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Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024

Il Centro Musica ripropone gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 2 marzo 2024, dalle 14.30 alle 18.30
Incontro con Carlo Bertotti (produttore, autore), Gabriele Minelli (A&R e marketing manager Virgin Music Italy); Roberto Trinci (responsabile artistico Edizioni SonyAtv-Emi).

• sabato 13 aprile 2024, dalle 14.30 alle 18.30
Incontro con Marco Bertoni (produttore, musicista), Luca Fantacone (catalogue director Sony Music); Nicola Manzan (produttore, musicista).

Gli incontri si terranno presso La Torre_71MusicHub – Via Morandi 71, Modena

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

La pandemia ha inferto un duro colpo alla musica, intesa non solo come arte ma anche nelle sue vestigie commerciali. Abbiamo chiesto ai nostri valutatori una riflessione sulle criticità nate in conseguenza a questo stato eccezionale. Uno sguardo che passa attraverso gli occhi di produttori, discografici, direttori artistici, musicisti.

Metafore e similitudini si sprecherebbero, nel tentativo di definire i mesi folli che abbiamo attraversato, e che ancora stiamo vivendo.
Praticamente un anno intero, ormai, e nuovamente una vigilia di “lockdown”, senza che per il mondo della cultura, della musica, del teatro sia cambiato poi molto dal febbraio 2020.
Un anno vissuto in un’apnea lavorativa che sta lasciando tutti sfiniti, ma fortunatamente per noi discografici, ancora con uno stipendio, a differenza di tanti nostri colleghi che lavorano invece sui live, a fianco degli artisti, dietro le quinte, negli studi, davanti ai banchi, sopra ai palchi.
L’incapacità o la non-volontà del settore di “fare sistema” è emersa in tutta la sua contraddittoria evidenza: solo dal basso, e tuttavia sporadiche, sono nate iniziative capaci di spiegare al pubblico quanto l’industria culturale sia certamente intrattenimento, ma generi anche e soprattutto lavoro e risorse.
Sembra davvero che la definizione della parola “bisogno” sia diventata plastica e adattabile tramite esercizi di individualismo quotidiani: ma è sconcertante che, per l’ennesima volta, la componente culturale sia finita in fondo alla lista: dei provvedimenti, delle attenzioni, delle notizie, dei bisogni.
In questo panorama, alcune analisi risultano più semplici o immediate di altre: quelle sul digitale, sui demographics del consumo di musica, sulla predominanza di alcuni generi su altri, sulla palese incompletezza della filiera senza il mondo reale dei live.
Mi piace ripensare alla frase che mi disse un manager col quale lavoro, a proposito del pubblico di ragazzi giovani che ascoltano rap e trap e del comportamento che aveva osservato in loro durante il primo lockdown, con i club chiusi e una marea di nuovi singoli che venivano pubblicati ogni settimana in streaming: mi disse che, senza una vera occasione di confronto e di “ascolto sociale”, i ragazzini sembravano quasi persi, confusi e avevano difficoltà a capire quali dei brani o dei nuovi artisti fossero quelli “davvero fighi”, quelli da ascoltare e da rivendicare come propri, dei quali diventare fan.
Una componente sociale della musica, che è sicuramente possibile declinare anche per altri gruppi d’età e altri generi, e che è sempre fonte di confronto, diversità, ricerca, crescita.
Senza di essa la musica e le altre forme d’arte finiscono inevitabilmente con il ripiegarsi non tanto su loro stesse quanto sui meccanismi di funzionamento più immediati, sui numeri: se funziona, allora è fatta bene; se non genera numeri, non ha valore.
Questa è la mia preoccupazione: che questo periodo ci lasci in eredità una mancanza di punti di vista, un’analisi solamente superficiale, un approccio puramente “industriale”.
Auspico invece un ritorno ai musicisti, alle competenze in studio di registrazione, alla ricerca e allo studio, anche e soprattutto nei generi più ascoltati e consumati: la ricchezza della musica sta proprio nel suo essere materia sviscerata da secoli e tuttavia sempre nuova e sorprendente.
La distruzione è un processo molto rapido, talvolta anche inebriante; la ricostruzione prende invece tempo e richiede energia e coesione di intenti e obiettivi.
La musica deve tornare centrale come tema delle vite di ciascuno di noi, per poter nuovamente ricoprire un ruolo nobile nelle conversazioni culturali e di cronaca, e tornare ad essere la soddisfazione di un bisogno primario dell’uomo.

I valutatori: Gabriele Minelli

Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.

Sotto molti punti di vista, cercare di riassumere la propria “formazione musicale”, o i momenti, i luoghi e le persone che l’hanno determinata, è un’operazione davvero complicata, lo ammetto. Perché banalmente ti costringe ad osservare ciò che hai lasciato alle tue spalle, il passato, una parte di vita.
Perché comunque si tratta di provare a condensare una miriade di piccoli momenti o lunghi periodi, magari confusi e turbolenti, in una specie di piccolo manuale pronto per l’uso, in cui dovrebbe persino emergere un certo grado di saggezza e di consapevolezza che non sempre invece c’era.
Ma soprattutto perché si corre il rischio di finire per raccontare di archeologia culturale, di epoche (perché questo pericolo lo corrono tutte le generazioni con le successive) superate dal tempo e dai mezzi, di scenari quasi incomprensibili e a volte surreali per chi ne sente parlare solo oggi.
Si tratta pure sempre del secolo scorso eh!
Cerco quindi di mettere ordine nei ricordi, la mente, e nei gusti, il cuore, e di fare come quando sistemo i rullini e le foto che ho accumulato negli anni, cercando di soffermarmi più sul metodo e sul risultato, che sul momento singolo.
Se devo trovare quindi un denominatore comune che riassuma il mio percorso, userei una parola e cioè DIVERSITA’. La adotto più che altro nella sua forma anglofona, diversity, e cioè varietà, ma anche dissimilarità.
Come molti miei coetanei, infatti, ero costantemente spinto dalla curiosità di guardare, leggere e ascoltare di tutto, il più possibile, ovunque fossi, in ogni lingua (o quasi), senza particolari pregiudizi se non le piccole puerili prese di posizione da tarda adolescenza.
Mi sono così formato musicalmente sia nell’hip hop, cultura che ho abbracciato da studente (e anche praticante…) in alcune delle sue forme, che nella musica suonata in maniera più “tradizionale”, anche in questo caso sia come spettatore/ascoltatore che come, ahimè, chitarrista (e anche armonicista, beat maker, fonico improvvisato…).
Lo stesso si può probabilmente dire per ascolti e visioni, sia radio/tv che cinematografici, e per le letture: come tutti i ragazzi cresciuti nell’epoca pre-internet, la nostra era una fame atavica e insaziabile che ci costringeva a cacciare in ogni territorio nel tentativo di soddisfarla.
Ovviamente ci sono molti defining moments che posso ricercare, diciamo a partire dai primi anni di liceo, e che identifico appunto come svolte di crescita e formazione.
Ma ciò che più mi preme sottolineare è proprio una questione di approccio e metodo: il desiderio di approfondimento, di un genere o dell’opera di un singolo artista, non escludeva mai l’esplorazione o la sperimentazione.
Sicuramente un certo sciovinismo giovanile faceva sì che mi concentrassi maggiormente, per esempio, sulla musica americana e inglese più che su quella italiana. Ma al tempo stesso per noi non c’erano davvero preclusioni, ed era la più assoluta normalità andare a concerti di artisti di generi diametralmente opposti nell’arco di pochi giorni, mescolandoci a nostra volta tra gruppi eterogenei di altri frequentatori di live e ascoltatori di musica.
Nei miei mesi da laureato/expat/lavoratore in Belgio, poco prima di cominciare la carriera nella musica, ebbi modo, molto felicemente, di constatare che nel nord Europa quello era l’approccio più diffuso: era normale per un locale programmare un live punk il martedì e un dj set hip hop il giovedì; le line up dei festival DOVEVANO essere eterogenee per soddisfare un pubblico che chiedeva cartelloni vari e interessanti; le radio più fighe programmavano indifferentemente ciò che consideravano il meglio del momento, senza crucci di bpm o paranoie di contenuti più o meno masticabili.
E’ proprio in questa diversità che mi sono formato, sono cresciuto, ho affinato il mio gusto: un bagno di musica strana, perché mi piaceva essere un po’ il precursore o lo scopritore di gruppi e di generi, ma anche quello fuori dagli schemi; un mix di rap, metal, video di skate, cinema indipendente, street photography, graffiti, il primo indie folk, la black music degli anni 60 e 70, e mille altri ingredienti, frullati in un approccio DIY, un fai da te che mi ha spinto e portato a suonare, scrivere di musica, fotografare su e giù da un palco, accompagnare e aiutare artisti prima durante e dopo i live, ecc. ecc.
Questo approccio non l’ho mai abbandonato: penso infatti, e lo raccomando sempre ai ragazzi che iniziano quando ho l’occasione di parlare con loro, che sia necessario sporcarsi le mani ed essere curiosi.
Spesso ho lavorato meglio sui dischi di artisti che non mi piacevano, artisticamente. Molte volte tuttora faccio da solo (o almeno ci provo) quando sono in situazione di necessità. Sono sempre molto attratto dal diverso, dal differente, dalle espressioni non allineate, dall’artista non “di moda”, da colui che non replica ciò che funziona solo perché per altri funziona.
E quotidianamente cerco di replicare questa ricerca di diversità, cercando di valorizzare al meglio le competenze e i ruoli lavorativi al di là dell’hype del momento, mettendomi al servizio degli artisti e dei professionisti con cui lavoro per garantire loro, e in qualche caso stimolare, la massima libertà creativa e il diritto di essere diversi.

Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024

Il Centro Musica ripropone gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a ...

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

La pandemia ha inferto un duro colpo alla musica, intesa non solo come arte ma anche nelle sue vestigie commerciali ...
Gabriele Minelli

I valutatori: Gabriele Minelli

Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la ...
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Incontri con i valutatori 2020

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare ...
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I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la ...
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I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

Nuovi negozi di dischi stanno aprendo un po’ dovunque. Il vinile è tornato ad essere un supporto amato ed acquistato ...
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Incontri con i valutatori 2019

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare ...
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Incontri con i valutatori 2018

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a ...

Intraprendenza nella giungla – Gabriele Minelli

Lavorare con e nella musica continua per fortuna ad insegnarmi quotidianamente molto. Una lezione che ho imparato nel tempo è ...
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Incontri con i valutatori 2017

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare ...

Incontri con i valutatori 2020

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; i partecipanti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

Gli incontri 2020, nel rispetto delle normative igieniche legate all’emergenza Covid, avranno una modalità di accesso leggermente diversa.
Potranno partecipare al massimo 30 persone per ciascun incontro (di conseguenza chiediamo alle band di mandare un solo componente) registrandosi attraverso un modulo on line (il login dovrà essere effettuato con un account Google/Youtube/Gmail).
Unitamente ai dati occorrerà inviare il brano che verrà ascoltato durante l’incontro. In questo modo eviteremo il passaggio di cd, chiavette usb, ecc…
Coloro che si iscriveranno riceveranno l’eventuale conferma di partecipazione via email all’indirizzo indicato, compatibilmente con il numero di posti disponibili.
E’ richiesto a tutti i partecipanti di essere presenti dall’inizio dell’incontro alle ore 14.
Chiediamo di comunicarci tempestivamente eventuali rinunce in modo da consentire ad altri di partecipare

Gli incontri del 7 e 28 novembre sono stati entrambi rimandati come da disposizioni del DPCM del 24/10/2020 e verranno riprogrammati appena possibile.

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.

Sotto molti punti di vista, cercare di riassumere la propria “formazione musicale”, o i momenti, i luoghi e le persone che l’hanno determinata, è un’operazione davvero complicata, lo ammetto. Perché banalmente ti costringe ad osservare ciò che hai lasciato alle tue spalle, il passato, una parte di vita.
Perché comunque si tratta di provare a condensare una miriade di piccoli momenti o lunghi periodi, magari confusi e turbolenti, in una specie di piccolo manuale pronto per l’uso, in cui dovrebbe persino emergere un certo grado di saggezza e di consapevolezza che non sempre invece c’era.
Ma soprattutto perché si corre il rischio di finire per raccontare di archeologia culturale, di epoche (perché questo pericolo lo corrono tutte le generazioni con le successive) superate dal tempo e dai mezzi, di scenari quasi incomprensibili e a volte surreali per chi ne sente parlare solo oggi.
Si tratta pure sempre del secolo scorso eh!
Cerco quindi di mettere ordine nei ricordi, la mente, e nei gusti, il cuore, e di fare come quando sistemo i rullini e le foto che ho accumulato negli anni, cercando di soffermarmi più sul metodo e sul risultato, che sul momento singolo.
Se devo trovare quindi un denominatore comune che riassuma il mio percorso, userei una parola e cioè DIVERSITA’. La adotto più che altro nella sua forma anglofona, diversity, e cioè varietà, ma anche dissimilarità.
Come molti miei coetanei, infatti, ero costantemente spinto dalla curiosità di guardare, leggere e ascoltare di tutto, il più possibile, ovunque fossi, in ogni lingua (o quasi), senza particolari pregiudizi se non le piccole puerili prese di posizione da tarda adolescenza.
Mi sono così formato musicalmente sia nell’hip hop, cultura che ho abbracciato da studente (e anche praticante…) in alcune delle sue forme, che nella musica suonata in maniera più “tradizionale”, anche in questo caso sia come spettatore/ascoltatore che come, ahimè, chitarrista (e anche armonicista, beat maker, fonico improvvisato…).
Lo stesso si può probabilmente dire per ascolti e visioni, sia radio/tv che cinematografici, e per le letture: come tutti i ragazzi cresciuti nell’epoca pre-internet, la nostra era una fame atavica e insaziabile che ci costringeva a cacciare in ogni territorio nel tentativo di soddisfarla.
Ovviamente ci sono molti defining moments che posso ricercare, diciamo a partire dai primi anni di liceo, e che identifico appunto come svolte di crescita e formazione.
Ma ciò che più mi preme sottolineare è proprio una questione di approccio e metodo: il desiderio di approfondimento, di un genere o dell’opera di un singolo artista, non escludeva mai l’esplorazione o la sperimentazione.
Sicuramente un certo sciovinismo giovanile faceva sì che mi concentrassi maggiormente, per esempio, sulla musica americana e inglese più che su quella italiana. Ma al tempo stesso per noi non c’erano davvero preclusioni, ed era la più assoluta normalità andare a concerti di artisti di generi diametralmente opposti nell’arco di pochi giorni, mescolandoci a nostra volta tra gruppi eterogenei di altri frequentatori di live e ascoltatori di musica.
Nei miei mesi da laureato/expat/lavoratore in Belgio, poco prima di cominciare la carriera nella musica, ebbi modo, molto felicemente, di constatare che nel nord Europa quello era l’approccio più diffuso: era normale per un locale programmare un live punk il martedì e un dj set hip hop il giovedì; le line up dei festival DOVEVANO essere eterogenee per soddisfare un pubblico che chiedeva cartelloni vari e interessanti; le radio più fighe programmavano indifferentemente ciò che consideravano il meglio del momento, senza crucci di bpm o paranoie di contenuti più o meno masticabili.
E’ proprio in questa diversità che mi sono formato, sono cresciuto, ho affinato il mio gusto: un bagno di musica strana, perché mi piaceva essere un po’ il precursore o lo scopritore di gruppi e di generi, ma anche quello fuori dagli schemi; un mix di rap, metal, video di skate, cinema indipendente, street photography, graffiti, il primo indie folk, la black music degli anni 60 e 70, e mille altri ingredienti, frullati in un approccio DIY, un fai da te che mi ha spinto e portato a suonare, scrivere di musica, fotografare su e giù da un palco, accompagnare e aiutare artisti prima durante e dopo i live, ecc. ecc.
Questo approccio non l’ho mai abbandonato: penso infatti, e lo raccomando sempre ai ragazzi che iniziano quando ho l’occasione di parlare con loro, che sia necessario sporcarsi le mani ed essere curiosi.
Spesso ho lavorato meglio sui dischi di artisti che non mi piacevano, artisticamente. Molte volte tuttora faccio da solo (o almeno ci provo) quando sono in situazione di necessità. Sono sempre molto attratto dal diverso, dal differente, dalle espressioni non allineate, dall’artista non “di moda”, da colui che non replica ciò che funziona solo perché per altri funziona.
E quotidianamente cerco di replicare questa ricerca di diversità, cercando di valorizzare al meglio le competenze e i ruoli lavorativi al di là dell’hype del momento, mettendomi al servizio degli artisti e dei professionisti con cui lavoro per garantire loro, e in qualche caso stimolare, la massima libertà creativa e il diritto di essere diversi.

I pensieri dei valutatori: Gabriele Minelli

Nuovi negozi di dischi stanno aprendo un po’ dovunque. Il vinile è tornato ad essere un supporto amato ed acquistato. Ai concerti si registrano sold-out ad un ritmo vertiginoso, mentre i talent e il Festival di Sanremo macinano share da capogiro. Sono segnali di una ripresa o di una imminente apocalisse? Ecco cosa ne pensano i valutatori di Sonda.

SHAKE IT LIKE A POLAROID PICTURE: UNO SGUARDO AL MUSIC BIZ

È davvero difficile sintetizzare in poche parole il momento di grande cambiamento che sta attraversando il business della musica, in Italia e nel mondo.

Gli ultimi due anni hanno sicuramente stravolto molte delle convinzioni, radicate da almeno un decennio, che costituivano l’ossatura del lavoro nel nostro settore: digitale e fisico che convivevano in parallelo, la ‘supremazia’ dell’album come formato rispetto al singolo, il fatto che gli artisti davvero da classifica fossero in realtà pochi e raramente frutto dell’exploit di un momento, e che i generi musicali più vicini al pubblico giovane fossero quasi intrinsecamente da ritenersi inadatti ai grandi numeri e al pubblico mainstream.

Oggi più che mai il ribaltamento è in atto: stiamo vivendo un’epoca di grande entropia, che sicuramente offre tante opportunità, sia agli artisti che agli operatori del settore. Al tempo stesso, però, bisognerà attendere il consolidamento di alcuni fattori, come per esempio la penetrazione dei player del digitale nei singoli mercati, per arrivare a una definizione migliore della situazione.

O semplicemente bisognerà abituarsi a uno stato di continuo movimento del mercato e dei suoi fattori, e valori: una condizione di perenne velocità nella quale i ruoli cruciali verranno ricoperti, presumibilmente, dai dispositivi sui quali si ascolterà la musica, e dal pubblico, dalle scelte del consumatore.

Come A&R siamo, in qualche maniera, il principio della filiera musicale. Non siamo certamente gli unici o i principali protagonisti, noi delle major. Ma il nostro lavoro resta quello di intercettare le tendenze e i talenti, con il massimo anticipo e la migliore visione, o previsione, possibile.

In questo senso il nostro approccio al mercato non è cambiato: il mutamento riguarda forse due elementi e cioè la verticalità dei generi e la predominanza, o meglio, l’importanza, dei singoli.

Se il secondo punto è sicuramente più evidente, con il primo mi riferisco al fatto che, nel momento in cui un artista comincia a generare numeri importanti, la tendenza è divenuta quella di “risalire la corrente” e andare a contattare tutti gli altri interpreti dello stesso genere musicale.

Una pratica, questa, in voga da sempre nel music biz: ma che, grazie appunto al digitale e al dominio dello streaming, ha assunto oggi forme e metodi piuttosto esacerbati.

È inevitabile che ci venga chiesto anche questo: firmare chi propone la musica più richiesta dal mercato, anche a costo di fallire.

A volte ci muoviamo direttamente, più spesso invece ci interfacciamo con chi sul territorio (e nelle cantine, nei locali, nelle camerette…) è più presente: piccole label, realtà locali, manager.

Lentamente le grandi etichette multinazionali operano meno come incubatori in grado di sviluppare un progetto da zero, e funzionano sempre di più come amplificatori di qualcosa che già sta accadendo: un improvviso successo, l’inizio di una carriera, l’esplosione di un genere.

In realtà il momento, a mio avviso, ci sta offrendo forse l’opportunità migliore degli ultimi anni, perlomeno in Italia.

La dinamicità del mercato ha infatti indebolito altri pattern promozionali più tradizionali, quali la necessità di conquistare le radio commerciali, o l’importanza di partire dall’album (fisico) per costruirsi un pubblico o una fanbase.

Per questo motivo tornano finalmente ad essere fondamentali due elementi, che hanno sempre rappresentato il mio personale mantra lavorativo quotidiano.

Le canzoni, e l’unicità dell’artista.

E, sinceramente, io ora mi sento davvero libero: in Virgin Records (una delle tre label di Universal Italia) stiamo sperimentando, osando e rischiando per costruire un roster di artisti diversi l’uno dall’altro.

Un caleidoscopio che sia lo specchio dei tempi e che incarni il DNA di un’etichetta da sempre eclettica, internazionale e visionaria.

Ovviamente cerchiamo sia i numeri, che di creare una scuderia completa dai nomi più importanti fino a quelli davvero emergenti. Ma le linee guida sono sempre di più quelle di costruire una diversità da cui possa scaturire la forza della nostra proposta, sia nel ventaglio degli stili che dal punto di vista della ricerca musicale ed estetica.

Credo perciò che questo sia l’insegnamento migliore e più importante che ho ricevuto da questo grande momento di cambiamento.

Come ho imparato dalle parole di un grande manager, è nella differenza che risiede la possibilità di essere vincenti.

Da ogni grande crisi nascono, si dice, grandi opportunità: e ciò che ora dobbiamo fare è saper cogliere questa possibilità e gettare i semi di quelle che, speriamo, possono essere le future luminose, e lunghe, carriere, dei prossimi grandi artisti della musica italiana.

Incontri con i valutatori 2019

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 16 marzo 2019, dalle 14 alle 18
Incontro con Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); 
Giampiero Bigazzi (produttore discografico), Carlo Bertotti (produttore, autore).


• sabato 13 aprile 2019, dalle 14 alle 18
Incontro con Roberto Trinci (direttore artistico Sony/Emi Music Publishing); Marco Bertoni (produttore, musicista); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia); Marcello Balestra (produttore-editore musicale).

Gli incontri si terranno presso La Torre all’interno del polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.

Incontri con i valutatori 2018

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 24 febbraio 2018, dalle 14 alle 18
Incontro con Roberto Trinci (direttore artistico Sony/Emi Music Publishing); Luca Fantacone (direttore marketing Sony Music); Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); Marcello Balestra (produttore-editore musicale).


• sabato 24 marzo 2018, dalle 14 alle 18
Incontro con Giampiero Bigazzi (produttore discografico, musicista); Marco Bertoni (produttore, musicista); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia); Carlo Bertotti (produttore, autore).

Gli incontri si terranno presso l’Off all’interno del polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.

Intraprendenza nella giungla – Gabriele Minelli

INGDMYFS0359Lavorare con e nella musica continua per fortuna ad insegnarmi quotidianamente molto. Una lezione che ho imparato nel tempo è stata quella di mettere regolarmente da parte sicurezze e convinzioni, e provare a lasciarmi sorprendere da musica e artisti nuovi. I gusti personali restano, ma ad essi si aggiungono lo sforzo e il tentativo di avere punti di vista sempre nuovi e diversi, senza posizioni aprioristiche o snobismi. Perciò, anche in questo caso, voglio provare ad andare controcorrente.

Quello che stiamo vivendo non è, a mio avviso, un momento di crisi per la musica, in Italia e nel mondo. E’ sicuramente un periodo di entropia, lungo e complesso, ma tuttavia ricco di opportunità. Fotografando l’anno che sta per terminare, osservo per esempio che il mio lavoro si è diviso abbastanza equamente tra artisti “da album” e altri il cui percorso si sviluppa principalmente su singoli o addirittura solamente attraverso i video. Uno scenario non esclude l’altro, e talvolta i due percorsi si intrecciano o crescono di conseguenza. Ciò è ovviamente il prodotto di numerosi fattori che variano anche con il tipo di artista, il suo principale target di pubblico, e il paese o il principale mercato di riferimento, che portano con sé il proprio stato di avanzamento culturale e tecnologico. Fattori che stanno mutando rapidamente e che è impossibile analizzare esaustivamente qui. Ma ciò che mi interessa evidenziare è lo scenario nel quale un artista, oggi e anche in Italia, si trova a doversi e potersi muovere. E quello che vedo è che è generalmente più “semplice” iniziare a produrre e promuovere la propria musica. C’è di base una maggiore accessibilità ai primi strumenti di lavoro del musicista, che permettono una pratica e una sperimentazione più immediate, dando anche la possibilità di fissare e circolare quasi istantaneamente i propri lavori. Questa accessibilità è riferita anche a me e ai miei colleghi, per esempio, che non siamo più entità misteriose nascoste in fondo a qualche corridoio di grandi uffici; bensì esistiamo, chi più chi meno, anche nella realtà semi-virtuale dei social. Insomma, per chi vuole farsi sentire, o notare ci sono molte più vie rispetto anche a soli 10 anni fa: serve unicamente un minimo di intraprendenza.

Insieme alla possibilità di far esistere la propria musica in forma pubblica, anche a uno stato embrionale, si hanno a disposizione anche importanti strumenti analitici, alcuni dei quali talmente precisi da permettere di identificare un primo possibile pubblico, ed interagirvi direttamente. E’ quindi più semplice produrre musica, promuoverla da soli, iniziare a gestire altri elementi del proprio “mestiere” e misurarne i risultati. E tutto ciò può essere messo in atto in mille forme: con EP o album, in vendita, streaming o free-download; con singoli brani coi quali fare test o esperimenti, audio e/o video, prima di qualsiasi altro tipo di pubblicazione; collaborando con altri artisti (non solo musicisti ma anche fotografi, grafici, illustratori o videomaker) sparsi per il mondo, come se lo si facesse con qualcuno incontrato la sera prima ad un concerto sotto casa propria; facendosi notare da produttori che sì, esistono ancora (!!) e sono ancora figure fondamentali per il lavoro e la carriera di un musicista; coltivando, come detto già sopra, il rapporto con il proprio pubblico e confrontandosi direttamente con gli addetti ai lavori, ancora prima di ogni relazione contrattuale. Con le opportunità, chiaramente, le difficoltà non scompaiono: sappiamo tutti quanto sia più difficile rispetto al passato sostentarsi con la musica, e quanto il mondo dei live sia divenuto una giungla inestricabile. Ma non solo: si tratta di opportunità sostanzialmente democratiche: valgono per tutti, e aumentano la competizione e la concorrenza, talvolta in maniera spietata poiché operano su tempi e “stagionalità” brevissime. Al tempo stesso non stiamo parlando affatto di un set di regole: nessun artista è obbligato ad esistere massicciamente sul web, come non deve per forza firmare contratti o impegnarsi in attività promozionali.

Ma mai come ora possiamo, finalmente, confrontarci su un terreno fatto di elementi concreti, e lasciare che le intuizioni e la sensibilità siano strumenti dedicati ad affinare le canzoni. Perchè la solidità che un artista agli esordi può darsi ancora prima di esistere in maniera “ufficiale” è il primo segnale, verso sé stesso e verso il business, che qualcosa è possibile costruire. Una solidità che è sinonimo moderno di vera indipendenza, e che ciascuno di voi può cercare in piccoli o grandi risposte nascoste nelle reazioni delle persone e del mondo esterno quando vengono toccati dalla vostra musica.

Incontri con i valutatori 2017

Il Centro Musica ripropone quest’anno gli incontri con i valutatori del progetto Sonda. La nostra intenzione è quella di portare a conoscenza degli iscritti di Sonda, e più in generale dei musicisti interessati, le varie figure professionali della filiera musicale. I valutatori di Sonda coprono i diversi aspetti del mercato musicale e possono fugare ogni dubbio o perplessità nel loro specifico campo professionale.
Gli incontri, rivolti principalmente e musicisti e gruppi musicali, sono aperti a tutti.
Si svolgeranno di pomeriggio e ruoteranno principalmente attorno agli ascolti dei brani; tutti potranno far sentire un proprio brano e avere una sorta di ‘report’ in diretta dai valutatori.

• sabato 18 marzo 2017, dalle 14 alle 18

Incontro con Carlo Bertotti (produttore e autore); Giampiero Bigazzi (produttore discografico, musicista); Luca Fantacone (direttore marketing Sony Music).

• sabato 25 febbraio 2017, dalle 14 alle 18

Incontro con Marcello Balestra (produttore-editore musicale); Marco Bertoni (produttore, musicista);  Daniele Rumori (direttore artistico Covo Club); Gabriele Minelli (A&R manager di Universal Music Italia).

Gli incontri si terranno presso l’Off all’interno del nuovo polo 71MusicHub (Via Morandi 71 – Modena) dalle 14 alle 18.
Ingresso gratuito.