I LOVE DEGRADO: Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto

Toglietevi dalla testa le pagine Facebook popolate da boomer con la bava alla bocca e dal meme facile e dimenticatevi, già che ci siamo, qualsiasi riferimento al rock demenziale. É vero, i testi sono assurdi, si ok abbiamo letto anche noi il nome dell’album e i titoli dei brani, ma qualcosa non convince. Il fatto è che ILD sono semplicemente troppo bravi, non ce la fanno proprio a spacciarsi per credibili menefreghisti. Basta ascoltare una volta il disco: un decalogo di tutto ciò che è post. Crescendo à la Explosions in the Sky, chitarroni riverberati stampo Soviet Soviet, tappeti ambient spezzati da bassi marci, batterie sgangherate su arpeggi nervosi. C’è la rabbia di chi vuole entrare in sala prove e sudare sul manico dello strumento tutte le frustrazioni di un’esistenza ingiusta; c’è anche la voglia di sperimentare, di mischiare gli ascolti, poco importa se il risultato è un morphing non perfettamente inquadrabile. I Love Degrado è un blob, un impasto di creature, una Cosa spietata e nerboruta. “Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto” è il loro disco, andate ad ascoltarlo.

(Autoprodotto) Digitale

GAPPA: Passeggeri

Ogni volta che ascoltiamo un lavoro di Gappa (Gaspare Palmieri) siamo consapevoli di trovarci di fronte ad un disco profondo, suonato in modo impeccabile e con una raccolta di testi dove ogni singola parola è messa al punto giusto. Se poi ci aggiungiamo la voce di Gappa, calda, rassicurante il risultato non può essere che eccezionale. “Passeggeri” è l’ennesima riprova di questo stato di cose. Gappa passa dalla canzone d’autore al blues, dal cantautorato a venature pop e racconta. Racconta di resistenza, di vita, di stazioni che ci vedono viaggiatori, di libertà, di affetti e di futuro. Gappa ci prende per mano e ci porta negli anfratti della sua vita (“E cammina, cammina, cammina”), nella sua città (“Nei cieli di Modena”), o nelle sue scelte di campo (“Chi resiste”). Gappa ha scritto un album con testi da imparare a memoria, da ricordare in quei momenti di sconforto che ogni tanto possono far capolino nelle nostre giornate. Un album di nove canzoni che sono lo specchio dove la nostra immagine riflette emozioni, sicurezze ma soprattutto incertezze. “Passeggeri” è una valigia dentro la quale ci sono le nostre speranze, le nostre solitudini, i nostri sogni. Un disco da ascoltare preferibilmente in compagnia.

(Private Stanze/Audioglobe) CD

DANIELE FORTUNATO: Quel filo sottile

Daniele Fortunato è un cantautore di stanza in Romagna, giunto al suo nuovo lavoro discografico che va a sommarsi alle precedenti produzioni in questi anni di attività. Un cantautore che ricorda quel pop raffinato alla Concato (tanto per fare un nome), capace di raccontare la propria vita e farla diventare la vita di tanti. “Quel filo sottile” è un concept album che mette in scena il legame tra due persone grazie a sette dipinti sonori. Nel disco si incontra la leggerezza ed il tormento, il ritrovarsi dopo tanti anni con la voglia di restare, il messaggio d’amore per i propri figli. Un disco che strizza l’occhio al pop ma anche al jazz o al country, fino ad arrivare ai ritmi latini che vivono di folk. Inciso al Marzi Recording studio di Riccione, sotto la regia di Daniele Marzi, il disco vede la partecipazione di Milko Merloni al contrabbasso, Gianluca Nanni alla batteria e Massimo Semprini al sax. Un viaggio tra le pieghe di una storia d’amore che può lasciarti segni profondi e che alla fine non ti abbandona mai. Pop con una chitarra acustica sempre in primo piano a sottolineare ogni attimo di questa lunga storia.

(Believe Digital) Digitale

AKCEL FILIPPETTI: Old memories

Nato ad Ancona ma trasferitosi a Bologna, Akcel Filippetti è da sempre innamorato della chitarra. Da qualche anno si è lasciato rapire dal fingerstyle percussive guitar, iniziando un percorso come chitarrista solista. La sua prima fatica discografica è “Old memories”, un lavoro con sette tracce che mette in luce la sua passione per la sei corde e per il suo suono. Brani dall’incedere evocativo, scritti, registrati e prodotti in maniera totalmente autonoma. Un sentiero che si dipana tra tecnica ed emozione anticipato dalla pubblicazione di due singoli “Old memories” e “D.A.D.”, che nell’album figurano in scaletta al terzo e quinto posto. Se anche voi siete perdutamente innamorati della chitarra e di questo particolare mondo del fingerstyle percussive guitar “Old memories” è il vostro disco da ascoltare a ripetizione. Se, invece, non siete troppo amanti di una sei corde potrebbe essere il giusto album per farvi cambiare opinione. Un viaggio interstellare, alla scoperta di nuovi mondi. Là dove nessuno si era ancora avventurato. O perlomeno non in tanti.

(Autoprodotto) Digitale

DAVE: Fuori dalle finestre

Tornare a sorridere alla fine di una relazione, farsi forza e – appunto – aprire le finestre e cambiare aria, lasciando uscire i cattivi pensieri e gli spettri di un amore ormai passato. Questo è il leitmotiv di “Fuori dalle finestre”, primo singolo di Dave, progetto solista di Davide Calafato, cantautore classe ’92 trapiantato a Bologna dalla natia a Mazara del Vallo. Dopo anni di militanza in formazioni post-hardcore e alternative rock, il nostro ha deciso di tentare la strada del indie-pop, miscelando la propria necessità di cantautore con i beat della black music d’oltreoceano, equilibrando barre ritmate con ritornelli melodici. Tutto rigorosamente in italiano, quindi tanto di cappello. “Fuori dalle finestre” anticipa, assieme a “Livido”, quello che sarà il primo EP solista di Dave, intitolato “Glicine”. Il video del primo lo trovate su YouTube, mentre entrambi i brani sono già disponibili su Spotify, quindi la domanda è: lo state già ascoltando? E se non lo state facendo, cosa aspettate?

(Autoprodotto) Singolo Digitale

CORNER IN BLOOM: Easily

Amici da una vita, band da due anni, i Corner in Bloom si stanno prendendo, senza manierisimi di sorta, il loro meritatissimo posto nel panorama pop indipendente italiano. Ragionano come un collettivo e non si danno limiti di genere, se gli chiedi quali sono le loro band di riferimento ti risponderanno probabilmente “le band che ci piacciono”, senza approfondire ulteriormente. I brani dei Corner nascono da suggestioni cromatiche, accostamenti emozionali, mischiando gli stati d’animo sulla tavolozza. E così come la tristezza è blu, il singolo “Easily” è sulle tonalità del verde acqua, a cavallo tra l’indolenza di una domenica mattina e lo slancio estatico di un venerdì sera. Come quando, dopo una serata di bevute, sei sbronzo seduto sul marciapiedi che ti ripeti “non cambierò mai” e arriva l’amico di una vita a metterti la mano sulla spalla come a dirti “io credo in te, ce la puoi fare”. Forse è questo il punto di forza dei Corner, che suonano rassicuranti, familiari e allo stesso tempo raffinati e ricercati. Come un’ottima miscela di caffè nero, nella tua tazza preferita.

(Autoprodotto) Digitale

CAR3939: Simply Mente

Car3939 è il moniker con cui, dal 2006, in cantautore bolognese Giancarlo JC Parma diffonde la propria musica sul web e nel mondo. Iniziato come un canale YouTube di cover dedicate ai classici del rock chitarristico, nel 2017 arriva il debutto con le prime composizioni originali nel disco “Rock Places”, seguito a ruota da “Walking” (2018) e “Out of Things” (2019): ebbene si, con una media di un disco all’anno non si può dire che Car3939 non sia un autore prolifico, complice anche il fatto che fa tutto da solo, ma proprio tutto, dal mixaggio al mastering, incluso ovviamente scrivere i brani e suonare (quasi) tutti gli strumenti. E anche nel 2020 si tiene in media con questo quarto disco dal titolo bilingue “Simply Mente” – infatti contiene canzoni sia in inglese che in italiano – con 10 nuove tracce di rock chitarristico nella sua accezione più classica e che rispecchia le influenze dichiarate da Car3939, attraversando lo spettro dei grandi chitarristi da Dave Gilmour fino a Steve Vai. Il sound è certo retrò, non si discute, ma se cercate un disco di adult rock morbido le vostre peregrinazioni sono finite.

(Autoprodotto) Digitale

ATOMI: Armønia

“Non mi ricordo come stavo, prima di esser nato, ma un dolce bisogno di niente nel grembo, si, lo ricordo” cantava Morgan e , nonostante la musica di ATO-MI non abbia nulla a che fare con il cantautore monzese, la sensazione che evoca è proprio quella. Un Big Bang inverso dell’esistenza umana. Un ritornare nel ventre materno e galleggiare nel liquido amniotico, per poi avvicinarsi all’inesistenza, a uno step ancora precedente ed infine accedere all’infinito, ricongiungersi con il tutto. ARMØNIA è un Ep composto da cinque suite elettroniche, tra ambient, drone, glitch, noise che trovano la loro completezza nelle corrispettive opere di visual art, create ad hoc da altrettanti artisti visivi, in un dialogo costante tra suono e immagine. Si tratta del primo capitolo di una trilogia basata sull’utilizzo delle frequenze risonanti ricavate dalle orbite dei pianeti del sistema solare, un concept che collega la vita terrena a quella “altra”, spirituale, cosmica.
Lorenzo Setti arriva ad una prima prova, preparato e puntuale, plasmando mondi sonori, per nostra fortuna e a portata di click.

(Jikken Records) Digitale

Sonda Heart: il podcast

Sonda non rimane mai ferma.
Mai.
Neanche quando tutto il mondo deve distanziarsi socialmente.
Sonda ha pensato che mancava qualcosa. Mancava il suo podcast.
Ma cos’è un podcast?
I comuni mortali, cioè noi, lo potrebbero definire una trasmissione radio senza avere alle spalle una radio.
Il podcast è la possibilità di lanciare attraverso il web voci che diventano parole. Suoni che diventano canzoni. Esistono decine di migliaia di podcast nel mondo. Da quelli che raccontano come sbucciare una patata a quelli che sono sicuri di conoscere il metodo per vincere alla lotteria.
Noi, invece, non pensiamo di poter cambiare il mondo della musica. Però crediamo nei giovani che fanno musica. Quei giovani (e meno giovani) che riempiono le sale prove, le cantine, che scrivono brani su brani, quelli che imbracciano una chitarra per salvare il pianeta o più semplicemente perché hanno la necessità di scrivere una canzone d’amore per la persona che incrociano ogni mattina in strada.
Ecco quindi che Sonda Heart (trovare un nome non è stato così semplice come si può immaginare) è un racconto di progetti musicali legati al territorio iscritti a Sonda. È quello che i quattro minuti di SondainOnda ci impediscono di scandagliare, è quello che vorrebbero raccontare i musicisti ma manca loro lo spazio per farlo. Noi quello spazio lo abbiamo.
Lo abbiamo e vogliamo usarlo.
Sonda Heart è un sasso lanciato nello stagno della musica che potrebbe anche provocare enormi onde.
Qualche microfono, un registratore, un montaggio ed una sigla (da trasmissione seria), sono gli elementi che portano al risultato finale di Sonda Heart.
Un flusso di idee che sembra non fermarsi mai, perché ogni artista, ogni progetto, ha il diritto di mostrarsi al pubblico. Ha il diritto di farsi conoscere. Ha il diritto di essere ascoltato. Sarà poi il pubblico a decidere chi meriterà di proseguire o abbandonare il ring musicale (questo ring, comunque, non si abbandona mai in realtà).
Sonda Heart si aggiunge alle iniziative collaterali di Sonda: interviste video (SondainOnda), magazine (Musicplus), apertura di concerti, cd compilation e collana di singoli a 45 giri (Sonda Club).
Sonda diventa sempre di più una factory, una enorme factory che brulica di iniziative, tra sogni e realtà.
Perché Sonda non si ferma mai.
Neppure quando si riposa.

I pensieri dei valutatori: Marcello Balestra

La pandemia ha inferto un duro colpo alla musica, intesa non solo come arte ma anche nelle sue vestigie commerciali. Abbiamo chiesto ai nostri valutatori una riflessione sulle criticità nate in conseguenza a questo stato eccezionale. Uno sguardo che passa attraverso gli occhi di produttori, discografici, direttori artistici, musicisti.

Che prospettive vedi per la discografia nel futuro?
Premetto che la discografia che ho vissuto, major o indipendente di qualità, quella della ricerca, della produzione, dell’investimento e del sostegno di progetti artistici, non esiste più da qualche anno. Si è trasformata in acquisizione e veicolazione di progetti già in corsa, grazie al pubblico acquisito in rete o nei live. C’è comunque ancora un mondo fatto di persone e etichette appassionate e piene di energia, competenza e altruismo, che in varie forme anche in questi ultimi anni ha dato luce ad artisti nuovi, seguendoli passo dopo passo, per portarli a rompere lo schema del sistema di notorietà derivante dalla rete e cavalcato poi dalle major di oggi. Togliendo la parola “disco” ma anche “grafia”, posso dire che le “cliniche” specializzate per nuove forme d’arte e nuovi artisti di musica e progetti vari, saranno come i ristoranti di oggi, mixati con aree d’acquisto di abbigliamento o bici o telefonia, ossia agenzie che fanno o faranno principalmente altro, ossia propongono altre tipologie di progetti o prodotti da vendere, oltre a musica e ad artisti come contorno. Per cui vedo persone e aziende di altre aree merceologiche o di settori di marketing o di comunicazione, occuparsi della gestione del prodotto “musica” in sinergia con i propri prodotti e altri business da abbinare. Il lockdown è stato solo occasionalmente responsabile di un cambiamento già da tempo in atto, ma ignorato dalla pigrizia del settore ex discografico. Ora a mio parere è solo possibile la commistione e non più la separazione di prodotti, artisti e altri business, cosa già in atto adesso, ma in futuro sarà un binomio o un trinomio naturale.

Il lockdown è terminato: come sta andando la ripartenza?
Diciamo che per “lockdown” abbiamo definito il limite massimo alle nostre azioni fisiche e sociali quotidiane, ma non social. Terminato il primo lockdown della nostra storia, utile a farci capire cosa sia un lockdown e come potrebbe essere la vita di ogni giorno in caso di un suo ritorno, la ripartenza, quella del settore musica non c’è stata.
Abbiamo preso coscienza che anche gli artisti di chiara fama, al momento si sono dimostrati tutti decisamente poco influencer, tanto da rimanere chiusi in casa a fare esercizi di presenza social. Parlo di attività social e di pubblicazioni sul tema covid o nel periodo di lockdown, decisamente inferiori per qualità ed efficacia alle loro gesta precedenti, come se da soli e senza il supporto di staff produttivi, promozionali e strategici, non fossero più in grado di produrre un pensiero artistico, probabilmente timorosi di prendere posizioni vere o di sentirsi soli o incompresi nel farlo. La ripartenza quella che si misura solitamente con produzione e vendita è praticamente pari a zero. Il momento è ahinoi drammatico non per i numeri, ma per la mancanza di vere idee di ripartenza del settore o di idee rivoluzionarie in positivo. Abbiamo visto kermesse di artisti in Arena a Verona proporre ancora una volta loro stessi, come esempio di ripartenza, per ripartire da loro, ma in toni dimessi e decisamente dipendenti dalla realtà, quella della mancanza del pubblico ovunque, anche al supermercato mentre fanno la spesa. La fine del primo lockdown e il suo durante, ci hanno restituito la normalità delle persone dello show-business, la loro impotenza nel prendere posizioni o nel proporre soluzioni, tutti legati a doppio filo con un sistema che è crollato, facendo crollare anche la loro posizione, in attesa di un ritorno ad una normalità che è oramai del passato e non certo del futuro. Per cui se una ripartenza visibile la si può considerare nei settori percepiti come fondamentali dalla società civile, nella musica la fine del primo lockdown ha tolto anche quel poco di presenza social, di artisti che li hanno utilizzati in prima persona per “farsi vivi” ad un pubblico, che si sta abituando all’assenza di contatto, ma anche di dipendenza come fan.

Considerando che molte cose sono cambiate – forse temporaneamente, forse no – è concepibile per te trasformare permanentemente parte del tuo lavoro in lavoro a distanza?
Il lavoro in questo settore ha cambiato pelle, cuore e anima. Prima ci si vedeva e basta, ora ci si vede a pillole e quando ciò avviene è per riuscire a completare lavori che a distanza hanno preso il via e che senza vedersi almeno una volta a progetto, risulta impossibile chiuderli al meglio. Vero è che ad esempio i producer di ieri e di oggi hanno l’abitudine di lavorare a distanza, rintanati nei loro bunker creativi, nei quali montano voci di ogni artista su beat o strumenti suonati da remoto, fino a produrre progetti a distanza senza problemi. Io vivo gli incontri come scambio di energia e non solo come momento di lavoro. Per cui ove possibile ci si vede o faccio di tutto per incontrare le persone dal vivo, almeno per dare insieme un forte senso di intensità a ciò che progetto con artisti, autori e produttori. Ma tutto cambia e dopo la palestra del lockdown, ho imparato comunque a muovermi molto meno per lavoro e solo quando necessario, utilizzando al meglio i metodi di riunione a distanza, seguendo le novità da remoto, salvo comunque ambire a riprendere la vita “in giro” verso nuovi progetti, specialmente all’aria aperta.

La discografia è sempre più legata ai live: in assenza di live o con introiti più bassi che giungono dai concerti bisognerà inventarsi, per i prossimi anni, una formula di business diverso?
No dal mio punto di vista la discografia non è legata al live, sono gli artisti che oggi hanno bisogno del live per vivere o per completare il percorso promozionale o di notorietà acquisita con progetti artistici e discografici. La discografia in genere, salvo rari esempi, non vive di live e non si alimenta dal live ma di diritti connessi. Il live è uno strumento di business di agenzie, di management, di ticketing e di gestori di spazi fisici, oltre che degli artisti quotati. Una gran parte dei live era propedeutica alla consacrazione più o meno reale di diversi artisti in uscita con nuovi progetti, ma riferito alla discografia, il live ha giovato solo alla discografia e all’editoria musicale con grandi cataloghi. Intendo dire che live e discografia sono da sempre entità separate per interessi e tipologia di guadagni, con strapotere economico degli attori dei live a dispetto di una discografia che ancora oggi non ha una contrattualistica che gli consenta di ottenere introiti importanti dai propri artisti in concerto. Come dicevo sopra, salvo casi di agenzie collegate a case discografiche in termini di partecipazioni societarie, la discografia si affida al diritto connesso e ad esempio allo streaming che con i soli introiti da Spotify, consentono alle stesse major, di sostenersi senza la vendita di musica. La formula di business che sostituisca il live è sicuramente in corso di ricerca e verifica, come avviene per ricerca e sviluppo dei vaccini anti covid. La rete con le formule adottate attualmente per la musica live a distanza, non è certo la risposta utile a sopperire all’impossibilità di vivere veri e propri concerti da parte di artisti e pubblico, ma in termini di business le agenzie, i management, i gestori di spazi ecc, dovranno sforzarsi per intuire come le persone, noi cittadini, fan ecc, accetteremo di vivere gli artisti in nuove formule, affrontando costi che garantiscano al pubblico vere emozioni ed appartenenza allo show del futuro.

Secondo te l’epidemia ha portato a galla nella filiera musicale il superfluo che può essere eliminato? Se sì cosa?
Il covid ha creato un vuoto totale nella musica e nello spettacolo, portando a termine una rottura del sistema filiera musicale irreversibile. Il superfluo rimane presente e chiede spazio per continuare a darsi un ruolo, cercando di giustificare la necessità di servizi e attività oramai fini a se stessi. Parlo di ruoli promozionali classici, di processi di masterizzazione, di attività social e di uffici stampa tradizionali, di editoria e scouting classici, attività che erano già superate in era pre covid e oggi sono totalmente inutili, se non supportate da nuove strategie di collocazione di ogni singolo progetto nel suo ambiente comunicativo ed empatico. Parlo anche di ogni attore della filiera legato a mondi musicali e sonori privi di qualsiasi attualità, ma generalmente l’evoluzione cancella le ere precedenti anche senza pandemie!

Pensi che le richieste di artisti, management, ecc… dovranno per forza di cose essere ridimensionate?
Credo che il valore di alcuni artisti rimanga quello di prima, anche se spostato al futuro. Ovviamente se anche nel 2021 non si riuscisse a riprendere una serie di attività redditizie per queste categorie, per mantenere le richieste dovranno inventarsi nuove forme di spettacolo supportabili con sponsor mirati e coerenti, per compensare la mancanza di una parte di pubblico che oramai ha deciso di stare comunque lontano da situazioni di grande afflusso.

A nostro avviso è emerso un dato: il mondo dell’arte (musica, cinema, teatro, ecc…) durante la pandemia e anche successivamente è concepito come un passatempo e non come qualcosa di economicamente rilevante. Sei d’accordo? Se sì, pensi sia possibile fare qualcosa per cambiare questo stato di cose?
Chi è parte di questi settori inevitabilmente sente la mancanza di rispetto verso il proprio prodotto e il proprio lavoro! E’ sempre stato così, questi settori piacciono a tutti, sembrano i più affascinanti e liberi, capaci di creare grandissima visibilità a chi li sostiene, come sponsor o come network. Il fatto che oggi i social e la rete sfornino personaggi di ogni genere, capaci di comunicare in modo rapido, attuale e preciso ogni loro attività comunicativa, ha reso gli artisti della musica, cinema, teatro ecc. sempre legati a produzioni più ampie dell’home-made, meno capaci di attrarre pubblico solo con la parte artistica, senza interagire con il pubblico, quasi restando ancorati al vecchio mito dell’artista famoso e quindi necessario. Ecco che il rispetto delle istituzioni al gioco della musica è sfumato, per la perdita di magia del prodotto medio e del suo essere comunque necessario ad un pubblico. In fondo la musica più che lo spettacolo, pur avendo un ruolo sociale fondamentale, rimane un mondo considerato solo dal punto di vista culturale e non come area di lavoro del presente e del futuro.
In ogni caso le economie del settore e dell’indotto possono tornare degne di rilevanza se supportate dalla politica, da nuove forme di live e da sponsorizzazioni, per dimostrarsi interessanti anche in termini di pil.