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EMILIANO MAZZONI: Cosa ti sciupa
Emiliano Mazzoni continua la sua avventura solista e pubblica il secondo capitolo discografico, “Cosa ti sciupa”. Emiliano è una persona che vive la sua musica, la vive dentro e l’esterna fuori come un vagabondo delle sette note. Anche questo capitolo è stato prodotto da Luca Rossi (ex Ustmamò) che ha messo in risalto le parole e le musiche di Mazzoni, sempre sospeso sulla lama di un affilato coltello. Emiliano canta, anzi racconta le sue storie pubbliche e private con la consapevolezza che le sue canzoni possono cambiarti la giornata. Prima o poi “Tornerà la felicità” anche se “Non rivedrò più nessuno”, perché “Nell’aria c’era un forte odore” di “Diva” che intonava una “Canzone di bellezza”. Lo spirito di Emiliano vaga sui monti, dove abita e quando scende a valle, noi poveri cittadini della Bassa non possiamo che rimane estasiati. Fatevi rapire da questo album. Fatevi assorbire da queste canzoni e piangerete come non avete mai fatto. Bello.
(Gutenberg Music/I.R.D.) CD
MONOLITH: Louder
“Louder” è il primo ep ufficiale dei Monolith. La band figura tra i partecipanti di “Sonda volume 3” e nel corso degli anni di attività ha subito qualche cambio di line-up, sono arrivati Enrico Busi (basso, Fuximile) e Riccardo Cocetti (batteria, ex The Villains). L’ep (tre brani) è un vero e proprio monolite, se proveniente dall’isola di Pasqua (come suggerisce la copertina), o da “2001 odissea nello spazio” non lo sappiamo. Sappiamo però che i Monolith sono una macchina da guerra ben oliata e pronta a fare fuoco davanti a sé. Stoner rock tra Kyuss e Monster Magnet. Hard rock tra Deep Purple e Led Zeppelin. Grunge tra Nirvana e Soundgarden. Ultimamente hanno suonato prima dei The Ghost Inside, riuscendo ad intimorire anche un pubblico prettamente hardcore. “The scarred”, “If?” e “Smelly desert” sono le tre bordate presenti nell’ep che ricordano anche i Queens Of The Stone Age e questo è un pregio non un difetto. Intimidatori.
(Autoprodotto) CD EP
MOORDER: II
I Moorder sono arrivati al secondo capitolo sulla lunga distanza. Se già il primo disco ci aveva piacevolmente sorpresi, questo nuovo album è ancora di più, rispetto al suo predecessore, uno spettacolo circense dove funanboli si alternano a domatori, dove clown martellano le caviglie di uomini forzuti e dove contorsionisti vengono calpestati da elefanti. Qui c’è Zappa che guarda i King Crimson che stanno mangiando della malva insieme ai Primus, mentre Burt Bacharach guarda meravigliato John Zorn che si mette le dita nel naso. Qui c’è “Dico in ferro” ma anche “Jesus zombies crew” e “Abcd”. Qui c’è il rock al servizio del jazz. Qui c’è il jazz al servizio del rock. Qui ci sono suoni che non ti aspetti, ci sono gli anni ‘70 e la sperimentazione. Qui c’è un disco internazionale che non sfigurerebbe in nessuna discografia di altolocati musicisti stranieri. Qui c’è una chitarra, un basso, una batteria, un trombone e una tuba. Qui ci sono i Moorder. Venghino siore e siori, i bambini non pagano, lo spettacolo sta per iniziare.
(Lizard/Eclectic Polpo Records) CD
LE MURA DI MOS: Come sempre non sai più
Da Carpi alla conquista dell’alternative rock. Deve essere questa la missione de Le Mura Di Mos ascoltando il loro album “Come sempre non sai più”. In attività dall’inizio del 2013, la band è giunta terza alla ventesima edizione del “Premio Augusto Daolio”, un ottimo piazzamento dopo appena un anno di attività. Dal vivo si sono esibiti anche il 29 settembre 2014 in Piazza Grande, in cartellone c’erano, tra i tanti, Roberto Vecchioni, Rats, e Paolo Benvegnù. “Come sempre non sai più”, nei brani che lo compongono, risulta essere un disco velato da una tristezza di fondo. Chiedersi che fine abbia fatto “Tereza” o cosa sia successo a “Mogadiscio” è del tutto naturale dopo l’ascolto dei rispettivi brani, come è assolutamente consigliato sentire “Il primo giorno di primavera”. Chitarre delicate, cantato a volte sofferente per via delle vicissitudini della vita, sono le linee guida del gruppo. Poi tutto d’un tratto Le Mura Di Mos ingranano la quinta e sfornano “Tungsteno” scuotendoci come fili d’erba al vento.
(Autoprodotto) CD
NERS: Silence brings life
I Ners esistono dall’alba del nuovo millennio. Provengono da Reggio Emilia ed hanno nel cuore delle canzoni che sembrano un inno all’amore e alla vita. Già autori di alcune prove discografiche, giungono oggi, a qualche anno di distanza dal precedente lavoro, al nuovo album, “Silence brings life”. Non fatevi ingannare dalla foto in copertina che promette un bombardamento sulla vostra testa che può annientarvi, perché i Ners sono ancora (fortunatamente) ancorati a melodie zuccherine che ti entrano in circolo fin dal primo ascolto. Liriche in inglese (non può essere altrimenti), giri di chitarra da rifare nella propria cameretta e una attitudine che ricorda il pop rock d’alta classifica. “Little boy”, a metà del disco, scuote le fondamenta del progetto Ners ma è un guizzo di pochi minuti, perché già con il successivo “Night vibes”, i ragazzi si riappropriano di ballate per occhi innamorati. Un pianoforte diffonde le sue malinconiche note, una voce intona una struggente melodia, le lacrime cominciano a solcare il viso. Si aprono i fazzoletti. I Ners cantano la libertà. La loro libertà. La nostra libertà.
(Autoprodotto) CD
NEW COLOUR: New colour
Chiunque creda che la soul music sia morta, non ha ancora sentito i New Colour. Quindi abbassate le luci, sbottonate la camicia e soffiate via la polvere dalla catenina d’oro, e mettete su questo disco (meglio se in compagnia… sapete cosa intendo). Questi otto bolognesi hanno infatti studiato bene la lezione dei grandi del passato, e conoscono a menadito gli stilemi del genere, tanto da riuscire a fondere in maniera originale il sound tipico delle più classiche produzioni Motown con le atmosfere morbide della tradizione northern soul: il risultato è un impasto gradevole e perfettamente funzionante, in cui un’ottima base musicale fa da sfondo agli intrecci delle tre voci femminili, per sei brani che scorrono piacevolmente nello stereo senza far mai scivolare il dito sul tasto skip. Una band imperdibile per gli amanti del genere, o per chi sta cercando l’atmosfera giusta per un salto nel passato.
(Autoprodotto) CD
THE CHICKEN QUEENS: Up from the grave
“I Chicken Queens sono in due e di un basso non se ne fanno niente”: con questa breve e alquanto insolita descrizione si presenta questo power duo di Modena. A Matteo Capirossi e Luca Sernesi bastano infatti solo chitarra e batteria per scatenare il loro garage blues, che evidentemente si può fare tranquillamente in due, come hanno dimostrato bene i nostrani Bud Spencer Blues Explosion o ancora meglio i The Black Keys. Suoni ruvidi e primitivi, brani energici, ipnotici, dalle strutture ben equilibrate, un amore smisurato per il blues del Delta che si mischia con echi del più moderno indie. L’unico limite che si può trovare a questo “Up From The Grave” è che non riesce a catturare completamente l’energia della band dal vivo: l’assenza della componente improvvisata, impossibile da fermare su disco, l’eccessiva “pulizia” della registrazione, danno quasi l’impressione che i due abbiano il freno a mano tirato… E non per arrivare in derapata dritti sul palco.
(Autoprodotto) CD
DELOSER: Viva la vita
Dalla fine del 2008 i Deloser macinano rock cantato in italiano. Debutto live alla Tenda di Modena, finalisti del concorso “Rock Targato Italia” (2011), primi classificati al “Cavezzo Rock Festival” e secondi all’Augusto Daolio (2010), i Deloser hanno pubblicato un primo cd autoprodotto nel 2012, intitolato “Destinazione libertà” ed oggi danno un seguito a quel disco con un cd ep con 5 tracce, “Viva la vita”. Nei brani presenti ci si tuffa in un rock ad ampio respiro con la possibilità di canticchiare insieme a loro subito dopo il primo ascolto. Divertimento e sano rock’n’roll per i quattro musicisti e per chi cerca dalla musica un momento di svago e divertimento senza finire nel più becero pop da pseudo classifica. Chitarroni e un cantato assai fluido sono le caratteristiche di “Viva la vita”, “Solo falsità”, “Come si fa”, “Noi non cambieremo” e “La ballata di Felix”. Echi di pop punk, rock e una ballata che non può mai mancare. Ascoltate i Deloser se siete giù di corda. Ritroverete la voglia di “vivere”.
(Autoprodotto) CD EP
DIVANOFOBIA: I fantasmi baciali
I Divanofobia (da Bologna) arrivano al primo album ufficiale. Un disco che spazia tra i meandri del rock, dai Radiohead ai Verdena perché se d’improvviso dal mondo sparisse il caffè come potremmo continuare a vivere? Le soluzioni a questo dilemma possono essere infinite possibilità che partono da un punto centrale: “C’è l’acqua rappresa nei tessuti a strascico”. Questa affermazione ci porta ad una semplice domanda: “Ciao, come stai?”, perché probabilmente non hai più niente senza di lui, considerando che per essere il tuo capitano, confondermi per guidarti bisogna anche non farti corrompere dai tuoi genitori. Però vi scongiuriamo non sfilacciatevi ora terminazioni nervose, anche se vedo ma soprattutto ti sento in lontananza. I Divanofobia, capitanati da Andrea Lorenzoni sono i carbonari della musica cantautorale, sono i paladini della poesia nelle sette note, sono i sostenitori delle intime disgrazie, sono gli amici che vorresti al tuo fianco quando non vedi via d’uscita.
(Autoprodotto/A Buzz Supreme/Audioglobe)
FAKIR THONGS: Habanero
Un gradito ritorno quello dei Fakir Thongs, quartetto modenese dedito allo stoner rock in salsa anni ’90 sporcato di atmosfere psichedeliche, che finalmente dà alle stampe il primo album – registrato con la supervisione di Enrico Prozac, storico fonico dello Studio Decibel di Sozzigalli – dopo la buona prova dell’EP d’esordio datato 2013. Dieci brani con cui la band riconferma la propria caratura artistica, con suoni compatti e brani quasi ipnotici, in costante equilibrio tra la melodicità del cantato e l’irruenza dei riff e delle ritmiche serrate, senza disdegnare qualche fuga elettronica come nel brano “Pledge”. Interessanti le strutture, che spesso all’interno dello stesso brano trovano soluzioni quasi progressive, destinate a stravolgere ogni aspettativa di ascolto. I Fakir Thongs hanno ben chiaro il proprio campo di azione, lo stesso che fu dei Kyuss e che ora è dei Queens Of The Stone Age, ne conoscono perfettamente le coordinate e non tradiranno la fiducia degli amanti del genere. Ascoltateli, e se vi piacciono su disco non perdete occasione di vederli dal vivo!
(Autoprodotto) Digitale