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SONDAheart – Il podcast. S2/Ep2: Daniele Rumori

Seconda puntata del nuovo podcast SONDAheart.
L’ospite di oggi è Daniele Rumori, direttore artistico del Covo Club di Bologna e, in passato, fondatore e deus ex machina della Homesleep, importante etichetta indipendente italiana attiva negli anni 2000.
Ascolta questa puntata se vuoi sapere:
• quale è il ruolo di un’etichetta nel 2022
• coma fa una band emergente a suonare al Covo
• le richieste più assurde degli artisti che il Covo ha ospitato

Guarda il video su Youtube

Ascolta il podcast in versione solo audio su Spotify

I pensieri dei valutatori: Daniele Rumori

La pandemia ha inferto un duro colpo alla musica, intesa non solo come arte ma anche nelle sue vestigie commerciali. Abbiamo chiesto ai nostri valutatori una riflessione sulle criticità nate in conseguenza a questo stato eccezionale. Uno sguardo che passa attraverso gli occhi di produttori, discografici, direttori artistici, musicisti.

Mentre sto scrivendo questo articolo sono passati quasi 9 mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria che, tra le altre cose, ha devastato il nostro settore. E dopo nove mesi siamo ancora da capo: non abbiamo nessuna certezza sul nostro futuro. Non sappiamo né quando potremo ricominciare, né con quali regole. Dopo aver passato mesi a ragionare con i miei soci sul futuro del nostro amato Covo e su come ripartire, ora siamo concentrati soprattutto sul presente: bisogna trovare un modo di sopravvivere.

A metà febbraio 2020, dalle parti di Viale Zagabria 1 a Bologna si poteva percepire un clima di assoluto entusiasmo. Eravamo reduci dal meraviglioso concerto sold out degli Explosions In The Sky al Teatro Duse, da lì a poche settimane avremmo ospitato di nuovo i nostri amati Ash tra le mura del Covo, ed il finale di stagione si prospettava come uno dei migliori di sempre grazie anche a concerti come Ezra Furman, Italia 90, Boy Harsher e soprattutto Mark Lanegan. Non solo, piano piano stava prendendo forma quello su cui stavamo lavorando già da più un anno: un festival autunnale per festeggiare i primi 40 anni del Covo Club. Con un 50% di artisti confermati, proprio in quei giorni stavamo scegliendo il logo e cercando di capire quando sarebbe stato opportuno iniziare a fare i primi annunci.
Tutto questo fino al 23 Febbraio, giorno in cui, con un’ordinanza regionale, sono stati sospesi gli eventi musicali al chiuso. In quel momento, la nostra preoccupazione più grande era, banalmente, che saltavano gli Ash già sold out. Solo dopo qualche settimana avremmo capito che la nostra vita sarebbe cambiata radicalmente.

In questi nove mesi abbiamo:
• spostato, ri-spostato e spesso cancellato decine e decine di concerti.
• partecipato a mille tavole rotonde virtuali dove abbiamo provato a confrontarci con altri operatori ed anche con la politica. Spesso, purtroppo, con scarsi risultati.
• sentito le stesse persone dirci ad aprile che “il settore culturale andava completamente riformato perché nulla sarà come prima”, e poi a giugno che “in autunno si tornerà alla normalità e tutto sarà come prima, basterà indossare la mascherina nei luoghi al chiuso”.
• constatato di avere un governo che sul nostro settore ci ha capito poco o nulla.
• provato a ripartire seguendo rigidissimi protocolli, portando la nostra capienza a 46 persone sedute. Abbiamo comprato le sedie e fatto i lavori per permettere la giusta areazione dei locali. Abbiamo messo insieme una programmazione grazie ad artisti “amici” (che tanto ci fanno divertire), disponibili a suonare anche per una manciata persone. Non è bastato, ci siamo dovuti fermare di nuovo, una settimana prima di riaprire.

Al di là di tutto quello fatto o non fatto, abbiamo capito una cosa: in questa strana epoca non si può fare nessun programma, perché ogni giorno possono cambiare le regole. Ecco, PROGRAMMARE è l’essenza del nostro lavoro. Oggi è diventato impossibile farlo.

Quindi? Che si fa? Prima o poi si dovrà ripartire, e quando sarà il momento sarà necessario ripartire dal basso, dagli artisti locali, dalle bands di quartiere e delle scuole. Dovremo essere capaci di creare nuove scene musicali. Dobbiamo provare a vederla come una grande opportunità per porre le basi per un nuovo futuro della musica indipendente nel nostro paese.
Inoltre, voglio pensare che si ripartirà dalla voglia di stare insieme delle persone. I live club, che negli ultimi anni avevano un po’ perso il loro ruolo di centri di aggregazione, potrebbero tornare ad essere protagonisti della vita sociale delle persone.
Quanto ci vorrà non lo so, nel frattempo faremo quello che noi italiani sappiamo fare meglio: improvviseremo e cercheremo di sopravvivere.

Incontri con i valutatori 2020

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; i partecipanti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

Gli incontri 2020, nel rispetto delle normative igieniche legate all’emergenza Covid, avranno una modalità di accesso leggermente diversa.
Potranno partecipare al massimo 30 persone per ciascun incontro (di conseguenza chiediamo alle band di mandare un solo componente) registrandosi attraverso un modulo on line (il login dovrà essere effettuato con un account Google/Youtube/Gmail).
Unitamente ai dati occorrerà inviare il brano che verrà ascoltato durante l’incontro. In questo modo eviteremo il passaggio di cd, chiavette usb, ecc…
Coloro che si iscriveranno riceveranno l’eventuale conferma di partecipazione via email all’indirizzo indicato, compatibilmente con il numero di posti disponibili.
E’ richiesto a tutti i partecipanti di essere presenti dall’inizio dell’incontro alle ore 14.
Chiediamo di comunicarci tempestivamente eventuali rinunce in modo da consentire ad altri di partecipare

Gli incontri del 7 e 28 novembre sono stati entrambi rimandati come da disposizioni del DPCM del 24/10/2020 e verranno riprogrammati appena possibile.

I pensieri dei valutatori: Daniele Rumori

Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.

Tutto è iniziato un po’ per caso, e come sempre la colpa è delle cattive compagnie. Se ho dedicato gran parte della mia vita alla musica lo devo a 3 persone specifiche: i miei cugini Paolo e Matteo Agostinelli e a Francesco Paolo Chielli che poi sarebbero diventati 3/5 degli Yuppie Flu. La band per il quale ho deciso di diventare un discografico. Sono le persone che più ho frequentato nella mia tarda adolescenza e sono quelle che mi hanno fatto scoprire il magico mondo dell’indie rock. Tutto è iniziato alla fine di una gita scolastica nel 1994. Raccattando la mia roba prima di scendere dal pullman, per errore ho preso una cassetta di Paolo che veniva in classe con me. Il giorno dopo, spingendo il tasto play del mio walkman mi si è aperto un mondo. Stavo ascoltando qualcosa che mi travolse, non avevo mai sentito nulla di così strano e cool allo stesso tempo. Chiamai subito Paolo che mi disse che quelli erano due dischi che gli aveva passato suo fratello: Transmissions from Satellite Heart dei Flaming Lips e “Crooked Rain Crooked Rain” dei Pavement.
Matteo era più grande di noi di 5 anni, aveva una marea di dischi ed era sempre stato super appassionato di musica. Francesco era il suo migliore amico, aveva un anno più di lui ed insieme suonavano in diversi progetti musicali. A quell’età, 5/6 anni di differenza sono un’enormità. Io e Paolo eravamo poco più che bambini e facevamo ancora le superiori. Matteo e Fra erano già grandi, si godevano la vita tra serate fuori, skateboard, concerti, ragazze e sbronze epiche. Spesso, però, ci trovavamo tutti e quattro nello stesso posto, ovvero nella casa dei miei cugini, dove io andavo per studiare con Paolo, Francesco per suonare e cazzeggiare con Matteo. Una marea di giornate passate insieme, in cui i più grandi ci hanno fatto scoprire gruppi come Sonic Youth, Pavement, Built to Spill, Beck, Nirvana o Pixies. Giornate in cui passavamo ore a guardare videocassette di Alternative Nation, programma di MTV che allora passava di notte sulle frequenze di TMC. Condotto dal mitico Toby, Alternative Nation trasmetteva i video e le interviste ai gruppi indie del momento. Li guardavamo e riguardavamo all’infinito.
Ma non solo, quando andavo a casa dei miei cugini leggevo avidamente le riviste musicali di Matteo. Ecco che così magicamente avevo la possibilità di ascoltare i dischi di mio cugino e allo stesso tempo di approfondire ed ampliare le mie conoscenze musicali grazie alle recensioni ed interviste di Arturo Compagnoni, Cesare Lorenzi e Federico Ferrari su Rumore. Quanti gruppi ho scoperto grazie a loro! Sempre attraverso Matteo ho scoperto Blow Up, che all’epoca ancora una fanzine in bianco e nero, distribuita solamente in qualche negozio di dischi. Si trattava di una vera bibbia per chi ascoltava un certo tipo di musica. Non c’era nulla di commerciale e le copertine erano davvero controcorrente con gruppi come Flaming Lips o Slint. Gli approfondimenti poi erano davvero incredibili, ricordo ancora gli articoli su etichette come Too Pure, sulla psichedelica inglese o sulla scena post rock. Internet non esisteva ancora e quegli articoli erano davvero una finestra unica sul la comunità indie internazionale. Quanti viaggi mentali mi sono fatto immaginando la vita di quegli artisti che amavo, grazie a Blow Up. Ero così affascinato da quel mondo che volevo assolutamente farne parte. Volevo conoscere quelle persone, volevo parlarci. E forse se poi ho fatto il percorso che fatto in ambito musicale, il merito è stato anche di quegli articoli.
Nel 1998 Matteo, Francesco ed io decidemmo di fondare un’etichetta discografica. Gli Yuppie Flu stavano per uscire con il loro secondo album. Avevano già una proposta interessante da parte della romana Flop Records, ma volevano seguire tutto il processo produttivo in prima persona. E visto che ero l’unico del gruppo di amici che non faceva parte della band, mi chiesero di occuparmene in prima persona. Venivamo da una piccola città come Ancona, e naturalmente non avevamo la minima idea di come funzionasse il mercato discografico. Ma eravamo abbastanza incoscienti da volerci provare. L’idea su come impostare l’etichetta me la diede un viaggio a Londra. Durante il soggiorno della capitale inglese passavo gran parte del nostro tempo nei negozi di dischi per cercare tutto quello di cui avevamo letto e che non era semplice trovare in Italia. Tornai a casa con un sacco di dischi, molti dei quali di bands (ed etichette) non inglesi: i tedeschi Blumfeld e Notwist, gli svedesi Komeda, gli spagnoli El Inquilino Comunista, gli svizzeri Sportsguitar. Mi piaceva un casino scoprire le scene “indie” dei paesi non anglofoni, ed ero affascinato dal fatto che quelle band erano riuscite ad arrivare nell’impenetrabile mercato britannico.
Ecco la nostra etichetta doveva avere due obiettivi: produrre gruppi italiani “esportabili” e ed avere appeal per gli indie-kids anche al di fuori del nostro paese.
Fu così che nacque Home Audioworks, che ben presto si trasformò in Homesleep, grazie all’ingresso di un nuovo socio: Giacomo Fiorenza. Gli anni dell’etichetta mi hanno permesso di viaggiare molto, soprattutto in tour con le nostre bands: centinaia di concerti in Italia ed all’estero con bands Yuppie Flu, Giardini Di Mirò, Fuck, Trumans Water. Tanto divertimento e tante storie da raccontare. Ma soprattutto la visione del mondo dei dei concerti dall’interno. Da li nacque l’idea di iniziare ad organizzare qualche concerto al Covo Club, i cui gestori dell’epoca erano amici. Iniziai con i release party dei gruppi di Homesleep, ben presto però l’appuntamento divenne mensile e le band che chiamavo erano soprattuto straniere, quasi sempre alcuni dei miei gruppi preferiti. Non ci volle molto tempo prima che i ragazzi del Covo mi chiedessero di entrare a far parte dell’organizzazione del locale. E dopo 15 anni sono ancora li.
Mai avrei sognato da ragazzino di lavorare gran parte della mia vita all’interno del mercato musicale. Certo, ho sempre amato la musica, ma non ho mai avuto velleità artistiche ed ho sempre sofferto un po’ la luce dei riflettori. Forse anche per questo alla fine ho sempre avuto dei ruoli “dietro le quinte”.
Ringrazierò sempre il destino per avermi fatto scambiare quella cassetta. E ringrazierò i miei amici di sempre per avermi fatto scoprire il magico mondo della musica indipendente. Dal caso è venuta fuori una vita che amo e che rivivrei esattamente nello stesso modo. Almeno per questi primi 42 anni.

I pensieri dei valutatori: Daniele Rumori

Nuovi negozi di dischi stanno aprendo un po’ dovunque. Il vinile è tornato ad essere un supporto amato ed acquistato. Ai concerti si registrano sold-out ad un ritmo vertiginoso, mentre i talent e il Festival di Sanremo macinano share da capogiro. Sono segnali di una ripresa o di una imminente apocalisse? Ecco cosa ne pensano i valutatori di Sonda.

Anche se la mia esperienza da discografico si è chiusa nel 2010, continuo a seguire con passione quello che succede nel mondo della discografia. Per questa ragione, quando leggo commenti entusiastici sulla “rinascita del vinile”, ho sempre parecchi dubbi sulla reale bontà della notizia, soprattutto quando questa viene messa in relazione con un presunto miglioramento dello stato di salute della musica indipendente.

Prima di tutto, infatti, bisogna chiarire una cosa: quella del vinile è una nicchia. La vendita di questi supporti rappresenta solo il 10% del totale dei supporti fisici, meno del 5% se si considera l’intero settore discografico in tutte le sue varianti, compresi servizi di download e streaming.

Inoltre, recenti studi dimostrano come la maggior parte dei vinili (più del 70%) siano acquistati da una categoria ben precisa di utenti, quelli chiamati “superfans”. Si tratta di pochi soggetti che ogni anno spendono una cifra molto più alta della media (circa 500 euro) per comprare un numero abbastanza elevato di vinili (almeno 20 a testa). Sono, nella maggior parte dei casi, dei veri e propri feticisti che cercano soprattutto ristampe, possibilmente in edizioni limitate, e versioni deluxe. Le vendite da questo punto di vista parlano chiaro: l’album più venduto negli Usa nel 2017 è stato Sgt. Peppers dei Beatles. I Fab Four sono anche al secondo posto con Abbey Road in una classifica che vede protagonisti artisti come Prince, Pink Floyd, Michael Jackson, David Bowie, Bob Marley ed Amy Winehouse. Tutti i primi 25 dischi più venduti, inoltre, sono prodotti da major.

I numeri di vendite di vinili delle etichette indipendenti, invece, non sono affatto migliorati, anzi, molte label lamentano un calo proprio dovuto alla presenza sempre più massiccia nei negozi di ristampe di dischi “classici”. Non solo, a causa degli ingenti ordini da parte delle multinazionali, le poche stamperie di vinili rimaste al mondo hanno allungato notevolmente i tempi delle consegne alle etichette più piccole, provocando in molti casi slittamenti di uscite, con conseguenze negative anche sui tour delle band.

Il vinile, dunque, deve la sua piccola esplosione non ad una rinascita del mercato indipendente, ma alla capacità che hanno avuto le grandi etichette, soprattutto major, di trasformare i dischi in veri e propri oggetti da collezione, intercettando sia le esigenze dei fan “completisti”, sia un pubblico nuovo che non considera più il 33 giri come un media musicale, ma quasi un oggetto di arredamento da esporre in casa propria.

Facendo parte della categoria dei feticisti/collezionisti, sicuramente non posso che gioire per questa situazione: nuovi negozi e sempre più dischi disponibili, una vera goduria per quelli come me. Allo stesso, tempo, però, mi rendo conto che non è attraverso l’analisi del fenomeno vinile che possiamo capire dove sta andando il mercato della musica, i dati vanno esaminati nel loro complesso.

Nel primo semestre del 2018, secondo un report della Recording Industry Association of America, per quello che riguarda supporti fisici abbiamo un aumento di vendite del vinile del 12%, di fronte ad un vero e proprio crollo del Cd (-40%). Allo stesso tempo diminuisce in maniera corposa il download a pagamento (-26%), mentre sono definitivamente esplose le sottoscrizioni alle piattaforme di streaming che crescono a ritmi elevati e costanti (quasi +50% in 6 mesi) raggiungendo solo negli Stati Uniti circa 45 milioni di utenti.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, la musica sta diventando liquida. L’industria discografica sta mutando il suo core business: il proprio catalogo non viene più venduto sotto forma di album e singoli, ma viene messo a completa disposizione degli utenti. Si sta superando definitivamente il concetto di possesso per quello che riguarda i dischi, le nuove generazioni sono abituate ad avere a disposizione milioni di canzoni gratuitamente. Siamo di fronte ad un processo irreversibile, che condanna il supporto fisico ad avere un ruolo sempre più marginale.

Inevitabilmente, anche il mondo dei concerti sta mutando di pari passo con quello discografico. La fascia di età che maggiormente partecipa ai concerti coincide con quella che più usufruisce dello streaming. Questo significa che, per chi come me organizza live, stanno cambiando in maniera radicale i parametri per individuare gli artisti che hanno potenziale e che si vuole far esibire nel proprio locale.

Stiamo perdendo tutti i nostri punti di riferimento classici. Non conta più chi distribuisce il disco o chi fa la promozione. Anche una buona o cattiva recensione ormai non ha più nessun peso. Alcuni artisti raggiungono un successo incredibile e riempiono locali senza che nessuna radio o nessun giornale tradizionale si sia ancora accorto di loro. Altri registrano un sold out dietro l’altro senza aver mai fatto un disco e con un repertorio di pochissimi pezzi.

Diventa sempre più difficile orientarsi sui gruppi nuovi. Tutto va ad una velocità pazzesca, e bisogna saper cogliere ogni minimo segnale al momento giusto. Ora bisogna controllare quanti ascolti una band fa su Spotify o se è finita nella playlist di qualche “influencer”. Sono meccanismi molto difficili da cogliere, soprattutto per chi come il sottoscritto ha più di 40 anni.

Sto invecchiando, e quando sono di fronte alla mia collezione di lp ogni tanto penso che forse si stava meglio quando per ascoltare un disco dovevi comprarlo. Quando potevi rischiare di comprare anche un disco brutto, ma poi alla fine non avevi molta scelta e dovevi ascoltarlo per forza, tanto da fartelo piacere. Quando si era sicuri che un concerto andava bene perché era uscita una bella recensione del gruppo su Rumore. Quando i gruppi facevano sold out perché suonavano bene e suonavano bene perché avevano fatto tanta gavetta. Ma nonostante questo non sono nostalgico. Ben venga il progresso, vediamo dove ci porta. Sempre nella consapevolezza che, come diceva George Orwell: “Il progresso non è un’illusione; accade, ma è lento e invariabilmente deludente”.

Incontri con i valutatori 2019

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 16 marzo 2019, dalle 14 alle 18
Incontro con Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); 
Giampiero Bigazzi (produttore discografico), Carlo Bertotti (produttore, autore).


• sabato 13 aprile 2019, dalle 14 alle 18
Incontro con Roberto Trinci (direttore artistico Sony/Emi Music Publishing); Marco Bertoni (produttore, musicista); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia); Marcello Balestra (produttore-editore musicale).

Gli incontri si terranno presso La Torre all’interno del polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.

Le scelte dei valutatori: Daniele Rumori

Daniele Rumori segnala alcuni degli iscritti a Sonda più interessanti tra quelli che sono stati lui attribuiti negli ultimi anni.

Non è stato molto semplice scegliere chi citare per “Le Scelte dei Valutatori”. Questo perchè, fortunatamente, il livello delle cose che ho ascoltato in questo triennio di Sonda mi è sembrato davvero molto alto. Ho avuto a che fare con tanti gruppi di buon livello, soprattutto per quello che riguarda la capacità di scrittura. Allo stesso tempo, però, quasi sempre ho notato dei problemi per quello che riguarda la qualità delle produzioni e delle registrazioni dei brani che mi sono stati sottoposti. Spesso si pensa che avere la possibilità di registrare tutto in casa sia un enorme vantaggio. Purtroppo, invece è esattamente il contrario. Ho ascoltato troppe cose che magari potevano avere un buon potenziale ma che sono state rovinate da registrazioni “fai da te” di bassissimo livello. Per questo vorrei ricordare a tutti, e soprattutto alle band composte da più elementi, che è sempre meglio non avere troppa fretta prima registrare, e di farlo preferibilmente in uno studio vero!
Comunque, tornando a noi, non ho avuto assolutamente dubbi nel voler citare per questa rubrica prima di tutti Davide Bosi. I suoi brani sono quelli che più mi hanno impressionato di tutti quelli che ho mai ascoltato a Sonda. Davide ha una capacità di scrittura davvero super, le sue canzoni sono originali, ben eseguite ed ottimamente registrare. Ballate catchy e sperimentazioni sempre azzeccate. Non solo, andatevi a vedere i suoi video: impeccabili come tutto il resto. Difficile, in generale, trovare prodotti italiani di questo livello, incredibile se si pensa che Davide ha solo 22 anni. Nonostante mi sia trovato di fronte a dei brani quasi perfetti, la sensazione è che Bosi non abbia per niente espresso tutto il suo potenziale.Talento vero. Spero davvero che i miei colleghi valutatori di Sonda, che nella vita sono produttori, discografici ed editori, gli diano una chance.
Un altro talento è sicuramente Giack Bazz. Anche lui singer/songwriter, anche lui capace di scrivere ottime canzoni e di eseguirle alla perfezione. Il tutto supportato da una voce fantastica che il ragazzo riesce a sfruttare al meglio. Si sente che ha qualcosa da dire, e riesce a farlo molto molto bene. Quando ho ascoltato per la prima volta la sua “Childhood dream” sono rimasto semplicemente folgorato. Un pezzo bellissimo ed emozionante, nella migliore tradizione dell’indie rock americano con cui sono cresciuto. Anche lui meriterebbe un’opportunità.
Un altro cantautore che mi ha impressionato è certamente A Tallboy. Il ragazzo ha un dono che hanno in pochi: riesce a scrivere ballate semplici ed essenziali, di quelle che rimangono in testa e non se ne vanno.
Ascoltatevi anche una sola volta la sua “Living in a Car” e vi ritroverete a fischiettarla senza accorgervene anche a giorni di distanza…
Infine, menzione per due bands. Prima di tutto Dea Dea, bravi a realizzare dei brani freschi e ben fatti in italiano, cercando di dire la loro nell’attuale scena musicale in modo originale e senza scimmiottare modelli troppo ingombranti. Tutto molto spontaneo e diretto, sia per quello che riguarda la musica che i testi. C’è davvero del buono. Se dobbiamo dirla tutta, il loro lavoro è, forse, un pochino acerbo. Ma anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una band molto giovane. La strada intrapresa è quella giusta.
Non sono acerbi, anzi danno l’impressione di aver ascoltato tanti dischi i Saint Lawrence Verge. Non si tratta di un gruppo che nasconde i propri riferimenti: la loro musica sembra un vero atto di amore verso la scena new wave/post-punk britannica degli anni 80. La loro “Wings of Oblivion” è una delle canzoni migliori che ho ascoltato attraverso Sonda. Ascoltatela, sono 5 minuti e mezzo strepitosi. E ve lo dice uno che di solito fa fatica ad ascoltare brani che durano più di 3 minuti…

Incontri con i valutatori 2018

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 24 febbraio 2018, dalle 14 alle 18
Incontro con Roberto Trinci (direttore artistico Sony/Emi Music Publishing); Luca Fantacone (direttore marketing Sony Music); Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); Marcello Balestra (produttore-editore musicale).


• sabato 24 marzo 2018, dalle 14 alle 18
Incontro con Giampiero Bigazzi (produttore discografico, musicista); Marco Bertoni (produttore, musicista); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia); Carlo Bertotti (produttore, autore).

Gli incontri si terranno presso l’Off all’interno del polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.

Musica e socializzazione – Daniele Rumori

INPE0387L’anno scorso ho letto un libro molto divertente che si intitola “Modern Romance”. Lo ha scritto uno dei miei comici preferiti, Aziz Ansari, autore/attore tra le altre cose di “Master Of None” una delle serie televisive più intelligenti che mi sia mai capitato di vedere. In questo libro Aziz analizza come siano cambiati i rapporti tra uomo e donna nel corso degli anni. Di come tecnologia, smartphones e social network abbiano radicalmente rivoluzionato la ricerca dell’anima gemella. Fino a poche decine di anni fa, infatti, la maggior parte delle persone si fidanzava con ragazzi/e del proprio quartiere, si sposava e faceva figli molto giovane, tra i 20 ed i 23 anni. Pensiamo ai nostri nonni, o per chi ha più di 40 anni, anche ai nostri genitori. Oggi ci si sposa molto tardi, quasi mai prima dei 30, e spesso si impiegano anni della propria vita per trovare la persona perfetta, usando soprattutto i social network.

La lettura di questo libro mi ha fatto riflettere su come la tecnologia abbia profondamente cambiato anche il ruolo dei locali come quello che da più di 15 anni ho l’onore di gestire.

Mi ricordo di quando avevo 17 anni (1994), vivevo ad Ancona e mi avvicinavo alla musica “indie”. Grazie a riviste come Rumore o Rockerilla scoprivo nuovi gruppi e guardavo con invidia la programmazione musicale che c’era a Bologna. Non solo al Covo, ma in posti storici come Link, Livello 57 e TPO. Sognavo ad occhi aperti di poter, un giorno, godere a pieno di quella incredibile scena musicale. Per questo, quando si è trattato di scegliere che università fare non ebbi dubbi sulla città in cui trasferirmi.

Arrivato a Bologna, ho iniziato a frequentare tutti questi posti sia per i concerti che per la musica che proponevano. Mi ricordo che proprio al Covo c’era un dj (Dedu) che metteva sempre brani bellissimi che non avevo mai sentito prima. Ogni tanto mi avvicinavo per chiedergli che pezzo era quello che stava selezionando, lui mi faceva vedere la copertina del vinile. Se un brano mi colpiva particolarmente, l’obiettivo della serata era quello di memorizzare il nome del gruppo per ricordarselo il giorno dopo, quando sarei andato al Disco d’Oro per trovarne una copia.

Oltre alla musica, però, c’era un mondo fatto di persone che avevano gusti, idee e attitudine moto simili alle mie. Se alle superiori ero considerato un tipo strano dalla maggior parte degli altri studenti, perché magari non ascoltavo Vasco, ora mi ritrovavo circondato da persone simili a me. Ben presto la musica era diventata solo una scusa per frequentare locali in cui andavo soprattutto per socializzare, per incontrare nuovi amici e, naturalmente, conoscere ragazze. Era tutto bellissimo, si viveva la settimana in attesa che arrivasse il weekend per fare il giro di quei luoghi magici.

La mia storia, ma non è troppo differente da quella di tanti ragazzi nati tra l’inizio degli 70 e la metà degli 80. I più giovani, invece, stanno vivendo un’epoca completamente diversa.

Oggi, un ragazzo appassionato di musica di nicchia non deve aspettare di andare in una città più grande per conoscere suoi simili. Può, grazie ai social network, trovarne quanti ne vuole in tutto il mondo. Se si vuole trovare un partner non c’è più bisogno di andare in un luogo fisico, si accede a Tinder. Se si vuole sapere cos’è il brano che sta suonando il dj c’è Shazam. Ed il giorno dopo non devi andare al negozio di dischi per trovarlo, apri Spotify ed ascolti tutto quello che vuoi. Di certo la tecnologia ha migliorato la nostra qualità della vita. Se 20 anni fa mi avessero detto che un giorno avrei avuto tutta la musica che volevo a portata di un click sarei stato la persona più felice del mondo.

Ma l’altra faccia della medaglia è che, in un’era in cui i social network la fanno da padroni, quegli stessi locali in cui tanti di noi sono cresciuti e si sono in qualche mondo formati, stanno perdendo il proprio ruolo sociale ed aggregativo, rischiando di scomparire per sempre. Nella migliore delle ipotesi, il destino di questi spazi è quello di diventare delle mere sale concerti, dove si va per assistere all’esibizione del gruppo e da dove si va via appena finito il live, una tendenza purtroppo già in atto negli Stati Uniti.

Per chi questi posti li ha vissuti intensamente è una prospettiva molto triste, lo so. Per fortuna, però, non siamo ancora arrivati al momento dei rimpianti. Questi club, questi locali in cui conoscere gente, ascoltare musica, godersi concerti, ballare esistono ancora. Provate a frequentarli un po’ di più finché siete in tempo. Perché sono luoghi magici, dove possono accadere delle cose incredibili, quando meno te lo aspetti. Ad esempio a me, lo scorso febbraio, al Covo, in un sabato piovoso in cui non c’era nessun concerto indimenticabile, è successa una cosa che non scorderò mai: ho conosciuto Aziz Ansari!

Incontri con i valutatori 2017

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 18 marzo 2017, dalle 14 alle 18

Incontro con Carlo Bertotti (produttore e autore); Giampiero Bigazzi (produttore discografico, musicista); Luca Fantacone (direttore marketing Sony Music).

• sabato 25 febbraio 2017, dalle 14 alle 18

Incontro con Marcello Balestra (produttore-editore musicale); Marco Bertoni (produttore, musicista);  Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia).

Gli incontri si terranno presso l’Off all’interno del nuovo polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.