Home » sondascolta » 2022
Category Archives: 2022
PIGNA: Non ci sto
Pigna è una “vecchia” conoscenza della scena musicale di Modena. In attività dalla fine degli anni Novanta, si è sempre cimentato tra rock, pop e funk. I brani all’inizio erano scritti in inglese per poi passare a liriche in italiano, diventando contemporaneamente un autore per diversi giovani artisti italiani e stranieri. Dopo una pausa durata fino al 2009 ha cominciato a lavorare ad un primo album in solitaria intitolato “Globalizzamore”. Durante il lockdown, insieme a Marco Bellucci, ha deciso di riprendere in mano i pezzi scritti fino al 2016 per ridare nuova vita a queste canzoni anche grazie a fresche collaborazioni. “Non ci sto” è il risultato di questo lavoro, che affronta problematiche sociali e d’amore, racconta l’amicizia e la vita. Un disco di pop rock dagli arrangiamenti solari che sprigiona positività. Pigna sta lavorando già al terzo album. Intanto c’è “Non ci sto” da consumare ascolto dopo ascolto.
BAINMASS: Moon Phases
Nuova pubblicazione per Bainmass, nato a Ercolano dove ha iniziato a suonare il basso e poi è rimasto folgorato dall’hip hop, decidendo di acquistare un campionatore e una montagna di vinili. Ex membro della Fetish Funk e 20 Dita Crew e recentemente Beatfonics, ha preso parte a diverse raccolte di beatmakers italiani. L’album si ispira all’idea di movimento, alle fasi che cambiando producono connessioni diverse. Un lavoro che copre uno spazio temporale di due anni. Hip hop strumentale. Rap senza rime. Funk dai bassi profondi. Old school che scruta la new school e decide di rimanere al calduccio di beat sicuri e potenti. Una colonna sonora per un film dove il protagonista si muove con passo felpato per le strade di una metropoli che conosce a menadito. Pochi scalini, una porta che si apre ed una pista da ballo dove scatenarsi. Al mixer c’è Bainmass con i suoi pezzi.
DIVINAE MIRANDA: Bolo by fight
Un singolo di debutto che è un manifesto programmatico. Da Bologna una piccola “rivoluzione musicale finalizzata all’abbattimento dell’industria musicale” (lo dicono loro). Un progetto che “punta a rinnovare la scena Itpop eliminando le stantie chitarre acustiche e imbracciando la Digital Audio Workstation come nuovo strumento di lotta di classe direttamente da Via Stalingrado” (lo dicono sempre loro). Il brano inizia con queste parole: “Odio i borghesi del centro, odio la vita da accampamento. L’inquilino del piano di sotto che canta Calcutta alle quattro di notte e poi odio le tasse di soggiorno, il permesso la sera, l’affitto di giorno, il cemento bagnato”. Boom. Un pezzo nato e pensato in un sottoscala a Bologna affittato a 600 euro al mese dove il mondo è il cielo in una stanza. Musica catchy per la rivoluzione 2023. Un brano da cantare su un autobus zeppo di gente mentre l’autista frena di colpo perché è rimasto incollato su una gettata di asfalto fumante. Ma non si può scendere e il Natale non potrai trascorrerlo con i tuoi. Peccato sarà per il prossimo anno.
ANDREA CAPPI MULTIBOX: Eleven tokens
Un progetto che cavalca i generi musicali dall’improvvisazione all’electro rock. Un disco che mette in tavola jazz moderno e rock dove un aspetto non prevarica sull’altro. Il progetto vede all’opera Andrea Cappi (tastiere e composizioni, il capitano della squadra), Emiliano Vernizzi (sax tenore ed effetti), Stefano Galassi (basso elettrico) e Riccardo Cocetti (batteria). Ogni componente arriva da precedenti e contemporanee esperienze artistiche che spaziano dai Molith Grows alle collaborazioni con Mario Biondi, Negramaro e Ligabue, fino alle docenze ai Conservatori di Parma e Cesena. Tornando al disco, che propone una scaletta di sei brani, c’è un tocco di velluto a coste che avvolge l’ascoltatore. Scatole musicali che chiudono o si aprono l’una sull’altra. L’album è stato concepito in pieno lockdown (primavera 2020) e sembra voler essere un cancello che si apre verso la fuga. Composizioni che scalpitano per respirare aria fresca, che vogliono sdraiarsi su un prato verde e osservare il cielo azzurro.
PANDOREA: Il velo di Maya
Le Pandorea sono una band rock di Modena che gioca con il pop, l’alt-rock e il metal in ugual misura. Testi in italiano per non dare adito a nessuna strana interpretazione ma anche in inglese. In questo singolo, hanno debuttato con l’ep “XX”, le musiciste prendono il pensiero filosofico di Schopenhauer, l’illusione che impedisce al genere umano di fare esperienza dalla realtà che lo circonda. Uno strato di menzogne che annebbia la mente. La band, però, cerca di lanciare un grido d’allarme: bisogna aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà, anche se non è come pensiamo che sia. Il brano ricorda il lavoro di gruppi come Evanescence, o Paramore e rotola che è un piacere. Un perfetto compromesso tra rock arcigno e pop. Complimenti, adesso dovete “solo” suonare dappertutto, macinare chilometri su chilometri e costruire una fan base agguerrita.
ATOMI: Little Floating Oracles
Atomi (fate attenzione a dove mettete l’accento) è arrivato al suo primo album. Sette tracce di dark ambient, musica contemporanea, elettronica e sperimentazione. Un viaggio nella nascita di una nuova vita. Scritta così sembra la paranoia del recensore di turno, invece, Atomi ha cercato di tradurre in musica la crescita di un feto, definito come incarnazione fisica dell’essenza cosmica che incarna la conoscenza infinita di un oracolo. Dopo un brano che funge quasi da introduzione, l’ascoltatore viene preso per mano e condotto dentro la canzone più lunga del disco, Laniakea, 15 minuti di sonorità rarefatte, che danno l’idea della trasformazione di una vita. Musica che potrebbe accompagnare le immagini di un film di fantascienza che inquadra solo ed esclusivamente una nave spaziale in rotta verso l’infinito. Il viaggio continua fino ad arrivare ai vocalizzi di Giulia Bernardi, il feto è diventato un essere pensante. Atomi, emiliano-romagnolo ormai di base a Berlino, ha iniziato la sua peregrinazione. È l’astronauta di “2001 Odissea nello spazio”, è Hal 9000, è il monolite. È silicio allo stato puro.
YESTERDAY WILL BE GREAT: The weather is fantastic
Un disco strumentale ed è meglio chiarirlo subito per evitare fraintendimenti di sorta. Sei brani supervisionati da Nicola Manzan che ha suggerito al trio di Ravenna di suonare in presa diretta, lasciando eventuali “sporchi”, che diventano così anche una cifra stilista. Ne è venuto fuori un disco dove la mancanza delle parole non si avverte, sostituite da sciabolate della chitarra, o dalla caduta di massi sottoforma di basso e batteria. Un album in cui è bello immergersi con la voglia di andare sempre più a fondo e vedere dove possiamo arrivare. Un disco di post-rock che deve qualcosa ai Mogwai o ai Sigur Ros, tanto per citare un paio di riferimenti ma che ampia l’orizzonte con psichedelia, alt-rock e ambient. Un album che risulta immediato nella sua non immediatezza, un disco che gratta la superficie e scopre che sotto c’è qualcosa. Una sorpresa. Un qualche cosa da scoprire. Bello brutto che sia, sarà comunque una novità da guardare con curiosità. Uniche voci nel brano Overblues, ma sono un tappeto sonoro, un quarto elemento sonoro alla pari degli strumenti.
TIZIO BONONCINI: Uomo macho
Con Tizio Bononcini c’è sempre un problema di fondo. I suoi pezzi vanno ascoltati pesando ogni parola del testo o si possono sentire canticchiandole senza fare troppo caso a quello che stiamo dicendo. Sì, perché Tizio ama scrivere canzoni anche su tematiche un filo scomode per il pop. In questo singolo s’infila negli stereotipi dell’uomo che non deve chiedere mai, che non deve mostrare i suoi sentimenti, quello tutto d’un pezzo che poi si scopre che vorrebbe indossare una gonna di pizzo. Il brano è accompagnato da un video che non ha nulla da invidiare alle produzioni milionarie di artisti di successo. Ecco, adesso lo possiamo dire, Tizio merita il successo. Merita che il pop faccia suoi i testi del cantautore bolognese, li trasmetta in radio, li passi in televisione. Poi il problema di come ascoltarlo ci penseremo a risolverlo in seconda battuta.
LA CONVALESCENZA: Ce lo avevano detto
La Convalescenza torna con un nuovo singolo, Ce lo avevano detto, una grido di difesa o di attacco, dipende dai punti di vista. Un pezzo che canta di dubbi, paure e certezze (poche a dire il vero). “Ce lo avevano detto che ci sarebbe servito un lavoro. Ce lo avevano detto che avremmo dovuto mettere su famiglia. Ce lo avevano detto che avremmo dovuto costruire qualcosa”, dice La Convalescenza che continua: “È un brano dedicato a tutti noi, che abbiamo avuto bisogno della più dolorosa e sanguinosa delle cadute, “di abbracciare l’asfalto”, prima di poterci rialzare in piedi per davvero, senza peso addosso”. Un alternative rock per chi ha superato la trentina e vive in quella bolla che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. E se scoppia cosa succederà? Ve lo avevano detto ma forse è meglio non credere sempre a tutto ciò che ci viene raccontato. Da ascoltare a volume altissimo con le finestre aperte mentre si canta a squarciagola.
PAOLO KARIM: Tango Mediterraneo
Ci sono dischi che servono per caricarti, altri per rilassarti, altri ancora per farti cullare. “Tango Mediterraneo” è un album che ti culla con amore, quell’amore che Paolo Karim deve aver utilizzato nei tre anni di lavoro per scrivere i nove pezzi contenuti nel disco. Karim è un cantautore italo-marocchino che in questo album, prima si faceva chiamare Ludwig Karim, racconta le sue origini e le abbraccia con il sorriso sulle labbra. Un disco che parla di un mondo multilingue, tra sonorità mediterranee, andaluse, arabe e berbere. Un album che anche quando accenna un ritmo più sostenuto lo fa con delicatezza. Paolo nel 2009 arrivò alla sfida canora con Marco Mengoni, durante la sua partecipazione ad X Factor, negli anni ha aperto i concerti di Roberto Vecchioni, Banco del Mutuo Soccorso o Ghemon. Paolo Karim ha un cuore grandissimo che trasmette nelle sue canzoni. Ci sono dischi che ti cullano. Da ascoltare possibilmente di sera.