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Category Archives: sondascolta

ELLEN RIVER: Life

Un doppio album che contiene la gioia di vivere, suonato e cantato da una artista emiliana che sembra nata nelle praterie statunitensi, spostandosi giorno dopo giorno nelle lunghissime highway che solcano gli States. Un anno di lavoro che ha prodotto 27 canzoni e in un mondo votato alla velocità ipersonica di consumo dell’intrattenimento può apparire come una montagna insormontabile. Invece. Invece, ti metti all’ascolto e vieni rapito dalla voce di Ellen River, dalle melodie, dalla voglia di rinascita, dalla gioia di guardarti allo specchio anche oggi mentre pensi che la felicità è nei piccoli momenti, nei piccoli gesti, nel sorriso che incroci quando meno te lo aspetti. “Life” è un disco rock, blues, soul, country, bluegrass, insomma quello che volete sentirci dentro. “Life” è un disco che ha un respiro internazionale da far paura. “Life” è un disco che ti coccola. “Life” è un disco che ti accompagna. “Life” è un disco maledettamente bello. Uno di quei dischi per cui vale la pena “perdere” del tempo ad ascoltarlo. La frenesia del consumo non appartiene a questo doppio album.

TREZERO: Muthant meets Trezero

I Trezero hanno incontrato sulla loro strada Muthant che ha remixato alcune canzoni del loro album “L’assurdo e tu” del 2021. I Trezero sono artisti modenesi che da tempo si muovono sotto le vesti di musicisti, produttori e arrangiatori. Nella loro musica vive il dark e il rock anni Ottanta ma anche il trip hop e l’ambient. Alla voce in alcune tracce c’è Elisa Meschiari, mentre nella line-up ci sono “vecchie” conoscenze del panorama emiliano, attivi come Thelema o Anubi. In questi quattro brani un’atmosfera che riporta al passato si scontra con soffi elettronici che danno ai brani una veste particolare.

STRANO: Usb 4.3

Michele Perri, in arte Strano, ha pubblicato il suo primo album. Otto brani originali, che hanno come filo conduttore l’amore e tre canzoni famose. Il titolo è l’acronimo di “Un Sogno Bellissimo” (il terzo pezzo in scaletta), mentre 4.3 indica la data di uscita, il 4 marzo ma anche l’età di Strano, che ha deciso di dare una svolta alla sua vita e dedicarsi alla sua passione: la musica. Nel disco si parla di flirt, passione, innamoramento, consolazione, conforto e sconfitta. Tra le cover c’è When it’s time dei Green Day, uno dei punti di riferimento di Strano ma anche Questo piccolo grande amore. Pop a volte venato di blues, che ti porta a volteggiare pensando alla tua anima gemella. Ovviamente, la scaletta  si chiude con il rifacimento di 4 marzo 1943, un sentito omaggio al grande Lucio Dalla.

ALESSANDRO DEAN: Dio

Alessandro Dean afferma che si ispira ai Twentyone Pilots, Linkin Park, Rammstein, Joji e Sxrrxland. Bene, prendete questi nomi legateli insieme e cominciate l’ascolto del nuovo singolo Dio, la storia di una coppia che cresce in un orfanotrofio fino alla prima età adulta, quando il loro rapporto diventa “tossico”. Il pezzo s’infila nei disturbi mentali, il suicidio, l’abuso di sostanze, le relazioni di coppia che racchiudono la difficoltà (a volte) di interagire col prossimo. Un velo di dolore si stende sul brano ma alla fine un raggio di speranza si può intravedere all’orizzonte. A proposito del genere musicale, siamo dalle parti dell’alternative pop, trip hop, conscious rap ma anche altro.

FLORILEGIO: Sogno abissi notturni

Florilegio è Matteo Polonara, cantautore di Ancona che da alcuni anni si è perso sotto i portici di Bologna. “Sogno abissi notturni” è un concept album che racconta una giornata, un disco di pop psichedelico, che nasconde dietro ad una solarità di fondo le incertezze della vita, le annose domande che ci accompagnano lungo il corso della nostra esistenza. Ad un primo ascolto Florilegio ricorda Fabio Concato, forse per la voce, forse per la malinconia che alleggia sui brani. Florilegio parla con chi vive in Piazza Maggiore a Bologna, preparare un soffritto, racconta di diversità, fragilità e quella solitudine che nell’era dei social è un qualcosa che non si può concepire. Tra le sue influenze cita: David Bowie, Lou Reed, Mac deMarco, Enzo Carella, Lucio Battisti, Post Nebbia, Colombre, Lucio Corsi. Un viaggio che attraversa una giornata. Perché anche un solo giorno può segnarti per sempre.

PIGNA: Non ci sto

Pigna è una “vecchia” conoscenza della scena musicale di Modena. In attività dalla fine degli anni Novanta, si è sempre cimentato tra rock, pop e funk. I brani all’inizio erano scritti in inglese per poi passare a liriche in italiano, diventando contemporaneamente un autore per diversi giovani artisti italiani e stranieri. Dopo una pausa durata fino al 2009 ha cominciato a lavorare ad un primo album in solitaria intitolato “Globalizzamore”. Durante il lockdown, insieme a Marco Bellucci, ha deciso di riprendere in mano i pezzi scritti fino al 2016 per ridare nuova vita a queste canzoni anche grazie a fresche collaborazioni. “Non ci sto” è il risultato di questo lavoro, che affronta problematiche sociali e d’amore, racconta l’amicizia e la vita. Un disco di pop rock dagli arrangiamenti solari che sprigiona positività. Pigna sta lavorando già al terzo album. Intanto c’è “Non ci sto” da consumare ascolto dopo ascolto.

BAINMASS: Moon Phases

Nuova pubblicazione per Bainmass, nato a Ercolano dove ha iniziato a suonare il basso e poi è rimasto folgorato dall’hip hop, decidendo di acquistare un campionatore e una montagna di vinili. Ex membro della Fetish Funk e 20 Dita Crew e recentemente Beatfonics, ha preso parte a diverse raccolte di beatmakers italiani. L’album si ispira all’idea di movimento, alle fasi che cambiando producono connessioni diverse. Un lavoro che copre uno spazio temporale di due anni. Hip hop strumentale. Rap senza rime. Funk dai bassi profondi. Old school che scruta la new school e decide di rimanere al calduccio di beat sicuri e potenti. Una colonna sonora per un film dove il protagonista si muove con passo felpato per le strade di una metropoli che conosce a menadito. Pochi scalini, una porta che si apre ed una pista da ballo dove scatenarsi. Al mixer c’è Bainmass con i suoi pezzi.

DIVINAE MIRANDA: Bolo by fight

Un singolo di debutto che è un manifesto programmatico. Da Bologna una piccola “rivoluzione musicale finalizzata all’abbattimento dell’industria musicale” (lo dicono loro). Un progetto che “punta a rinnovare la scena Itpop eliminando le stantie chitarre acustiche e imbracciando la Digital Audio Workstation come nuovo strumento di lotta di classe direttamente da Via Stalingrado” (lo dicono sempre loro). Il brano inizia con queste parole: “Odio i borghesi del centro, odio la vita da accampamento. L’inquilino del piano di sotto che canta Calcutta alle quattro di notte e poi odio le tasse di soggiorno, il permesso la sera, l’affitto di giorno, il cemento bagnato”. Boom. Un pezzo nato e pensato in un sottoscala a Bologna affittato a 600 euro al mese dove il mondo è il cielo in una stanza. Musica catchy per la rivoluzione 2023. Un brano da cantare su un autobus zeppo di gente mentre l’autista frena di colpo perché è rimasto incollato su una gettata di asfalto fumante. Ma non si può scendere e il Natale non potrai trascorrerlo con i tuoi. Peccato sarà per il prossimo anno.

ANDREA CAPPI MULTIBOX: Eleven tokens

Un progetto che cavalca i generi musicali dall’improvvisazione all’electro rock. Un disco che mette in tavola jazz moderno e rock dove un aspetto non prevarica sull’altro. Il progetto vede all’opera Andrea Cappi (tastiere e composizioni, il capitano della squadra), Emiliano Vernizzi (sax tenore ed effetti), Stefano Galassi (basso elettrico) e Riccardo Cocetti (batteria). Ogni componente arriva da precedenti e contemporanee esperienze artistiche che spaziano dai Molith Grows alle collaborazioni con Mario Biondi, Negramaro e Ligabue, fino alle docenze ai Conservatori di Parma e Cesena. Tornando al disco, che propone una scaletta di sei brani, c’è un tocco di velluto a coste che avvolge l’ascoltatore. Scatole musicali che chiudono o si aprono l’una sull’altra. L’album è stato concepito in pieno lockdown (primavera 2020) e sembra voler essere un cancello che si apre verso la fuga. Composizioni che scalpitano per respirare aria fresca, che vogliono sdraiarsi su un prato verde e osservare il cielo azzurro.

PANDOREA: Il velo di Maya

Le Pandorea sono una band rock di Modena che gioca con il pop, l’alt-rock e il metal in ugual misura. Testi in italiano per non dare adito a nessuna strana interpretazione ma anche in inglese. In questo singolo, hanno debuttato con l’ep “XX”, le musiciste prendono il pensiero filosofico di Schopenhauer, l’illusione che impedisce al genere umano di fare esperienza dalla realtà che lo circonda. Uno strato di menzogne che annebbia la mente. La band, però, cerca di lanciare un grido d’allarme: bisogna aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà, anche se non è come pensiamo che sia. Il brano ricorda il lavoro di gruppi come Evanescence, o Paramore e rotola che è un piacere. Un perfetto compromesso tra rock arcigno e pop. Complimenti, adesso dovete “solo” suonare dappertutto, macinare chilometri su chilometri e costruire una fan base agguerrita.