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TASTE OF CINDY: Scivolo
Fa quasi impressione recensire questo album, “Scivola”, perché nonostante sia uscito solo lo scorso anno è già un album postumo. Non temete, però, non è successo nulla di grave: semplicemente, come spesso capita, i Taste Of Cindy si sono sciolti, e le loro anime creative hanno preso strade differenti. Un peccato, perché nelle cinque tracce che compongono questo mini-album si respira la freschezza di un esordio, oltre a interessanti risvolti futuri. Il loro è (o meglio era) un alternative-indie-pop dalle mille influenze, con brani che partono soft per poi sfociare in esplosioni quasi punk (‘Pimpa’), inaspettati ritmi in levare (‘Gianburrasca’), rock ballad alla Arctic Monkeys come ‘Dakota’, con testi ben costruiti e autobiografici quanto basta. Il dispiacere è che quello dei Taste Of Cindy sia un discorso destinato a rimanere incompiuto, sospeso, ma se vorrete andarvi a cercare ugualmente “Scivola” lo ascolterete comunque con piacere. Nella speranza che quel che rimane della band, Laura e Alessandro, torni con nuovo materiale.
(Tempura Dischi) CD
PAOLO SECCHI: In viaggio verso il sogno
Già chitarrista di una storica formazione punk-rock modenese (LayFaces), Paolo Secchi torna alla musica dopo un periodo di silenzio, di riflessioni, di cambiamenti. Ed è proprio dalla necessità di fotografare, cristallizzare, dare una forma e poter così analizzare un momento della propria vita, che nasce questo “In viaggio verso il sogno”. Un album interamente acustico, che si stacca in maniera netta dal passato punk del musicista di Castelnuovo Rangone, intimo e personale, sicuramente un po’ acerbo: la struttura dei brani abbandonata solo alla chitarra e alla voce di Paolo risulta infatti alla lunga un po’ fragile, a fronte di brani che con una produzione più completa e arrangiamenti più ricchi avrebbero potuto brillare di una luce ancora maggiore. Ma non era forse questo l’intento di Paolo Secchi, non in questa fase almeno, e “In viaggio verso il sogno” ce lo facciamo andare bene così, nella sua fragilità, nel suo essere intimo ed estremamente personale, augurandoci che arrivi presto un seguito.
(Autoprodotto) CD
ROADHOGS: Canzoni Sudate
Tutto il rock dei pavullesi Roadhogs è già nel titolo di questa loro opera prima: “Canzoni Sudate”, fatte di tanto rock blues, sale prova con 40 gradi all’interno, chilometri per date pagate con una cassa di birra, locali fumosi, camperos anche in agosto, CD di Stevie Ray Vaughan talmente consumati che ormai saltano appena li metti nel lettore. La musica del quartetto composto da Nicolò Marchini, Francesco Carcioli, Roberto Montalbano, Michael Gianoli non è nulla di nuovo, ma pur rimanendo all’intero dei canoni del genere rock blues è fatta molto bene e risulta credibile pur cantata in lingua italiana per gran parte dei dieci brani che compongono la trackslist di “Cazoni Sudate”, una scelta coraggiosa a cui fanno eccezione solo due canzoni, ‘I’m a Crazy Man’ e ‘The Painter’. Nel complesso, come esordio, “Canzoni Sudate” risulta essere musicalmente solido ma limitato principalmente nelle tematiche, che pur con test interessanti e ben scritti, non escono mai dall’immaginario rock: il sesso, il west, la strada, le bevute, la vita maledetta del musicista.
(Autoprodotto) CD
RAIN: Space Pirates
Allora mettiamola così: i Rain sono nati nel 1980 e da allora non hanno mai mollato la presa. Quando il metal è la tua ragione di vita, non c’è tempo per pensare ad altro. “Space pirates” è il nuovo capitolo di una storia lunga decenni. Una storia che si è dipanata tra tante uscite discografiche, tanti concerti in giro per il mondo (non così per dire ma per davvero) e una passione innata per tutto quello che si avvicina al metal. “Space pirates” è il disco più metal dei Rain, un album che anche nella ballata “Billion dollar song” non perde mai l’asticella del suono duro e puro. I Rain, capitanati da Amos, sono un quintetto dalla forza di un tornado che si abbatte sulla nostra testa e ci solleva da terra per gettarci a chilometri di distanza. I Rain sono assoli che diventano fiamme, sono il metal che non fa prigionieri e si spinge sempre più oltre, dove l’oltre era già il limite massimo. I Rain vivono per il metal e questo può generare problematiche di varia natura, però loro non se ne preoccupano perché c’è sempre un “Hellfire” che li aspetta dietro l’angolo. I Rain da Bologna fanno metal. Quello bello cattivo che non muore mai.
(Aural Music) CD
ALESSANDRO POLISCO: La Fenice risorge quando la poesia muore
Bisogna ammetterlo: a trovarsi tra le mani questo “La Fenice risorge quando la poesia muore”, in un primo momento si rimane un po’ perplessi. Con quel titolo così complesso e anche un po’ altisonante, ci si aspetta un disco pesante, dai testi complessi, introversi e indecifrabili. Inutile dire che già dalle prime note della opener ‘Purezza immacolata’ si capisce che qui siamo in un campo totalmente diverso, e che quello di Alessandro Polisco non è un album ma un libro, una storia, un concept album quantomai vario, con brani strumentali, tracce che spaziano dai 7 minuti agli appena 39 secondi, da cupe atmosfere Reznoriane a tappeti elettronici sovrastati dalla voce dell’autore che declama il testo in uno stile alla Offlaga Disco Pax. Il tutto impreziosito da un ritmo di narrazione che prende davvero bene, tra criptiche e brevi riflessioni della rapidità di un haiku, e veri e propri capitoli, episodi della storia personale dell’autore. Insomma, una bella sorpresa. L’album anche se ci è arrivato solo ora non è nuovissimo, risale infatti al 2013, e non ha ancora un seguito.
(Autoprodotto) CD
P.O.E.: The tell-tale heart
I P.O.E. (Philosophy Of Evil) sono una band di Reggio Emilia che ha debuttato con un EP intitolato come un racconto breve di Edgard Allan Poe (l’influenza dello scrittore è decisamente alla luce del sole) . Dal vivo si presentano con volti dipinti e una carica tipica delle band metal. Sì, perché i P.O.E. suonano metal con influenze prog e power. Ascoltando i brani dell’ep si rimane piacevolmente colpiti dalla forza d’urto che si sprigiona, i P.O.E. potrebbero far parte della scena metal scandinava e nessuno si meraviglierebbe di nulla. Ottima perizia tecnica e ottima attitudine sono i binari sui quali si muovono i nostri eroi. Di loro dicono che non bisogna ma prenderli troppo sul serio, perché loro non lo fanno mai. Giusta precisazione, perché all’ascolto di “The tell-tale heart” si avverte una discesa negli inferi dell’anima, tra malvagità umana e demoni dagli occhi luminescenti. Non c’è da segnalare un brano rispetto all’altro perché l’ep è un unico monolite giunto dallo spazio profondo. Volti dipinti e metal. Un connubio perfetto.
(Autoprodotto) CDEP
PETER PIPER: Temporary Surface
Se come dichiarato sulla loro pagina Facebook i Peter Piper si sono formati nel 2014, vuol dire che ci hanno messo un bel po’ a pubblicare questo primo EP, ma si può dire che sia valsa la pena aspettare. Per chi non li conoscesse stiamo parlando di un quintetto di Nonantola, vicino a Modena, ma se riversassimo le cinque tracce di “Temporary Surface” su una musicassetta (qualcuno di voi se le ricorda ancora) e lo spacciassimo in giro come il demo perduto di una band X del primo periodo del grunge, quello di fine anni ’80 quando uscivano i Mother Love Bone e gli Screaming Trees, forse riusciremmo a ingannare facilmente qualcuno. Ok, qualcuno potrebbe dire: sono passati quasi 30 anni, questi sono fuori tempo massimo. E invece vi diciamo di no, perché se è pur vero che i riferimenti sono quelli ed è quello persino lo stile nella scelta degli effetti e negli arrangiamenti, i Peter Piper non imitano una band di quegli anni. Anzi, nonostante tutto ciò riescono ad essere originali, che non è affatto facile.
(Autoprodotto) CD
MASSIMILIANO PATERNO’: U Sud
Nato a Crotone e trasferitosi a Bologna, e mai più andato via, Massimiliano Paternò è un vero e proprio personaggio: polistrumentista autodidatta, il suo strumento principale è il basso, ma non disdegna chitarra, batteria e percussioni; ha collaborato con molti musicisti fra cui Peppe Voltarelli de Il Parto delle Nuvole Pesanti, e fatto parte di svariate formazioni rock, punk, reggae, persino di musica etnica; con la sua ultima band, gli Arangara, ha persino accompagnato a teatro personaggi come Carlo Lucarelli e Claudio Lolli. Forse è quindi solo la poliedricità del personaggio che può spiegare un album come questo “U Sud”, dove a spiccare in mezzo alla moltitudine di generi che va a toccare, è la profonda attitudine punk di Paternò, che fra da fil rouge tra il rap sgangherato di ‘A noi ci piace l’hip hop’, la chitarra palesemente scordata della ballad anglo-spagnola ‘Bagavaghida’, il reggae quasi ubriaco di ‘Carolina’. Insomma: tante, tantissime idee, anche forse un filino confuse.
(Autoprodotto) CD/Digitale
PAT: Easy to remove
Pat è il progetto solista di Patrizio Pastorelli che in molti avranno già visto in azione come bassista dei Controtempo. “Easy to remove” è il suo debutto sulla lunga distanza, un album che gira vorticosamente attorno a sonorità rock, con spunti indie e brit pop. Pat si diletta con liriche in inglese e italiano, dando in ugual misura un respiro nazionale e internazionale al suo lavoro. Dall’album è stato estratto un primo singolo, “You”, canzone molto coinvolgente con Pat che prende per mano l’ascoltatore e lo porta verso spiagge bagnate da melodie fluenti e azzeccate. Pat si destreggia molto bene nel suo debutto, anche quando è alle prese con le liriche in italiano come nel brano d’apertura “Linee d’aria”. Il disco si ascolta con piacere, le sonorità, mai tirate per le orecchie, portano l’ascoltatore fino alla fine dell’album con la voglia/necessità di ricominciare l’ascolto. Pat è figlio degli anni 90, chi come lui è cresciuto con indie e brit pop nelle orecchie dovrebbe sentire “Easy to remove”, non tanto per rimpiangere il passato ma piuttosto per cercare una risposta nel presente. In chiusura del disco “All we left behind” che ricorda i Roxy Music più languidi.
(Autoprodotto) CD Digitale
PAOLO G.: Blues For Me
Ne avevamo già parlato due anni fa di Paolo G., bluesman ravennate nato Paolo Giannelli, e bisogna dire che in questi 670 giorni non è che sia cambiato molto, dato che quello che abbiamo tra le mani è di nuovo un album intitolato “Blues For Me”, come il precedente, aggiornato solo come “Studio Session 2016”. E infatti, all’interno di questo mini-ep realizzato presso lo Studio 73 di Ravenna, troviamo brani che già conosciamo e avevamo avuto modo di apprezzare: ‘Life Train’ e ‘Naturale Dimensione’, che avevamo già segnalato come i migliori della prima edizione dell’album, oltre alla strumentale ‘Fun-Key’. Insomma questo “Blues For Me” altro non è che un aggiornamento del suo omonimo predecessore, in cui la chitarra di Giannelli è accompagnata da Nicola Benetti (batteria), Giuseppe Dimonte (basso), Max De Rosa (armonica) e Rita Lucca (voce) per riconfermare che in terra di romagna il blues è vivo e vegeto. Non ci resta che aspettare da Paolo del nuovo materiale, nuove canzoni tutte rigorosamente su un giro di blues.
(Autoprodotto) CD