, in barba a chi non ci metterebbe un soldo, ai teorici musicali e ai grandi maestri.
(Idee in Circolo) CD