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I valutatori: Gabriele Minelli
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Sotto molti punti di vista, cercare di riassumere la propria “formazione musicale”, o i momenti, i luoghi e le persone che l’hanno determinata, è un’operazione davvero complicata, lo ammetto. Perché banalmente ti costringe ad osservare ciò che hai lasciato alle tue spalle, il passato, una parte di vita.
Perché comunque si tratta di provare a condensare una miriade di piccoli momenti o lunghi periodi, magari confusi e turbolenti, in una specie di piccolo manuale pronto per l’uso, in cui dovrebbe persino emergere un certo grado di saggezza e di consapevolezza che non sempre invece c’era.
Ma soprattutto perché si corre il rischio di finire per raccontare di archeologia culturale, di epoche (perché questo pericolo lo corrono tutte le generazioni con le successive) superate dal tempo e dai mezzi, di scenari quasi incomprensibili e a volte surreali per chi ne sente parlare solo oggi.
Si tratta pure sempre del secolo scorso eh!
Cerco quindi di mettere ordine nei ricordi, la mente, e nei gusti, il cuore, e di fare come quando sistemo i rullini e le foto che ho accumulato negli anni, cercando di soffermarmi più sul metodo e sul risultato, che sul momento singolo.
Se devo trovare quindi un denominatore comune che riassuma il mio percorso, userei una parola e cioè DIVERSITA’. La adotto più che altro nella sua forma anglofona, diversity, e cioè varietà, ma anche dissimilarità.
Come molti miei coetanei, infatti, ero costantemente spinto dalla curiosità di guardare, leggere e ascoltare di tutto, il più possibile, ovunque fossi, in ogni lingua (o quasi), senza particolari pregiudizi se non le piccole puerili prese di posizione da tarda adolescenza.
Mi sono così formato musicalmente sia nell’hip hop, cultura che ho abbracciato da studente (e anche praticante…) in alcune delle sue forme, che nella musica suonata in maniera più “tradizionale”, anche in questo caso sia come spettatore/ascoltatore che come, ahimè, chitarrista (e anche armonicista, beat maker, fonico improvvisato…).
Lo stesso si può probabilmente dire per ascolti e visioni, sia radio/tv che cinematografici, e per le letture: come tutti i ragazzi cresciuti nell’epoca pre-internet, la nostra era una fame atavica e insaziabile che ci costringeva a cacciare in ogni territorio nel tentativo di soddisfarla.
Ovviamente ci sono molti defining moments che posso ricercare, diciamo a partire dai primi anni di liceo, e che identifico appunto come svolte di crescita e formazione.
Ma ciò che più mi preme sottolineare è proprio una questione di approccio e metodo: il desiderio di approfondimento, di un genere o dell’opera di un singolo artista, non escludeva mai l’esplorazione o la sperimentazione.
Sicuramente un certo sciovinismo giovanile faceva sì che mi concentrassi maggiormente, per esempio, sulla musica americana e inglese più che su quella italiana. Ma al tempo stesso per noi non c’erano davvero preclusioni, ed era la più assoluta normalità andare a concerti di artisti di generi diametralmente opposti nell’arco di pochi giorni, mescolandoci a nostra volta tra gruppi eterogenei di altri frequentatori di live e ascoltatori di musica.
Nei miei mesi da laureato/expat/lavoratore in Belgio, poco prima di cominciare la carriera nella musica, ebbi modo, molto felicemente, di constatare che nel nord Europa quello era l’approccio più diffuso: era normale per un locale programmare un live punk il martedì e un dj set hip hop il giovedì; le line up dei festival DOVEVANO essere eterogenee per soddisfare un pubblico che chiedeva cartelloni vari e interessanti; le radio più fighe programmavano indifferentemente ciò che consideravano il meglio del momento, senza crucci di bpm o paranoie di contenuti più o meno masticabili.
E’ proprio in questa diversità che mi sono formato, sono cresciuto, ho affinato il mio gusto: un bagno di musica strana, perché mi piaceva essere un po’ il precursore o lo scopritore di gruppi e di generi, ma anche quello fuori dagli schemi; un mix di rap, metal, video di skate, cinema indipendente, street photography, graffiti, il primo indie folk, la black music degli anni 60 e 70, e mille altri ingredienti, frullati in un approccio DIY, un fai da te che mi ha spinto e portato a suonare, scrivere di musica, fotografare su e giù da un palco, accompagnare e aiutare artisti prima durante e dopo i live, ecc. ecc.
Questo approccio non l’ho mai abbandonato: penso infatti, e lo raccomando sempre ai ragazzi che iniziano quando ho l’occasione di parlare con loro, che sia necessario sporcarsi le mani ed essere curiosi.
Spesso ho lavorato meglio sui dischi di artisti che non mi piacevano, artisticamente. Molte volte tuttora faccio da solo (o almeno ci provo) quando sono in situazione di necessità. Sono sempre molto attratto dal diverso, dal differente, dalle espressioni non allineate, dall’artista non “di moda”, da colui che non replica ciò che funziona solo perché per altri funziona.
E quotidianamente cerco di replicare questa ricerca di diversità, cercando di valorizzare al meglio le competenze e i ruoli lavorativi al di là dell’hype del momento, mettendomi al servizio degli artisti e dei professionisti con cui lavoro per garantire loro, e in qualche caso stimolare, la massima libertà creativa e il diritto di essere diversi.

Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2025

Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

I valutatori: Gabriele Minelli

Incontri con i valutatori 2020

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

Incontri con i valutatori 2019

Incontri con i valutatori 2018

Intraprendenza nella giungla – Gabriele Minelli
Incontri con i valutatori 2020
Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; i partecipanti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.
Gli incontri 2020, nel rispetto delle normative igieniche legate all’emergenza Covid, avranno una modalità di accesso leggermente diversa.
Potranno partecipare al massimo 30 persone per ciascun incontro (di conseguenza chiediamo alle band di mandare un solo componente) registrandosi attraverso un modulo on line (il login dovrà essere effettuato con un account Google/Youtube/Gmail).
Unitamente ai dati occorrerà inviare il brano che verrà ascoltato durante l’incontro. In questo modo eviteremo il passaggio di cd, chiavette usb, ecc…
Coloro che si iscriveranno riceveranno l’eventuale conferma di partecipazione via email all’indirizzo indicato, compatibilmente con il numero di posti disponibili.
E’ richiesto a tutti i partecipanti di essere presenti dall’inizio dell’incontro alle ore 14.
Chiediamo di comunicarci tempestivamente eventuali rinunce in modo da consentire ad altri di partecipare
Gli incontri del 7 e 28 novembre sono stati entrambi rimandati come da disposizioni del DPCM del 24/10/2020 e verranno riprogrammati appena possibile.
Sonda Stage. Off, Modena. Call per band e artisti
Selezioniamo band e artisti di Sonda per una rassegna che si terrà presso l’Off (Via Morandi 71, Modena) il venerdì dal 6 novembre al 18 dicembre.
Per partecipare è necessario inviare la propria candidatura sotto forma di un semplice messaggio email (Desidero partecipare alla rassegna Sonda Stage).
La direzione artistica dell’Off selezionerà, tra tutte le candidature pervenute, gli artisti che parteciperanno alla rassegna.
E’ previsto un rimborso spese per gli artisti selezionati.
Sul palco sarà presente un backline di base (batteria senza piatti, amplificatore per basso, amplificatore per chitarra).
La candidatura dovrà essere inviata entro il 23/10/2020 all’indirizzo centro.musica@comune.modena.it
Sonda Tour: le aperture nei locali partner 2020/2021
Abbiamo confermato la prima apertura di un artista Sonda per questa stagione di collaborazione con live club e festival dell’Emilia Romagna:
EKIDNA (in collaborazione con Godot Festival)
– 3 ottobre 2020: DIRUPATORS in apertura a Giovanni Succi
Sonda Tour: le aperture nei locali partner 2019/2020
Ecco le aperture confermate con gli artisti di Sonda per questa stagione di collaborazione con live club e festival dell’Emilia Romagna:
DIAGONAL LOFT CLUB
– 13 novembre: DAVIDE BOSI in apertura a Elizabeth Moen
– 20 novembre: OVERTHOUGHT in apertura a Booty Ep
COVO CLUB
– 15 novembre: FUCKING COOKIES + SONS OF LAZARETH in apertura a The Detroit Cobras
SPLINTER CLUB
– 15 novembre: MISTER PECULIAR in apertura a Greyson Capps Band
– 15 febbraio: HEMP in apertura a Mondo Generator
LOCOMOTIV CLUB
– 22 novembre: LEI (NO) INNOCENCE in apertura a Telefon Tel Aviv
BRONSON
– 29 novembre: ARIANNA POLI + MORIEL in apertura a Fosco17
ATP Live Music Club (in collaborazione con Godot Festival)
– 19 dicembre: LA CONVALESCENZA in apertura a I Botanici
OFF
– 25 gennaio: NIKO ALBANO + MATTEO POLONARA in apertura a 2000 Power djset
RIOPEN (in collaborazione con Godot Festival)
– 11 settembre 2020: CORNER IN BLOOM in apertura a John Qualcosa/Altre di B
– 12 settembre 2020: CESARE AUGUSTO GIORGINI in apertura a Blindur/Duo Bucolico
Adesione al network Sonda Tour
Avviso pubblico per adesione al network Sonda Tour
Il Centro Musica del Comune di Modena lancia una call rivolta a titolari di locali di pubblico spettacolo, associazioni, circoli, festival della Regione Emilia Romagna, che svolgano attività di musica live al fine di implementare la rete di soggetti che costituiscono il network di Sonda, progetto finanziato nell’ambito della Legge 2/2018 a sostegno della creatività musicale.
Il progetto Sonda prevede la circuitazione di gruppi musicali della Regione al fine di promuovere le occasioni di visibilità ed esibizione dei gruppi aderenti alla piattaforma di Sonda alla quale ogni artista può accedere attraverso il sito https://sonda.comune.modena.it/
In funzione dell’adesione e della tipologia di inziativa proposta dai titolari dei locali, associazioni, circoli e festival, saranno individuati gli artisti che potranno esibirsi fra quelli aderenti al progetto Sonda a fronte di un sostegno economico che sarà garantito a parziale copertura delle spese di cachet e di organizzazione sostenute dal locale/associazione/circolo/festival.
Per l’adesione è necessario sottoscrivere e inviare i moduli allegati 1 e 2, all’indirizzo di posta elettronica casellaistituzionale041@cert.comune.modena.it (specificando nell’oggetto “Adesione Sonda Tour”).
La scadenza è fissata per il giorno 31 luglio 2020.
Per informazioni:
Centro Musica – Comune di Modena
tel 059/2034810, email cmusica@comune.modena.it
Privacy
Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento Generale Protezione dati 2016/679 si informa che i dati personali forniti e raccolti in occasione del presente procedimento verranno:
• utilizzati esclusivamente in funzione e per i fini del presente procedimento;
• conservati presso l’archivio del Settore Cultura, Sport, Giovani e Promozione della Città, Via Galaverna 8, nella responsabilità del Dirigente di tale Settore.
In relazione ai suddetti dati l’interessato può esercitare i diritti sanciti dall’art. 15 del citato Regolamento. Restano salve le disposizioni di accesso di cui alla Legge 241/90.
SONDAinPILLOLE
Questo è il periodo in cui di solito si tengono i Sonda Camp, gli incontri con i valutatori.
L’emergenza sanitaria ci ha costretto a rimandarli quindi per rimanere in contatto, per riannodare i fili di Sonda che in questo periodo sono un po’ laschi, abbiamo fatto ai valutatori un paio di domande:
• come si sviluppa la giornata di un produttore (di un musicista, di un editore, di un discografico, di un direttore di live club…) in queste giornate di quarantena?
• come vedi il tuo lavoro – e il mondo della musica in generale – dopo questa epidemia?
Ecco le loro risposte.
SONDAinPILLOLE: Carlo Bertotti
SONDAinPILLOLE: Roberto Trinci
SONDAinPILLOLE: Nicola Manzan
SONDAinPILLOLE: Giampiero Bigazzi
SONDAinPILLOLE: Luca Fantacone
SONDAinPILLOLE: Marcello Balestra
SONDAinPILLOLE: Marco Bertoni
SONDAdaCASA
PAOLO G.: ORDINARY MAN
MORIEL: SALVAMI
ALICE SACCHI: CAREZZA
ANDREA LORENZONI: SFIDE VELODROMICHE SUL KILIMANGIARO
PANDOREA: NIRVANA
DAVIDE PANCETTI: SERENATA A PRIMAVERA
OGNIBENE: CINQUE ANNI
MAY GRAY: CHIEDIMI ANCORA
CESARE AUGUSTO GIORGINI: TUTTO DA RIFARE
QUID: SALVAMI ADESSO
AABU: SI PUO’ SBAGLIARE ANCORA
ALEX “AKCEL” FILIPPETTI: NIGHT OUTSIDE
LE FRAGOLE: STREGA IMPALATA
HOTEL MONROE: NUOVI MONDI
MACOLA & VIBRONDA: LA ROULOTTE
RICCARDO MAZZY MASETTI: E ADESSO DORMI
LE PICCOLE MORTI: INTERFUIT
MATTEO POLONARA: Muto
I pensieri dei valutatori: Marcello Balestra
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Mi affido solo all’anima vera di musica e artisti
Quando ero ragazzino e incontravo qualcuno per la prima volta, una delle prime domande reciproche era: “Ma tu che musica ascolti?” Era la fine degli anni 70, ma così anche negli anni 80 e primi 90, anni nei quali si dava per scontato che la musica si ascoltasse con attenzione, come la lettura di libri o la visione di film d’essai. E in effetti era così, la musica era l’argomento per conoscersi e per partire ad elencare gli ultimi dischi comprati, le cassettine registrate dalla radio e i concerti vissuti. Ci si scambiava la musica, prestandosi vinili sperando di riaverli indietro in buono stato. Ricordo che si parlava ore ed ore di ogni genere e specie musicale, senza esporre trofei o scoperte, ma parlando di emozioni e della qualità di canzoni, di artisti e di musicisti. Oggi se non ascolti musica sei considerato come minimo un retrogrado, un pirla, ma se devi dire cosa ascolti diventi in un attimo la Treccani delle sigle, dei nomi, di canzoni orfane di album, ossia di singoli e singoli che sono come zattere per artisti in mezzo all’oceano della musica globale.
Poi fatto l’elenco di sigle e di nomi della musica di oggi, ti accorgi che nessuno approfondisce, nessuno dà un valore emozionale ai brani o agli artisti, tutto perché le stesse piattaforme di streaming ci portano a sentire di tutto senza sosta e senza chiederci altro, se non di seguirli all’infinito, nel loro algoritmo ipnotico, amico e trappola. Una volta il mondo era “finito”, ossia aveva confini e c’erano le aree protette, dove si faceva musica, dove si viveva in musica, dalla cantina allo stadio, ma tutto questo ricordare a cosa serve? L’oggi si racconta con l’oggi, mentre l’altro ieri a mio parere si racconta con gli artisti e le canzoni che sono arrivati fino ad oggi, nonostante l’oggi. Ed ecco che se ti incontro oggi e siamo negli anni 70 ti rispondo che ascolto le canzoni facili come “Ramaya” e “Yuppi du” ma anche Beatles, Stones, Deep Purple, Ac/Dc, Queen, Pink Floyd, Carosone, Dalla, De Gregori, Daniele, Battiato, Bennato, Janis Joplin, Genesis, ossia tutta la musica che si ascoltava in casa Balestra e dintorni, ma ti direi che le mie canzoni preferite erano quelle orecchiabili, quelle che canticchiavo e fischiettavo.
Poi a cavallo degli anni 80 ti direi della passione per il cantautorato italiano, per Dylan, Peter Gabriel, U2, Dire Straits, Prince, Neil Young, Brian Eno, che hanno preso il sopravvento, ma sempre e principalmente per le loro canzoni o musiche più facili. Poi nell’83 nelle vesti di improbabile dj estivo ho preso gusto per la dance fine 70 e inizio anni 80, impazzivo per il funky e poi per la musica di Michael Jackson. Da lì ho iniziato a scegliere e a infilarmi anche in brani secondari, in quelli che devono dire qualcosa anche senza essere tanto pop o top. Salvo eccezioni ho sempre amato più le canzoni che gli artisti, credendo che un racconto vale più del narratore, anche se il narratore fa la differenza con il suo stile e lo riconosci in eterno tra milioni.
Quindi “mi sono fatto juke box” di migliaia di brani senza sposare album, salvo alcuni album che ho vissuto e consumato completamente ancora prima di iniziare a lavorare con Lucio Dalla e sono: “Foxtrot” dei Genesis, “Purple rain” e seguenti di Prince, “Off the wall” e seguenti di Michael Jackson, e “So” di Peter Gabriel, “Terra mia” di Pino Daniele, “Ci vuole orecchio” di Enzo Jannacci, “Zenyatta Mondatta” dei Police, “Making movies” dei Dire Straits, “Come è profondo il mare”, “Lucio Dalla”, “Dalla” e “Qdisc” di Dalla, tutti gli album di Mike Oldfield e dei Pink Floyd. Poi iniziando a lavorare nella musica a metà anni 80 ho approfondito la mia attenzione verso il repertorio italiano, sia pop che alternativo. Leggevo ogni rivista musicale e ascoltavo tutte le radio, ma non ho mai colto una tendenza o una linea editoriale, il mio interesse era per l’ascolto di canzoni e artisti. Ho assistito a concerti di ogni genere, ma quello che mi ha cambiato la vita e che ricordo con gioia e memoria palpitante è quello di Prince del 1987 a Milano. Da quel concerto che vidi insieme a Dalla, capii tante cose. La musica che ascolti è tutta utile alla crescita umana ed eventualmente professionale, ma le persone capaci di farti entrare nelle canzoni e nella musica che stanno vivendo, nel mood trascinante e definitivo dell’estasi che stanno provando e che puoi vivere attraverso la musica suonata e cantata con l’anima e il genio talentuoso che gli è stato donato, sono le uniche per le quali ho nel tempo capito e deciso che vale la pena di essere fan o discepolo. Da quel momento avendo a fianco, anzi essendo io a fianco di un mostro sacro come Dalla non facevo certo fatica ad accettare la straordinarietà del suo genio artistico, a subirne il carisma, come quello dei veri grandi della musica mondiale. Il problema era distinguere tra la bellezza e qualità tecnica del miglior repertorio di successo nazionale ed internazionale e la visceralità e la verità di canzoni e artisti di ogni genere e paese.
Anche a causa dell’avvicinarsi al successo di tanti artisti mediamente veri (mio parere), ho deciso di seguire solo le “persone” che facevano capire al pubblico il loro bisogno irrinunciabile di utilizzare le canzoni per raccontarsi per quello che erano, nonostante il business chiedesse loro di mantenere un livello di bellezza commerciale superiore alla verità da raccontare. Questo spiega la mia mancata vicinanza ad artisti intransigenti e puristi, alla ricerca dell’espressione dell’arte assoluta, ma spiega anche il mio amore assoluto per le persone-artisti che utilizzano o hanno utilizzato il linguaggio musicale, testuale, vocale, viscerale, fisico, emotivo, melodico ed umano per far arrivare al pubblico ciò che erano o sono veramente, utilizzando il mezzo musica o canzone per esprimere la loro costante e inarrestabile umanità, densa di tensioni e di intuizioni captate con le antenne di chi è collegato all’universo, ai segnali che arrivano a chi è in ascolto e quindi non solo per esigenze di status, di mercato e di popolarità. In fondo sono sempre stato il fan di nessuno, se non umile ascoltatore di musica e canzoni di chi ha le sembianze di donatore di umanità, di energia, di umiltà e di estro espressi per bisogno e per natura, ad ogni concerto e in ogni momento della loro esistenza. Sì, per lavoro ho ovviamente prodotto anche tanto pop di artisti “normali”, ma un conto è innamorarsi, altra cosa è scegliere per il pubblico, del quale per fortuna faccio parte e grazie a questo sono riuscito a parlare di musica con tutto il pubblico del mondo. Ho comunque imparato ad ascoltare fino all’ultima traccia di tutti, senza avere preferenze o pregiudizi, con l’ambizione di lasciarmi sorprendere dalla normalità e dalla genialità musicale comprensibile a tutti e non quella per pochi eletti in grado di decifrare codici e mondi musicali segreti.
Buona verità musicale a tutti.
I pensieri dei valutatori: Marco Bertoni
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Radio, dischi, riviste, concerti. Ho iniziato a suonare intorno agli 11 anni, spinto da curiosità per questi organi Farfisa che avevano due tastiere, la pedaliera dei bassi e una batteria elettronica con ritmi ed accompagnamenti preprogrammati su diversi generi musicali: samba. cha cha. swing…
Mio padre me ne regalò uno e questo fu il primo strumento della lunga serie che invase la mia camera da allora in poi.
Poi il pianoforte, le lezioni di pianoforte, poi l’Istituto Nazionale di Studi sul Jazz a Parma con Franco D’Andrea (istituto gratuito e pubblico) per imparare armonia. Quindi un percorso fatto di hardware (gli strumenti) e software (la passione, l’interesse, il piacere).
Sicuramente elementi che hanno supportato e alimentato questo amore per la musica, prima come ascoltatore poi come musicista compositore e produttore
sono stati appunto la radio, i dischi, le riviste, e i concerti.
La radio era una radiolina portatile a pile che ascoltavo in terrazza d’estate e i programmi erano solo quelli della RAI. Amavo le canzonette e ricordo “Crocodile Rock” di Elton John, “Sugar Baby Love” dei The Rubettes. Inutile dire che il tipo di selezione e di fruizione era completamente diverso da quello che hanno i giovani ora, vabbè l’ho detto…
I dischi erano proprio i dischi, cioè soprattutto i vinili lp che si compravano in 2/3 negozi a Bologna (negozi che non ci sono più: Nannucci, La coja, La casa del disco) anche se il primissimo 45giri l’ho comprato in un negozio di elettrodomestici sotto casa ed era ‘Come together’ dei Beatles, avevo 8 anni e alla radio avevo sentito questa musica con questi tamburi particolari…e poi ‘Venus’ degli Shocking Blue”, “Chirpy chirpy Cheep Cheep’ dei Middle of the road, ma questa era già del 71. Tutti vinili suonati rigorosamente dal mangiadischi Lesa bianco e rosso portatile e a pile.
Quindi, in ordine: la radio nelle trasmissioni di canzonette della RAI, i 45 giri, poi l’organo, la musica suonata in camera. Dopo andando alle superiori inizio a suonare in un gruppo, vado a vedere i concerti e leggo le riviste specializzate (CIAO2001 anche se più tardi arrivarono Musica 80 e Rockstar e Popster).
Crescendo gli episodi che vorrei fissare sono due. Due concerti gratuiti tenuti nel corso di una rassegna estiva presso il Parco della Montagnola di Bologna, non saprei dire che anno precisamente, ma sicuramente seconda metà degli anni ’70.
Ero proprio un ragazzino e mi meraviglio che mi fosse permesso di uscire così tardi per andare così a zonzo…ma insomma: Enrico Rava e la sua tromba in trio (o in quartetto) e poi un’altra sera Frederic Rzewski con un concerto per piano solo. Ricordo Rzewski suonò alcune variazioni di ‘El pueblo unido, jamás será vencido’ e un pezzo di (credo) Braxton. MERAVIGLIA E STUPORE: Non capivo niente, in fondo non mi interessava sapere niente, solamente ricordo che sentivo la magia che sprigionavano queste esecuzioni e queste musiche, decidendo proprio lì che la musica sarebbe stata dentro la mia vita.
Questo facilitò e confortò il naturale passaggio da ascoltatore a musicista.
Sentire dopo qualche anno la conferenza che Brian Eno tenne nella Sala dei 600 a Bologna fu per me una conferma. Sentire Eno che parlava della assoluta fondamentale importanza della registrazione multitraccia, e del “suonare lo studio di registrazione” era esattamente quello che in quei giorni con Gianni Gitti stavo facendo per registrare il mio disco “18/8/81”. Quella descritta da Eno era per noi una prassi creativa molto istintiva naturale e, insomma, c’eravamo anche noi ed era appunto il 1981 e avevo già 20 anni.
Già dal 1978 suonavo con il Confusional Quartet , a Bologna era tutto veloce in quello scorcio 1978/1981 (suonare in un gruppo e trovarsi adolescente davanti a migliaia di persone in Piazza Maggiore, alla Bussola a Camaiore, in vari palazzetti dello sport e locali in giro per l’Italia), sembrava tutto naturale e sequenzialmente normale.
Ma frequentavo la seconda superiore, anni prima, quando andai al primo concerto che vidi dal vivo: il Banco del Mutuo Soccorso al MAC2 tra Modena e Bologna. Nelle radio arrivarono anche le frequenze delle radio libere, e non si ascoltavano più canzonette, ma si ascoltavano gli Area de ‘La mela di Odessa’, i Suicide di ‘Cherie Cherie’, Vasco Rossi di ‘Albachiara’ e la nostra ‘Volare’ tutte mescolate insieme come se fosse normale.
Oltre le occasioni casuali, sono importanti anche i nomi e le persone. Mio padre che mi comprò i primi strumenti musicali, Stefano che mi fece innamorare nel 73 dei Genesis (disco basilare nei miei ascolti di allora “The lamb lies down on Broadway), e Luca che mi consigliò di ascoltare gli Area e i Suicide. Bang.