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Le Parole dei Valutatori: Marcello Balestra
Iniziamo parlando della tua storia personale: come hai iniziato a lavorare nella discografia?
“Conobbi Lucio Dalla nell’80 alle Isole Tremiti e successivamente incominciai ad andare in studio di registrazione a Bologna per curiosare durante la registrazione di album di artisti dell’area bolognese: Dalla, Stadio, Carboni ed altri. Nel frattempo facevo parte di una piccola band nella quale suonavo, cantavo e scrivevo canzoni. Dall’87 iniziai a lavorare in tour come road manager e così via fino all’89, e concluso il tour Dalla-Morandi ho iniziato ad occuparmi della discografia di Dalla e della Pressing. Ho vissuto in prima persona le trasformazioni del settore musicale, avendo passato gli ultimi 14 anni a Milano, in Warner, con incarichi di direzione artistica e produttiva. Ho visto venir meno il ruolo primario e storico del supporto come tale e il ruolo della musica come potentato di chi la produceva, passato quasi gratuitamente e ingenuamente prima a radio e tv e poi alla rete, quindi ho sempre lavorato su progetti che potessero sopravvivere al decadimento del settore e del supporto, cercando di privilegiare la qualità e l’importanza di canzoni e artisti, il lancio di personaggi con canzoni e talento, anche producendo o pubblicando artisti apparentemente fuori dal mercato istituzionale”.
Quale ruolo hanno, o dovrebbero avere, secondo te le major discografiche nel panorama italiano e internazionale?
“Se una volta aiutavano gli artisti a crescere, ora sembra più una cassa di risonanza per chi ha già successo, o per prodotti che arrivano da altri contesti. Le major raccolgono sempre più il successo di fenomeni artistici più o meno già visibili, provenienti dai talent o da altre vetrine, ma non potrebbe fare diversamente: hanno lentamente abbandonato la ricerca e la produzione interna, cancellando di fatto il ruolo di direzione artistica, di persone in grado di riconoscere il talento prima che si esprimesse da solo attraverso altri canali. Rinunciando alle persone che in realtà ‘facevano’ l’azienda con il proprio istinto e carisma produttivo, hanno dovuto ripiegare sull’attività di acquisizione di progetti già in parte portati avanti da produzioni televisive. Il ruolo delle major dovrebbe invece essere quello di creare spazi, canali reali e propri di promozione della nuova musica locale e internazionale, o almeno dovrebbero coltivare alcuni ‘ceppi creativi’, come ce ne sono in Italia e all’Estero: ad esempio XL Recordings è uno di questi, che con artisti come Adele ha dimostrato quanto sia fondamentale per le major ancora oggi individuarne di simili, per avere almeno un rapporto con la creatività vincente da finanziare”.
C’è stato un momento in cui i Talent Show sembravano l’unico appiglio di salvezza per le major discografiche. E’ ancora così, o la situazione è ulteriormente cambiata?
“I talent sono il serbatoio e il palco dei personaggi di ricambio. La discografia inizialmente li ha supportati, approfittando del possibile vantaggio economico dato dalla vendita immediata di prodotti di questi nuovi artisti. Poi è divenuta vittima dei contenitori e dei talent stessi. Tutti questi nomi nuovi infatti hanno creato un pubblico che li segue, partecipa attivamente sui social e li vota, ma che, salvo eccezioni, non compra e lascia che l’artista rimanga sospeso, senza un ruolo che non sia quello di partecipante ad un talent. Questo perché i talent sono solo apparentemente musicali, ma nascono e vivono per essere programmi televisivi: portano avanti il consenso di fan che rimangono legati al programma e ai giudici, ma non agli artisti, non c’è interesse per i giovani appena messi in evidenza, non c’è una struttura che li segua in futuro. Ecco perché chi esce da un talent è costretto a mostrare ancora più talento dei giovani che escono da altri canali, altrimenti è destinato a sparire. Con il risultato che la musica è sempre più appannaggio di chi esiste da prima, o di chi fa capire con talento al pubblico quanto sia vitale il proprio bisogno di comunicare attraverso la musica”.
Quindi, si può sperare almeno nel web come canale per far emergere nuovi artisti?
“A mio parere la Rete ha sempre fatto finta di creare dei fenomeni di successo, ha piuttosto dato spazio per esprimersi ad alcuni personaggi dalla personalità non comune. La musica comunque non può nascere da Internet, o almeno non ancora, perché la Rete con la sua democraticità non ha la capacità e il potere di creare coesione, ma al contrario genera assoluta ed enorme distrazione. Il ruolo di comunicatore di successi è ancora delle radio ufficiali e più seguite sul territorio: la rete crea milioni di web-radio, di playlist, ma non un sistema autoritario o autorevole per far si che nascano successi da essa, perché questa libertà di scelta crea più che altro frammentazione e non uniformità di attenzione su una nuova proposta, salvo che già se ne parli altrove”.
Quale consiglio ti sentiresti quindi di dare ad un musicista emergente che vuole arrivare a pubblicare un album, con un’etichetta indipendente o con una major discografica?
“La major o l’indipendente non deve essere l’obiettivo fondamentale di chi scrive musica, ma di chi ha qualcosa da dire. Servono album di canzoni che racchiudano una ragione anomala, comprensibile e gustosa, perché possano essere lavorate anche da una major. Per essere anomali, gustosi e comprensibili serve un repertorio di che abbia tale stoffa e un comunicatore coerente, altrimenti difficilmente una major o il mercato si dimostreranno interessati”.
Autore e compositore, laureato in legge con una tesi sul Diritto d’autore. L’inizio della sua carriera nell’industria musicale è legato a Lucio Dalla: Balestra è stato tour manager del cantautore bolognese nel periodo ‘86-’88 poi nel tour mondiale Dalla-Morandi ‘88-’89. Nello stesso anno diventa responsabile editoriale, artistico e legale dell’etichetta Pressing, sempre con Dalla, e delle Edizioni Assist. Fino al 2000 è docente universitario in Diritto d’autore e Discografia ESE, poi inizia a collaborare con la casa discografica CGD. Dal 2004 al 2013 è in Warner Music Italia.