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Il Club dei Vedovi Neri: D’amore non si muore
Nuova produzione discografica per il quartetto de Il Club Dei Vedovi Neri, che già dal nome, un omaggio a una raccolta di Isaac Asimov, connotano una certa propensione per una musica scura ed elegante. “D’amore non si muore”, affermazione assolutamente vera, ma per amore si può stare decisamente male, è un album pieno zeppo di sonorità stilose, tra folk, rock, ballate e musica d’autore, dove si può incontrare la rabbia, l’intensità delle parole ma anche della musica, la passione, la malinconia e le mille sfaccettature dell’esistenza umana. Il Club Dei Vedovi Neri non mette fuori posto nemmeno una nota musicale e nemmeno una parola, segno evidente del lavoro certosino fatto in questa produzione discografica. Adatti per curare anime ferite, amori infranti e coltivare la speranza, “D’amore non si muore” è un album da ascoltare pensando alla frase di Asimov riportata in copertina: “La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione che crea problemi”. Un album ricco di emozioni. Un album pacato. Un album da coccolare.
(Autoprodotto) CD
Matteo Cincopan: Passati futuri
Matteo Cincopan, da Bologna, era nei Poets, band di pop anni 60, per poi fondare i Guidos, comporre musica per cinema e spettacoli teatrali e ritrovarsi anche con nome e cognome nelle vesti di cantautore. In tre anni ha pubblicato tre album, tutti legati da un comune filo conduttore, visioni diverse del mondo di Matteo, tra fantascienza, progressive rock , pop, ritornelli melodici, visioni ipnotiche e sperimentazione. Matteo si muove leggiadro tra i suoni di “Agosto”, filtra la sua voce, mentre le sue parole si modellano su storie dedicate al tempo, quel tempo che passa inesorabile, quel tempo che ti ricorda che l’oggi non come l’ieri, non sarà come il domani. “Passati futuri” è un disco di pop stralunato, di leggere brezze sonore, di una delicatezza palpabile fin dal primo ascolto. Matteo Cincopan è un cantautore fuori dagli schemi, qui non c’è l’annoso problema dei sentimenti d’amore, tanto caro a tutti gli artisti sofferenti, qui c’è altro, qui c’è l’incontro tra il sogno e la realtà, tra una carezza e uno schiaffo. Matteo Cincopan ha scritto una trilogia, non è da tutti.
(Autoprodotto) CD-R
Cadori: Cadori
Cadori è Giacomo Giunchedi ed ha voluto dare un corpo a un progetto cantautorale ridotto ai minimi termini (in fatto di
suoni), dove la voce di Cadori fluttua leggera. Parole, un poco di elettronica, un violino, una batteria minimale, una chitarra dolorante, una vena malinconica tipica di ogni cantautore che si rispetti, il tutto condito però con una capacità di entrare nelle storie in punta di piedi per poi farsele proprie e guidarle alla meta. Cadori è uno specchio lo-fi dove la nostra immagine riflette un’aurea new wave e gli occhi sprigionano un pop raffinato lontano anni luce dalla becera musica d’intrattenimento per menti appiattite dalle troppe radiazioni cui sono sottoposte. “La brutta musica”, brano che mi ha ricordato i Bluvertigo e “Fuori cadono i fulmini” tra i pezzi da ascoltare a ripetizione, insieme al resto dell’album. M’immagino Cadori a Campovolo, davanti a qualche decina di migliaia di spettatori a bocca aperta, che non capiscono cosa sta succedendo sul palco, mentre lui canta: “Se ti vedo a terra, ti risolleverai” e sorride soddisfatto. Ma i testi, si possono trovare da qualche parte?
(Autoprodotto) CD
Massimo Boeri: Massimo Boeri
Non è certo un ragazzo di primo pelo Massimo Boeri, piacentino classe 1962. Si sente dalla voce, si sente dai testi, e quelle che sono le sue influenze come cantautore. Perché sì, Massimo è un cantautore nel senso più stretto del termine, di quella scuola che ormai in Italia si è quasi estinta, quella in grado di creare, soprattutto, canzoni. A dire il vero nei sei brani di questo EP, frutto di un percorso iniziato nel 2009 assieme al bassista e compositore Lorenzo Poli, c’è molto lo zampino di quest’ultimo: arrangiamenti estremamente vari, ben curati, che danno un tocco di classe ai brani ma che non funzionerebbero se questi non fossero scritti proprio in quel modo. Insomma una cosa tira l’altra, è vero, ma la convinzione è che queste sei canzoni funzionerebbero anche solo voce e chitarra. Chiariamo: non siamo davanti a un capolavoro, ci sono momenti alti e bassi, ma questo esordio omonimo è un buon punto di partenza, soprattutto se la strada seguita sarà quella di brani come “Non puoi dirmi di no”, in bilico tra un Pino Daniele e uno Jannacci.
(Remajo) CD
Bitterness: Genetic surgery department
Quando arrivi a trent’anni, puoi decider di fare diverse cose, che non hai mai fatto prima. Tra queste c’è anche quella d’incidere un album ed è proprio quello che hanno deciso tre modenesi che si fanno chiamare Bitterness. Il loro album d’esordio, intitolato “Genetic surgery department”, è un viaggio in undici tracce cantante in inglese che spaziano da un rock “arcigno” a momenti più delicati, con assoli di chitarra, voce pastosa e una sezione ritmica sempre sul pezzo. I Bitterness si sono tolti lo sfizio di pubblicare un album che scandaglia il presente (quindi con un elevato tasso di tecnologia) prendendo però spunto dal passato (che potete chiamare grunge, punk, o progressive). In “Genetic surgery department” c’è molta carne al fuoco, così tanta che può soddisfare i palati dei patiti dei generi sopracitati ma anche chi è cresciuto facendo colazione a base di new wave, dark ed elettronica. I Bitterness sono dei trentenni, una generazione già consapevole di cosa gli aspetta nel futuro, quindi consapevole di doversi “divertire” fin quando sarà possibile. Se a trenta hanno pubblicato un album a quaranta cosa succederà?
(Autoprodotto) CD
INVIVO FAIA: Un mondo che finge
Gli Invivo FAIA (l’acronimo sta per Falange Amata per l’Integrazione Armonica) sono nati a Bologna nel 2008. Infatti, non per nulla tra le loro influenze citano alcuni generi musicali (rock, pop, funk, jazz, latin, punk e reggae) ma anche i tortellini, i pasticciotti, gli arrosticini e le cozze. Il loro debutto, “Un mondo che finge”, è figlio di tutto questo, tra testi in italiano ed un calore tipico del reggae. “Bau bau baby (in Babylon)” ci piace immaginare che sia una specie di omaggio a Freak Antoni (anche se non lo è noi siamo contenti ugualmente), mentre alcune parole in dialetto (abruzzese e salentino) appaiono in “Occhio furbo”. Il dialetto è anche il trade d’union di “Tengu N’amicu” e l’album si chiude con una atmosfera lounge e una frase in inglese. Insomma gli Invivo Faia sono una Babele di idiomi, di suoni e di colori. Gli Invivo Faia potrebbero essere considerati i Pollock della musica. Giganti tele esposte nei musei (pardon discoteche) del mondo.
(Autoprodotto) CD
PALCO NUMERO CINQUE: Carta straccia
I Palco Numero Cinque arrivano dalla provincia di Bologna ed avevano esordito (discograficamente parlando) con un ep ed una manciata di canzoni. “Carta straccia” è il primo album, un deciso passo in avanti rispetto al passato, dove per passato s’intende aver gettato le basi per un futuro luminoso. La band è stata scelta anche come protagonista di un film, “Paese mio” (se non sapete cosa sia, guardate in giro) e sembra seriamente intenzionata a lasciare il segno. “Carta straccia” è un disco da ascoltare. Sì, proprio da ascoltare per capire cosa succederà alla pallina di carta, o se l’infrarosso attraverserà la realtà senza mutarla. Testi in italiano su una struttura progressive (alla vecchia) che farà la gioia di chi conosce le gesta di Sithonia, Nuova Era, Arcansiel, Ezra Winston, per citare la rinascita italiana del genere di metà anni ottanta. In “Carta straccia” c’è una grande enfasi per il cantato, per le tastiere, per la chitarra (“Il cerchio quadra”), per la sezione ritmica. Un album bello compatto che aspetta solo di essere ascoltato con attenzione. Astenersi faciloni e impasticcati.
(Irma records) CD
PAOLO G.: Blues for me
In verità non c’è molto di che sorprendersi mettendo nel lettore questo “Blues For Me” di Paolo G., al secolo Paolo Giannelli. Tra il titolo e la copertina, oltre al retro, diciamo che acquistandolo a scatola chiusa si consoce già il contenuto: blues, tanto blues, di quello primitivo e tradizionale, chitarra, ritmo in quattro quarti, pentatoniche come se piovesse. Nulla di nuovo, ma fare blues e farlo bene, scrivendo anche dei pezzi interessanti, non è che sia poi così semplice. Quindi tanto di cappello a Paolo G., anche se a trovare un neo bisogna dire che mentre i brani in cui presta la voce Rita Lucca – la opener Life Train, Naturale Dimensione – spiccano all’interno della tracklist, quelli puramente strumentali a volte finiscono per scivolare nel compendio tecnico del bluesman, senza un filo conduttore interno che non sia la classica struttura in dodici misure. Speriamo che Paolo trovi la propria voce, o al limite quella di qualcun altro!
(Autoprodotto) CD
PECORANERA: 7 minuti avanti
Il punk rock è stato il male assoluto, o il bene assoluto. Dipende dai punti di vista. Noi propendiamo per il bene assoluto, così quando ci capitano tra le mani dischi come “7 minuti avanti” siamo felici come una Pasqua. I modenesi Pecoranera (Lero, Zillo, Ramon e Mattia, ex The Burps), fanno punk rock cantato in italiano, quel punk alla Green Day, No Fx, Offspring, che ama il sole californiano, la melodia e i testi pieni di invettive (“Oggi”). Qui si viaggia a mille all’ora lanciati come un fuso verso il pensiero comune che punk significhi solo brutte cose. Qui ci si diverte e si poga. Qui è come aprire una scatoletta di tonno e trovarci dentro un pasticcio di tofu. Qualcuno potrebbe obiettare che i Pecoranera sono in ritardo sui tempi di marcia ma noi che ci divertiamo da tempo immemore ascoltando dischi punk non ci preoccupiamo di questi tuttologi. Pecoranera per trascorrere momenti spensierati. Punk rock per avere un sorriso stampato in faccia.
(Autoprodotto) CD
PHONO EMERGENCY TOOL: Get the pet
Terzo album per il trio Phono Emergency Tool, il primo finalmente su etichetta dopo anni di autoproduzione: a firmare la band di Andrea Sgarzi, Sandro Sgarzi e Marco Lama è la Red Cat Records di Firenze, che da alle stampe questo “Get The Pet”, distribuito da Audioglobe. Il sound dirompente dei tre si mette in chiaro già dalla opener Floating So Fast, e proseguendo nella tracklist si presentano chiari i riferimenti all’alternative rock tra fine secolo e inizio millennio, divisi tra le strutture schizofreniche di Beck e un sound che richiama i Pavement di Stephen Malkmus, senza dimenticare una venatura pop che si rifà all’immaginario britannico nelle sue accezioni più classiche (Beatles) e moderne (Blur). Un’ottima prova per i bolognesi, che si spera li porterà lontano, anche oltre confine, dove sicuramente potranno avere più spazio rispetto a quello riservatogli sicuramente dalla scena indie italiana.
(Red Cat Records) CD