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SMOKING FIELDS: Two years later

Se la pianura padana fosse il deserto californiano gli Smoking Fields sarebbero comunque a casa. La band, nata tra Modena e Nonantola nei primi anni di questo millennio, si è stabilizzata dopo alcuni cambi di formazione in un quartetto che ha le mani immerse nel catino del grunge e del desert sound, quello che aveva nei Kyuss i loro massimi esponenti. Gli Smoking Fields consapevoli delle loro origini musicali, dei loro ascolti e delle loro influenze, dopo un paio d’anni di gestazione lunga e dolorosa, hanno pubblicato questo ep con sei brani, che in circa venticinque minuti sciorina lava incandescente come piovesse. Il primo estratto, “5 minutes to ignorance”, è il manifesto programmatico del gruppo ed è accompagnato da un videoclip pieno di scazzottate sui campi di baseball americani. Tra i restanti brani da segnalare “Wasted time” e “Muscular requiem”, veri e propri assalti sonori. Se pensate che lo stoner rock sia morto e sepolto dovete ricredervi. Gli Smoking Fields stanno suonando nel deserto ed alzano un gran polverone. Proteggetevi il viso altrimenti vi mancherà il respiro.

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SILKI: Anedonia, Greg?

“Siamo una band di Riccione e facciamo musica orecchiabile”. Così si descrivono i Silki, un riassunto abbastanza puntuale della loro essenza. Siamo nelle gloriose sonorità degli anni ‘80 a cui tanto ci sta abituando l’indie/pop italiano dell’ultima decade. Un sound coerente con sé stesso, tra incursioni synth wave e techno che ricordano i Bluvertigo e Subsonica di “Discolabirinto”, calate nel panorama contemporaneo. Un disco di critica generazionale, che strizza gli occhi al cantautorato, senza velleità poetiche, condannando l’appiattimento empatico della nostra epoca, escludendone apparentemente la redenzione. “Anedonia” è infatti l’incapacità di provare piacere e il nichilismo ne è l’unico antidoto. Solo accettando l’insensatezza della vita è possibile ricominciare tutto da capo, partendo da sè stessi, evitando obbiettivi insensati e facendo semplicemente ciò che si desidera. Come cantano i Silki in “Jet Lag”, ultima traccia del disco: “a noi la musica ci ha salvati/e per questo le siamo grati”. Alla musica, infine, il compito di svegliare le coscienze e placare le paranoie della nostra società.

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PAOLO SECCHI: Alza la voce

Paolo Secchi è un cantautore modenese arrivato al suo secondo ep, “Alza la voce”, dopo un percorso come chitarrista in una punk band chiamata Layfaces. Un passato che oggi rappresenta un bagaglio artistico da mettere al servizio di brani dal sapore cantautorale che però si accodano al pop rock ad ampio respiro. Paolo racconta storie di vita quotidiana e lo fa anche con un obiettivo sociale. Infatti collabora con una onlus, Officine Buone, che lavora in diversi ospedali italiani, in Emilia-Romagna sono presenti a Reggio Emilia, che chiede ai propri iscritti di regalare il loro talento. Paolo ha accettato di esibirsi tra le corsie ospedaliere ma ha fatto anche un passo ulteriore, decidendo di devolvere in beneficenza il ricavato derivato dalla vendita del suo disco. Un plauso per questo giovane artista che armato di chitarra cerca di aiutare le persone meno fortunate. Sul versante prettamente musicale il primo pezzo, “Punkha”, può essere considerato un ponte tra il precedente lavoro e questo, mentre “Io & te”, il brano in chiusura, giocato su sonorità più elettroniche potrebbe far intuire un nuovo percorso artistico. Chi vivrà, vedrà.

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QUID: Quid

I Quid hanno confezionato un perfetto biglietto da visita. In tre brani, tutta l’essenza di una band che arriva dritta al cuore e colpisce per la sua chiarezza d’intenti e tematiche trattate. La voce è la colonna portante di un edificio dalle basi solide, l’ossatura che da sola regge il peso di un messaggio oscuro e malinconico. I riferimenti stilistici sono chiari, dal grunge anni ‘90, al pop rock di Negrita e Timoria, fonte d’ispirazione negli arrangiamenti e nelle vocalità struggenti ma orecchiabili. Andando ad analizzare la produzione scopriremo, tra linee di basso azzeccate, arpeggi in clean e powerchord ben assestati, una chitarra acustica che accompagna l’ascoltatore, che si tratti di una ballad (a tratti impreziosita da take di piano e archi) o di brani più energici. Questo a rimarcare l’intento della band di creare canzoni che possano ‘funzionare’ anche nella loro essenza, esperimento assolutamente riuscito. Le sonorità più accomodanti fanno da contrappunto ai testi del vocalist, vero punto di forza del progetto. La perdita di una persona cara, il tempo che passa inesorabile, cercare il proprio ruolo nel mondo, combattendo l’oppressione della negatività. Questi solo alcuni dei temi trattati all’interno di un piccolo ep, che tuttavia delinea in modo preciso i contorni di un progetto già maturo.

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PANDOREA: XX

Primo EP per questa formazione interamente al femminile proveniente dalla provincia di Modena,, nata nel novembre del 2015 e tenuta a battesimo nel giugno 2016 da un’altra girl-band del territorio (Roipnol Witch, da Carpi) in apertura al loro concerto al Peter Pan di Marina di Ravenna. Nelle sei tracce di questo “XX”, in cui si alternano equamente brani cantati in italiano e in inglese, c’è tutta l’anima rock’n’roll del quintetto che nelle intenzioni si vuole inserire nel solco della tradizione rock femminile di Joan Jett e Lizzy Hale, anche se nei brani più duri e dalle atmosfere metal/nu-metal viene spontaneo affiancarle a band (non di sole ragazze, ahinoi) come Evanescence e Lacuna Coil. La band, ad oggi formata da Sara Valenti (chitarra-cori), Ambra Pincelli (voce), Alice Nocetti (basso), Giulia Camellini (chitarra-cori) e Nancy Luduena (batteria) è attualmente al lavoro su un secondo album e nel portare avanti l’intensa attività live che l’ha caratterizzata fin dalla sua nascita.

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OYKU: Moontide

Il ballo tra la luna e il mare, una sfida eterna tra il prevaricare di sentimenti contrastanti. “Moontide” è un po’ questo, la descrizione di una parentesi di vita, nel modo più sincero e asciutto possibile. Oyku conosce i suoi strumenti e li usa al meglio, solo piano e voce, melodie pop e ambienti notturni. Un album dal respiro internazionale nell’intenzione musicale e nei temi. Basti pensare a “Forget You”, nel suo dualismo tra armonie spensierate e parole amare, di abbandono. Un viaggio mentale che attraversa le città visitate dalla cantautrice, un mezzo per districare lo spettro di sensazioni che accompagnano il distacco dalla persona amata. Non mancano le citazioni implicite o esplicite alla terra natia di Oyku, la Turchia, e alla sua città natale, Smirne. La traccia che spicca maggiormente è quella che dà il nome al disco, non a caso, facendo presagire orizzonti più elettronici, in cui lo strumento madre delle creazioni di Oyku potrà essere accompagnato da drum machine e synth. Per ora accontentiamoci di questo flusso di emozioni, autobiografiche, sincere. Per i fan del minimalismo.

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NOT 2 LATE: Planetary Alignment

Un curriculum di tutto rispetto per questo duo di Modena nato nel 2017: da una parte Mariano Caleffi (voce), 25 anni di concerti alle spalle, ex corista gospel e clarinettista, dal 2003 trapiantato a Londra; dall’altra Paolo Crotti (tastiere e programmazione), jazzista e collaboratore live per Jenny B, i Ridillo, i Ladri di Biciclette, Adriano Molinari (batterista di Zucchero) e i comici Paolo Cevoli, Paolo Hendel e Max Pisu. Con queste premesse non è un caso che l’incontro dei due sia risultato in questo “Planetary Aligment”, sei brani in perfetto stile jazz/r’n’b un po’ sornione nelle ballad e che ammicca alla discomusic appena il metronomo inizia a salire di frequenza. Non a caso i due citano fra le proprie influenze nomi iconici del genere come Earth Wind & Fire, Chic e Bee Gees, mentre a fare invece un parallelo in Italia, non può non venire in mente Mario Biondi. Quale strada sceglieranno quindi i Not 2 Late: guardare al mercato e coltivare la propria vena più pop, o puntare sul genere e spingere ancora di più sull’acceleratore della discomusic? Restiamo in ascolto.

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NONMIPIACEILCIRCO!: Mantra Marx

“Mantra Marx” è uno di quei dischi che ti aspetti di trovare nella parte strana dell’internet, alle due di notte, dopo decine di video di gattini e una maratona della dottoressa Pimple Popper. Prendete “Il Capitale”, dividetelo nei suoi 25 capitoli, immaginate ora 25 brani i cui testi siano basati su questi ultimi, che sintetizzino i concetti chiave tramutandoli in mantra induisti recitati da 25 voci cinesi differenti. Il tutto registrato e prodotto in Cina naturalmente, lo-fi, qualità audio WhatsApp. L’operazione non nasconde, dietro a provocatorie premesse didattiche, un evidente ermetismo consapevole, frutto di ricerche e di una premessa: “Nessuno ti prende seriamente se hai forti opinioni politiche”. La ridondanza e l’utilizzo accessorio di una musicalità spartana, inducono nell’ascoltatore uno stato d’ipnosi meditativa, spesso straniante. Dunque, se hai trovato l’operazione interessante, sai perché sei finito qui e non devi vergognartene. Diversamente i NonMiPiaceIlCirco!, progetto di Matteo Preabianca, nascono nel 2003 e hanno anche avuto altre e varie declinazioni, che ti invitiamo a esplorare.

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MOTEL SATORI: Blossom and flower

I Motel Satori sono un quartetto capitanato dalla voce di Cora Marzola che disegna paesaggi lunari con grazie ed eleganza. I Motel Satori sono il post-rock che da Ferrara vuole conquistare il mondo. Sono gli alchimisti che cercano di trasformare il metallo in oro. Sono gli esploratori che si fanno strada nella giungla più pericolosa. Sono il freddo del nord Europa che incontra i suoni slow-core dell’ensemble. I Motel Satori in queste quattro tracce si reinventano canzone dopo canzone, passaggio dopo passaggio, in una rincorsa all’ultima emozione. Citare un brano piuttosto che un altro significa fare un torto a qualcuno o qualcosa. In certi momenti ricordano le Lush più eteree, in altri gli Arab Strap più sognatori, in altri ancora i Motel Satori. Può sembrare strano ma vi consigliamo l’ascolto dall’ultima traccia, per poi risalire la corrente verso la sorgente di questo sound personale e per certi versi innovativo. Post-rock tinto di noir. Slow-core intriso di elettronica. I Motel Satori sono uno sguardo rivolto allo spazio, verso la stella più luminosa, quella che ci guiderà verso l’infinito e oltre.

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MORIEL: Emma Stone Ep

Un ep, due facce della stessa medaglia, due singoli pop prodotti a regola d’arte, memorabili e accattivanti. “Emma Stone” è il brano che dà il nome alla release, una canzone d’amore carica di tutto l’entusiasmo che caratterizza le fasi iniziali di una relazione. I piccoli gesti vissuti trattenendo il fiato, i primi progetti, l’impressione immersiva che esista solo l’altro a dare luce alle proprie giornate. È tutto perfetto e irrinunciabile. Poi cala il tramonto e inspiegabilmente, quasi senza accorgersene, il rapporto si sgretola, in un moto perpetuo e inarrestabile. “Non ci ripensi mai” è la break up song per chi si è arreso agli eventi. Una stanchezza atavica, accompagnata da una chitarra acustica indolente, traccia i passi di un cammino senza possibilità di ritorno. “Saremo solo scritte sui muri”. E allora, come una specie di caccia al tesoro, leggiamo tra le righe un messaggio di speranza. Sulla pagina Facebook dell’artista spicca un’immagine, un murales che recita: “oggi ti succederà una cosa straordinaria”. Allora non possiamo che augurare a Moriel “cose straordinarie”.

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