SONDAHeart – Il podcast. Ep.2: Cesare Augusto Giorgini
SONDAHeart, il podcast che raccoglie le interviste degli artisti iscritti a Sonda.
Già da diversi anni pubblichiamo brevi interviste registrate in formato video sul nostro canale Youtube; SONDAheart ci dà la possibilità di espandere le chiacchierate con gli artisti ospiti e di toccare diversi aspetti che, nei video di 3-4 minuti, finiscono per essere tralasciati.
SONDAHeart è distribuito sulle principali piattaforme: Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Amazon Music, Deezer, Google Podcast.
SONDAHeart, nel secondo episodio, ospita Cesare Augusto Giorgini.
SONDAHeart, una chiacchierata con chi mantiene vivo e pulsante l’organismo musicale dell’Emilia-Romagna.
Toi: il nuovo disco di Maru
Esce oggi Toi, il nuovo disco di Maru prodotto da Bravo Dischi e dal Centro Musica di Modena, attraverso il progetto Sonda, con il contributo della Regione Emilia-Romagna.
Una collaborazione che nasce nel 2019 quando il Centro Musica, con la sua collana Sonda Club, aveva prodotto su vinile il singolo “Dove Dormi” di Maru insieme a ”Sentimento Estero” de Lo Stato Sociale.
“TOI, il nuovo disco di Maru arriva a un anno di distanza da “Zero Glitter”. Anticipato dai singoli “Quechua” e “Zitta”, Toi è il grido di libertà di chi ha smesso di prendersi troppo sul serio.
È rinunciare alle aspettative per accogliere tutto quello che viene e goderselo fino in fondo, la volontà di vivere gli errori con leggerezza, accettarli e accettarsi in ogni sfaccettatura, anche quelle che non piacciono agli altri”.
SONDAHeart – Il podcast. Ep.1: Carati
E’ online da oggi SONDAHeart, il podcast che raccoglie le interviste degli artisti iscritti a Sonda.
Già da diversi anni pubblichiamo brevi interviste registrate in formato video sul nostro canale Youtube; SONDAheart ci dà la possibilità di espandere le chiacchierate con gli artisti ospiti e di toccare diversi aspetti che, nei video di 3-4 minuti, finiscono per essere tralasciati.
SONDAHeart è distribuito sulle principali piattaforme: Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Amazon Music, Deezer, Google Podcast.
SONDAHeart, nel primo episodio, ospita Carati.
SONDAHeart, una chiacchierata con chi mantiene vivo e pulsante l’organismo musicale dell’Emilia-Romagna.
James Meadow: SONDAinONDA
James Meadow è il nome d’arte di Davide Falcone, che nasce a Modena ma affonda le sue radici musicali nel folk rock nordamericano.
A settembre 2020 fa ha pubblicato il suo primo album – A Scarecrow Sight: undici brani scritti dal 2017 a oggi e curati, nella produzione e nell’arrangiamento, da Luca Perciballi.
Undici brani che uniscono la solida eredità americana alla poesia e all’antropologia, principale campo di studi di Davide Falcone.
Ascolta Entangled in Love che Davide ha suonato al termine dell’intervista
Cesare Augusto Giorgini: SONDAinONDA
Cesare Augusto Giorgini porta avanti da diversi anni un progetto solista; ha alle spalle una band progressive, quattro anni di studio al BIMM Institute di Londra, due produzioni in lingua inglese ma con il lavoro più recente è passato all’italiano.
L’ep che uscirà a breve – Navi di Vetro – è l’antologia delle canzoni in italiano scritte da Giorgini dal 2015 a oggi.
Ascolta la versione acustica del singolo Caffè che Cesare ci ha lasciato al termine dell’intervista
I valutatori: Nicola Manzan
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Ho iniziato ad ascoltare musica molto presto.
Mio padre aveva un po’ di vinili in casa, tipo cantautori e simili, oltre ad alcuni “audiolibri”, come li chiameremmo ora. Aveva anche una collezione di 100 vinili di classica, credo recuperati in edicola.
A cinque anni mi ha insegnato ad usare il giradischi e mi ha dato la massima libertà di utilizzo e di ascolto. Penso sia iniziata lì la mia voglia di mischiare generi, di ascoltare un po’ di tutto senza distinzioni. Ricordo che facevo delle mie personali classifiche e facevo finta di essere il dj di una radio mettendo brani di Beethoven, Elvis, De Gregori uno dopo l’altro, in base alla suggestione che mi davano.
Quando ho iniziato a potermi permettere di acquistare i dischi che interessavano a me, era già arrivata l’epoca del Cd, ma ho continuato ad acquistare i vinili, quando erano disponibili. Allo stesso tempo mio padre prendeva mensilmente la rivista (di musica classica) Amadeus, con cd allegato che automaticamente finiva nel mio stereo. In pratica gli anni della mia adolescenza sono stati caratterizzati da doppi input: da un lato la musica classica che studiavo ed ascoltavo perché “fornita” direttamente da mio padre, dall’altro avevo i miei dischi metal e hardcore che compravo coi pochi soldi che avevo.
Allo stesso modo leggevo anche riviste musicali diversissime fra loro: sulla mia scrivania, sotto un numero di “Rumore”, ci poteva essere un numero di Amadeus con Bernstein in copertina (con tanto di pubblicità della Rolex al suo interno).
Credo che a livello di ascolti questo sia stato un periodo molto formativo, la lista degli artisti e dei rispettivi album che ho ascoltato potrebbe essere davvero lunghissima. A volte erano cassette doppiate casualmente da qualche amico, a volte erano dischi che cercavo io, altre volte trovavo dei cd a casa e me ne innamoravo. Potrei citare tre casi su tutti: gli Slint di “Spiderland”, i Carcass di “Necroticism” e la celeberrima registrazione delle “Variazioni Goldberg” di Bach suonate da Glenn Gould. In tutti e tre i casi, parlo di dischi che ho ascoltato ossessivamente per mesi, alcuni per anni. Le variazioni Goldberg, ad esempio, sono sempre le benvenute nella mia vita quando devo rimettere in ordine il cervello.
La cosa curiosa è che spesso riascoltando alcuni dischi che sono stati importanti per me, mi rendo conto di quanto nel frattempo sia “cresciuto” il mio orecchio, notando spesso moltissime peculiarità che un tempo non sarei mai riuscito a cogliere. Se a volte questo ascolto più dettagliato mi porta a sentire una certa ingenuità nei miei gusti di un tempo, dall’altro mi rendo anche conto che certe caratteristiche, nel bene e nel male, sono rimaste impresse nella mia testa e spesso mi sono ritrovato a riproporle in qualche modo nella mia musica.
Sul fronte dei concerti, invece, suonando il violino fin da bambino venivo spesso accompagnato a concerti di musica classica, per un periodo ho anche avuto l’abbonamento alla stagione sinfonica del teatro di Treviso. Adoravo andare ai concerti in quegli anni, un po’ per la compagnia, un po’ perché ho sempre adorato essere investito dal suono potente di un’orchestra, così come adoro trattenere il fiato durante i pianissimo della musica da camera.
Ma allo stesso tempo ho iniziato anch’io a fare concerti e ad andare a vedere quello che arrivava in zona. Mi ricordo molto bene di quando andavo (appena diciottenne) all’Agrrro, centro sociale in provincia di Treviso dove c’erano concerti punk che mi hanno fatto capire che la musica poteva essere anche qualcosa di diverso da quello che conoscevo io (potrei dire semplicemente: l’opposto). Ho vissuto in bilico tra musica classica ed autogestione per parecchi anni, facendo a volte anche doppi concerti, prima con l’orchestra, poi col mio gruppo in qualche locale. Da quando poi ho iniziato a lavorare in un rock club come tecnico palco, le cose sono cambiate: ogni weekend lavoravo con band di qualsiasi tipo, che mi hanno portato ad amare o odiare certi gruppi, ma soprattutto certe attitudini da rockstar fallite.
Se dovessi citare due concerti “della vita”, non avrei dubbi: nel 1998 ho suonato col mio gruppo di supporto agli Unsane di New York. Li conoscevo di nome, sapevo che erano molto apprezzati, ma non immaginavo che dal soundcheck in poi la mia vita sarebbe letteralmente cambiata. I suoni, l’attitudine, i pezzi: tutto era nuovo e tutto era esattamente nei miei canoni estetici, spazzando via molte cose che avevo ascoltato fino al giorno prima, rendendomele a tratti insopportabili.
Il secondo concerto è stato un BBC Prom alla Royal Alber Hall di Londra, sempre in quegli anni, in cui Yo Yo Ma suonava un concerto per violoncello in prima assoluta. L’introduzione altro non era se non una registrazione di rumori ambientali, mandata in play dallo stesso violoncellista e diffusa da uno stereo portatile degli anni 80 piazzato davanti al violoncello. E anche il resto era poesia pura.
Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024
I pensieri dei valutatori: Nicola Manzan
I valutatori: Nicola Manzan
Incontri con i valutatori 2020
I pensieri dei valutatori: Nicola Manzan
I valutatori: Gabriele Minelli
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Sotto molti punti di vista, cercare di riassumere la propria “formazione musicale”, o i momenti, i luoghi e le persone che l’hanno determinata, è un’operazione davvero complicata, lo ammetto. Perché banalmente ti costringe ad osservare ciò che hai lasciato alle tue spalle, il passato, una parte di vita.
Perché comunque si tratta di provare a condensare una miriade di piccoli momenti o lunghi periodi, magari confusi e turbolenti, in una specie di piccolo manuale pronto per l’uso, in cui dovrebbe persino emergere un certo grado di saggezza e di consapevolezza che non sempre invece c’era.
Ma soprattutto perché si corre il rischio di finire per raccontare di archeologia culturale, di epoche (perché questo pericolo lo corrono tutte le generazioni con le successive) superate dal tempo e dai mezzi, di scenari quasi incomprensibili e a volte surreali per chi ne sente parlare solo oggi.
Si tratta pure sempre del secolo scorso eh!
Cerco quindi di mettere ordine nei ricordi, la mente, e nei gusti, il cuore, e di fare come quando sistemo i rullini e le foto che ho accumulato negli anni, cercando di soffermarmi più sul metodo e sul risultato, che sul momento singolo.
Se devo trovare quindi un denominatore comune che riassuma il mio percorso, userei una parola e cioè DIVERSITA’. La adotto più che altro nella sua forma anglofona, diversity, e cioè varietà, ma anche dissimilarità.
Come molti miei coetanei, infatti, ero costantemente spinto dalla curiosità di guardare, leggere e ascoltare di tutto, il più possibile, ovunque fossi, in ogni lingua (o quasi), senza particolari pregiudizi se non le piccole puerili prese di posizione da tarda adolescenza.
Mi sono così formato musicalmente sia nell’hip hop, cultura che ho abbracciato da studente (e anche praticante…) in alcune delle sue forme, che nella musica suonata in maniera più “tradizionale”, anche in questo caso sia come spettatore/ascoltatore che come, ahimè, chitarrista (e anche armonicista, beat maker, fonico improvvisato…).
Lo stesso si può probabilmente dire per ascolti e visioni, sia radio/tv che cinematografici, e per le letture: come tutti i ragazzi cresciuti nell’epoca pre-internet, la nostra era una fame atavica e insaziabile che ci costringeva a cacciare in ogni territorio nel tentativo di soddisfarla.
Ovviamente ci sono molti defining moments che posso ricercare, diciamo a partire dai primi anni di liceo, e che identifico appunto come svolte di crescita e formazione.
Ma ciò che più mi preme sottolineare è proprio una questione di approccio e metodo: il desiderio di approfondimento, di un genere o dell’opera di un singolo artista, non escludeva mai l’esplorazione o la sperimentazione.
Sicuramente un certo sciovinismo giovanile faceva sì che mi concentrassi maggiormente, per esempio, sulla musica americana e inglese più che su quella italiana. Ma al tempo stesso per noi non c’erano davvero preclusioni, ed era la più assoluta normalità andare a concerti di artisti di generi diametralmente opposti nell’arco di pochi giorni, mescolandoci a nostra volta tra gruppi eterogenei di altri frequentatori di live e ascoltatori di musica.
Nei miei mesi da laureato/expat/lavoratore in Belgio, poco prima di cominciare la carriera nella musica, ebbi modo, molto felicemente, di constatare che nel nord Europa quello era l’approccio più diffuso: era normale per un locale programmare un live punk il martedì e un dj set hip hop il giovedì; le line up dei festival DOVEVANO essere eterogenee per soddisfare un pubblico che chiedeva cartelloni vari e interessanti; le radio più fighe programmavano indifferentemente ciò che consideravano il meglio del momento, senza crucci di bpm o paranoie di contenuti più o meno masticabili.
E’ proprio in questa diversità che mi sono formato, sono cresciuto, ho affinato il mio gusto: un bagno di musica strana, perché mi piaceva essere un po’ il precursore o lo scopritore di gruppi e di generi, ma anche quello fuori dagli schemi; un mix di rap, metal, video di skate, cinema indipendente, street photography, graffiti, il primo indie folk, la black music degli anni 60 e 70, e mille altri ingredienti, frullati in un approccio DIY, un fai da te che mi ha spinto e portato a suonare, scrivere di musica, fotografare su e giù da un palco, accompagnare e aiutare artisti prima durante e dopo i live, ecc. ecc.
Questo approccio non l’ho mai abbandonato: penso infatti, e lo raccomando sempre ai ragazzi che iniziano quando ho l’occasione di parlare con loro, che sia necessario sporcarsi le mani ed essere curiosi.
Spesso ho lavorato meglio sui dischi di artisti che non mi piacevano, artisticamente. Molte volte tuttora faccio da solo (o almeno ci provo) quando sono in situazione di necessità. Sono sempre molto attratto dal diverso, dal differente, dalle espressioni non allineate, dall’artista non “di moda”, da colui che non replica ciò che funziona solo perché per altri funziona.
E quotidianamente cerco di replicare questa ricerca di diversità, cercando di valorizzare al meglio le competenze e i ruoli lavorativi al di là dell’hype del momento, mettendomi al servizio degli artisti e dei professionisti con cui lavoro per garantire loro, e in qualche caso stimolare, la massima libertà creativa e il diritto di essere diversi.
Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024
I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli
I valutatori: Gabriele Minelli
Incontri con i valutatori 2020
I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli
I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli
Incontri con i valutatori 2019
Incontri con i valutatori 2018
Intraprendenza nella giungla – Gabriele Minelli
Incontri con i valutatori 2017
Carati: SONDAinONDA
Enzo, in arte Carati, è un cantautore emiliano esordiente ma non nuovo al mondo della musica. Canta nella band pop punk Why Everyone Left con cui dal 2014 gira l’Europa, firma con un’etichetta australiana e viene menzionato da Alternative Press come una delle “10 band Pop Punk europee che devi conoscere”.
Durante la quarantena trova il tempo di riordinare le idee per un progetto indie pop, realtà musicale che segue da vicino da quasi dieci anni ma sempre e solo come spettatore.
Al momento sono usciti due singoli – Tre maggio e Pieno – il terzo è in cantiere e uscirà a breve.
Ascolta il brano Pieno
Incontri con i valutatori 2020
Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; i partecipanti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.
Gli incontri 2020, nel rispetto delle normative igieniche legate all’emergenza Covid, avranno una modalità di accesso leggermente diversa.
Potranno partecipare al massimo 30 persone per ciascun incontro (di conseguenza chiediamo alle band di mandare un solo componente) registrandosi attraverso un modulo on line (il login dovrà essere effettuato con un account Google/Youtube/Gmail).
Unitamente ai dati occorrerà inviare il brano che verrà ascoltato durante l’incontro. In questo modo eviteremo il passaggio di cd, chiavette usb, ecc…
Coloro che si iscriveranno riceveranno l’eventuale conferma di partecipazione via email all’indirizzo indicato, compatibilmente con il numero di posti disponibili.
E’ richiesto a tutti i partecipanti di essere presenti dall’inizio dell’incontro alle ore 14.
Chiediamo di comunicarci tempestivamente eventuali rinunce in modo da consentire ad altri di partecipare
Gli incontri del 7 e 28 novembre sono stati entrambi rimandati come da disposizioni del DPCM del 24/10/2020 e verranno riprogrammati appena possibile.
Sonda Stage. Off, Modena. Call per band e artisti
Selezioniamo band e artisti di Sonda per una rassegna che si terrà presso l’Off (Via Morandi 71, Modena) il venerdì dal 6 novembre al 18 dicembre.
Per partecipare è necessario inviare la propria candidatura sotto forma di un semplice messaggio email (Desidero partecipare alla rassegna Sonda Stage).
La direzione artistica dell’Off selezionerà, tra tutte le candidature pervenute, gli artisti che parteciperanno alla rassegna.
E’ previsto un rimborso spese per gli artisti selezionati.
Sul palco sarà presente un backline di base (batteria senza piatti, amplificatore per basso, amplificatore per chitarra).
La candidatura dovrà essere inviata entro il 23/10/2020 all’indirizzo centro.musica@comune.modena.it