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Tag Archives: recensione

THE SCRAP: U.S.E. – United States of Egos

Dei The Scrap non si sa molto e indagare su di loro è come addentrarsi nei meandri più oscuri del deep web. Ogni indizio porta ad un altro, misterioso, dedalo di immagini vagamente conturbanti ed equivoche. La band inizia a postare nel 2016 , su Instagram, foto di autodemolitori, cimiteri di veicoli deformi, piramidi di carcasse metalliche. Poi la luce, la foto di un Kaoss Pad e di una DAW, si produce qualcosa dunque? Non proprio. Si seguita invece con foto di edifici abbandonati, panorami urbani in decadimento, che nel loro degrado si riappropriano del territorio, rendendolo inabitabile all’uomo. E infine la band compare in un’istantanea, i The Scrap emergono dalle ceneri di un mondo che ha plasmato le proprie creature per poi distruggerle ed abbandonarle. Il loro è un synthwave acido, senza perdono, forgiato nel metallo arrugginito, con incursioni noise e industrial, field recording e voci filtrate dal vocoder. I The Scrap sono robot, come i Kraftwerk, ma si sono ribellati all’essere umano e ascoltarli è come offrire dell’ecstasy a Brian Eno e David Byrne. Un bel viaggio.

(Autoprodotto) Digitale

THE ROYALTY INSTRUMENTALITY PROJECT: Impression A.I.

Già nel 2019 il poliedrico musicista Giack Bazz con il suo album “Haikufy”, disco di 30 tracce da 35 secondi, lanciava la sfida dell’erosione delle piattaforme di streaming partendo dall’interno. Il 2020 oltre aver portato un pandemia globale ha generato un ordigno dal nome “Impression A.I.” che rischia di far saltare in aria Spotify, Apple music, Tidal e tutte le varie piattaforme musicali con le sue 366 canzoni per un totale di 6 ore e 19 minuti. Dietro tutto questo non c’è solo la figura di Giack Bazz (al secolo Federico Giacobazzi) ma è una coesione di più menti sparse per il mondo: Sebastian Papa da Modena alla batteria e drum machine, Luca Pusceddu da Glasgow al basso e Deborah Verrascina da Londra che ha tenuto le fila di tutto il progetto con una maxi produzione discografica. Un’odissea musicale che spazia dal rock, al pop, dal folk al rap, dalla musica classica all’elettronica e chi più ne ha più ne metta.

(Autoprodotto) Digitale

PRIM: Before you leave

Prim (Irene Pignatti) è una giovanissima cantautrice modenese. “Before you leave” è il suo debutto discografico sottoforma di cinque brani che ti fanno ben sperare in un futuro splendente (in questo momento ci vuole proprio). Pop rock che è un salvagente in un mare in tempesta. Canzoni che ti lasciano appiccicato addosso un senso di benessere psicofisico. Voce delicata, musica mai invadente ed un talento non comune. Prim dall’alto della sua giovane età ha tutte le carte in regola per percorrere una lunga e luminosa carriera. Pensate a Lana Del Rey, o ai Beach House, mescolateli insieme per ottenere una nuova ricetta che si chiama Prim. Un debutto perfetto in ogni suo aspetto dai girasoli in copertina alle canzoni, passando per le sensazioni che questo ep ti regala ascolto dopo ascolto. Finalmente una giovane che gioca ad armi pari con gli artisti internazionali. Se Prim guardasse da una finestra su un panorama americano o inglese saremmo qui a tessere lodi sperticate, però a noi non interessa quale panorama vede Prim perché le lodi sono comunque sperticate.

(We Were Never Being Boring) CDEP

PARTICLES: Judas Kisses

La vendetta è un piatto da servire freddo, possibilmente con un contorno di breakdown metalcore, una sezione elettronica adrenalinica e bassi che arrivano dritti alla pancia. Come una moderna Beatrix Kiddo, la frontwoman dei Particles mette in guardia il proprio Bill, preannunciando il regolamento di conti. “Judas Kisses” è il nuovo singolo del quintetto modenese e anticipa il debutto sulla lunga distanza. Una filastrocca degna del miglior killer toy horror fa da preludio a atmosfere irruente e coinvolgenti: il sound della band evolve e, sebbene non perda la matrice alternative rock, si arricchisce di tinte metal e synth-pop. Uno dei punti di forza del brano è sicuramente la voce di Silvia Costanzini, capace di passare dallo scream al cantato più melodico, senza perdere credibilità e tenendo l’ascoltatore incollato alle cuffie. La cursed lullaby ripetuta più volte all’interno del brano e il ritornello catchy accompagneranno infatti anche i più scettici all’interno di un mondo fatto di tradimenti e riscatti. Attendiamo dunque il primo disco, con l’auspicio che sia ancora più arrabbiato e accattivante.

(Wavemotion Recordings) Digitale

P.O.E.: Of Humanity And Other Odd Things

Sei al Luna Park di quartiere con la tua dolce metà. Tutto va per il meglio, c’è intesa e leggerezza nell’aria. Prendete le mele caramellate (che fanno schifo ma sono belle da vedere) e vinci per lei un orsetto di peluche formato gigante. Lei ha un’idea: fare il giro nella casa infestata. Sarà l’occasione per stringersi un po’ di più. Però da subito l’atomsfera si fa pesante, il bigliettaio ha una profonda cicatrice sul volto e qualcosa ti dice che non sia trucco di scena. Poi sali sulla giostra e si abbassano le sbarre, troppo strette, inizia a salire un senso di claustrofobia. Il trenino parte, ti aspetti i soliti fantocci e ambientazioni da quattro soldi, ma le pareti iniziano a colare sangue e scorgi in lontananza una figura deforme con un machete estremamente realistico in mano. É qui che inizia a suonare la musica dei P.o.E. , per la precisione “Of Humanity And Other Odd Things”, ultima fatica uscita per Sheratan Records. Un metal solenne, a tratti sinfonico e gotico, a tratti heavy, con riff da headbanging e atmosfere lugubri. I testi sono ispirati ai racconti di E.A. Poe e indagano gli angoli più oscuri e macabri dell’animo umano, un po’ per esorcizzarli, un po’ per terrorizzarvi. Allora, siete pronti a salire su questa giostra infernale?

(Sheratan Records) Digitale

OVERTHOUGHT: Overthought

Gli Overthought da Pavullo nel Frignano (a volte è bello sottolineare dove nasce e si sviluppa un progetto artistico) sono giunti al traguardo del primo album. Un disco che potrebbe arrivare da qualsiasi parte degli Stati Uniti o dai verdi pascoli britannici ed invece è nato e si è sviluppato in provincia di Modena. Una musica senza confini e senza barriere quella degli Overthought. Un folk rock che ha fatto suo le lezioni dei grandi del genere, mescolandolo con la contemporaneità dell’indie pop. Sì, perché questo può essere anche il pop del 2020, non giocato sul ritornello martellante ma sulle melodie, sulle chitarre che disegnano delicati affreschi sonori. Il bello di questo album è che arrivati alla fine dell’ascolto si sente la necessità di doverlo riascoltare. Si potrebbero citare alcuni titoli come “Lighthouse”, “King of my own”, “Fly over the sun”, “Sphere”, o “Little town’s lights” ma sarebbe un torto alle altre canzoni. Un torto che non meritano. Gli Overthought arrivano da Pavullo nel Frignano ma sono cittadini del mondo. Un mondo in musica che nelle ballad trova il suo respiro.

(All Right Riserva Recordz) LP/CD

OGNIBENE: Il varietà sulla natura umana, Vol.1

Ognibene è un fuoriclasse nel gioco del pop, ne è la prova una militanza di undici anni nella band modenese Remida, dalla quale si stacca per intraprendere la carriera solista. E nel distacco si perde qualcosa e si acquista altro, come uno scatto in avanti per raggiungere un obiettivo ambizioso, che se si spezza il fiato dopo un po’ non si sente la fatica, soprattutto quando si è allenati. E Davide di muscoli se ne è fatti tanti, nella scrittura in primis, così densa, umana, personale, capace di raggiungere davvero chiunque, soprattutto perché si proietta verso l’esterno, invece di accartocciarsi su sé stessa. Parte dalle storie di chi ci circonda, da uno sguardo a 360 gradi al bancone del bar di provincia, dove la vita degli altri insegna a sopportare le proprie fatiche, dove nessuno giudica nessuno e così sia. “Il varietà sulla natura umana, Vol.1” è la prima metà di un disco che uscirà, completo, nel 2021. Un assaggio che ha già riscosso un ottimo successo tra i fan e che fa presagire un buon primo esordio sulla lunga durata. Cinque brani che oscillano dalla musica leggera radiofonica, al synth pop, sino ad accenni di un rock emiliano, senza ignorare la lezione dei grandi cantautori.

(LaPop) Digitale

MORIEL: Segni opposti

Moriel è una “vecchia” conoscenza di Sonda, un suo brano è stato scelto da Alice come lato B di un singolo della collana Sonda Club ma oggi è ora di un nuovo brano estratto dall’ep di prossima pubblicazione. “Segni opposti” è una canzone pop che racconta di un ex che incontra la sua perduta anima gemella e fa finta di non vederla, per evitare di instaurare un dialogo che non ha voglia di iniziare, di incrociare il suo sguardo e forse anche di sentirla felice insieme ad altri amici/amiche. Un pezzo pop che racconta questa storia in appena un minuto e mezzo, quindi non preoccupatevi se quando arriverete alla fine vi sembrerà che tutto deve ancora succedere, perché tutto è già accaduto. Registrato in presa diretta, si sente addirittura il cinguettio di alcuni uccellini che chiacchieravano tra loro fuori dallo studio, “Segni opposti” gioca la fine di questo amore con i segni zodiacali. Infatti, se i segni opposti si attraggono a volte possono allontanarsi e prendere strade diverse. Un minuto e mezzo può bastare per evitare la tua ex, perché anche un minuto e mezzo può diventare interminabile.

(Autoprodotto) Singolo Digitale

MONOLITH GROWS: Interregnum ep

II Monolith di un tempo sono ormai diventati i Monolith Grows e con questo 45 giri testimoniano una sterzata verso sonorità più acide, in attesa di ascoltare il nuovo album previsto per il 2021. “Interregnum ep” è composto da tre tracce nella versione digitale e da un paio nella versione a 45 giri, pubblicata in una edizione limitata di 150 copie. Se gli echi di Kyuss e Soundgarden (l’inizio di “Shade and sleep” sembra uscito da “Badmotorfinger”) ci sono ancora, quello che salta all’orecchio è l’impasto sonoro dei brani, una sorta di lava incandescente che dalle casse acustiche scivola verso di noi. Il 45 giri, per via anche della sua forma fisica di vinile nero, sembra un monolite piantato nel terreno pronto a svelarci i segreti del mondo. Tre brani che scavano un profondo solco dove gettarci di testa, un suono compatto che nulla può scalfire. I Monolith Grows sono già pronti (da tempo) per conquistare il mondo devoto allo stoner, per dimostrare che anche alle nostre latitudini c’è chi prende sul serio il rock, senza bisogno di mezzucci per arrivare al pubblico. Da ascoltare unendo più impianti hi-fi per creare una bomba sonora.

(All Right Riserva Recordz) 45 giri/Digitale

NICHOLAS MERZI: Metti le scarpe al tuo cane

È arrivato al secondo disco Nicholas Merzi, cantautore carpigiano classe 1985. Il titolo è curioso, “Metti le scarpe al tuo cane”, che lo stesso autore descrive come un’esortazione a correre il rischio di vivere i propri sogni senza temere il cambiamento. L’album arriva a gennaio 2020, cinque anni dopo l’esordio “Qualche traccia” (2015), anticipato dal singolo “Marghera” di cui potete trovare il video su YouTube. Risultato di due anni di lavoro tra la sua Emilia e Londra, il nuovo disco di Nicholas Merzi contiene ben 13 tracce di puro pop di qualità, che oscillano fra brani acustici e sonorità vicine al funky e al rock, senza disdegnare una strizzata d’occhio a campionamenti ed elettronica: si va quindi da brani più introspettivi come “Flusso di coscienza Pt.1 & Pt. 2”, “Falò” o il già citato singolo a vere hit power pop come “Spangenberg (sei sicuro?)” e la title track “Metti le scarpe al tuo cane”, pronte per far tremare le gambe al Francesco Gabbani di turno. Per chi lo conosce Nicholas era già una garanzia, ma con questo nuovo album dimostra di essere arrivato alla maturità. Da ascoltare tutto d’un fiato.

(Uniquity Publishing Ltd) Digitale