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Particles – SONDAinONDA

I Particles sono una band alternative rock di Modena. Nascono nel 2013 come cover band e dopo un paio d’anni decidono di dedicarsi a brani propri.
L’EP di debutto è “Eyes On Me” pubblicato a febbraio 2018.
Di recenter la band si è esibita su palchi degni di nota come quello del Fiat Music presso Fico Eataly di Bologna e del Rock’n’roll Club di Rho (MI) in occasione del contest Road to Brianza Rock Festival, che regalerà ai vincitori la possibilità di esibirsi in apertura ai big protagonisti degli I-Days di Milano, a giugno 2018.
In attesa del prossimo live – e della ballad galeotta in repertorio – a fine intervista i Particles ci hanno lasciato una versione acustica del singolo Only Flesh and Bones.

Ziqqurhat – SONDAinONDA

La band nasce nel 2013 e sono necessari un paio di anni per trovare la stabilità nell’organico e sviluppare una sonorità omogenea che loro stessi definiscono “acid blues con tendenze post rock e stoner”. A novembre 2017 esce il primo album Phrenology caratterizzato da decise influenze blues, suoni aggressivi e tempi dispari. Secondo alcuni è il disco da ascoltare alle tre del mattino al posto di Barry White. In attesa dell’importante data a Bucarest – a maggio al Soundart Festival – gli Ziqqurhat ci lasciano Release Me Sheriff e Phrenology in versione acustica.

Iza Grau – SONDAinONDA

Iza Grau è una band dark rock nata a Modena nel 2016. Pubblicano un EP nel 2017 dal titolo Days Are Nothing contenente 4 brani e a breve saranno di nuovo in studio per registrare quel che diventerà il loro primo album. Carlo Bertotti, sulle pagine di Musicplus.it li ha definiti “Una band new wave 2.0: una voce potente e suoni super dark…” e la band si riconosce pienamente nella descrizione.
In coda all’intervista gli Iza Grau ci hanno lasciato una versione acustica del loro brano Inviolate.

Vertical Lines – SONDAinONDA

I Vertical Lines sono una band di Reggio Emilia che suona alternative rock con testi in inglese. Sono attivi dal 2014 e hanno pubblicato tre EP ai quali è seguito un album dal titolo “The ghost inside of me”, disponibile su tutte le piattaforme digitali.
In coda all’intervista ci hanno lasciato una versione acustica del loro brano “Time”.
PS
sono alla ricerca di un bassista!

Antarte – SONDAinONDA

Nascono ad Agrigento nell’estate del 2008 e subito, con il primo omonimo EP uscito nel 2009, intraprendono la strada della sperimentazione. Nel 2013 esce il primo album, dal titolo “Olio su Tela”, che riceve ottimi consensi di pubblico e critica. Viene prodotta un’edizione limitata dell’album con copertine dipinte a mano su tela. Il disco è un ideale punto d’incontro fra rock sperimentale e dream pop ma a tratti ci si imbatte anche in brani dal sapore jazz o in ipnotiche composizioni ambient. Dopo una breve pausa, nel 2016 il nucleo della band si trasferisce a Bologna dove inizia a lavorare al secondo album, dal titolo “Isole”, uscito a inizio 2018 per l’etichetta francese Megaphone Music.

In coda all’intervista gli Antarte ci hanno lasciato una versione acustica del brano Castelli di Sabbia.

Bombay – SONDAinONDA

Nati nel novembre 2014 a Medicina (Bologna) i Bombay suonano un alternative rock potente, con testi in italiano e una ritmica potente. A marzo 2017 pubblicano il primo EP “Abat-jour”, con cui la band inizia ad inserire nel proprio sound atmosfere più oscure, mescolando alt-rock e del rock sperimentale con l’energia del grunge e post-grunge. Ma la dimensione in cui i cinque bolognesi si danno più da fare è, ovviamente, quella live: tantissime date in giro per la penisola, e aperture a band di spessore come Il Teatro degli Orrori e Bologna Violenta.

Con due videoclip all’attivo, che accompagnano i due singoli tratti dal primo album, abbiamo incontrato il cantante dei Bombay Marco Cardona, per parlare del passato e del futuro della band. Oltre all’intervista, potete guardare il video del loro ultimo singolo “Sospesi” a questo link. Buona visione!

facebook.com/BombayBologna

Angela Finotello – SONDAinONDA

La musica è entrata nella vita della bolognese Angela Finotello per gioco, quando nel ’91 inizia a cantare e decide di formare una band: da lì ha poi proseguito con altre band, l’incontro con Gaetano Pellino con cui ha registrato un mini-album contenente “Piccola luce” con cui ha ricevuto i complimenti da Lucio Dalla, la scoperta del soul e del blues, l’esperienza live con i conterranei Groove City. Nel 2008 assieme all’autrice Tiziana Pisani nascono “Limpido” e “Nomade”, che la fanno avvicinare alla SanLucaSound con cui realizza il singolo “Mare Altrove”, inserito poi nella compilation “quelli di Bologna per la basilica di Santo Stefano” promossa dal Resto del Carlino nell’ambito delle iniziative per raccogliere fondi destinati al restauro della piazza Santo Stefano di Bologna.

Nel 2011 inizia un nuovo progetto con la collaborazione della nuova band, che la porta ad aprire i concerti di Claudio Lolli e Il parto delle Nuvole Pesanti, con i brani inediti che fanno parte del
nuovo cd “Sala d’attesa”, completamente autoprodotto. Nel 2013 entra a far parte della band il bassista Lucio Bellagamba, formando insieme a Danilo Faggiolino alla chitarra e Andrea Sita alla batteria, la nuova band che ora la accompagna nei live. Agli inizi del 2014 esce il suo nuovo 45 giri digitale “Oltre” completamente autoprodotto, che vede la partecipazione di Ivano Zanotti alla batteria.

Tutto questo e molto altro, Angela Finotello ce lo ha raccontato di persona nell’intervista che trovate qui sotto, e ci ha lasciato una versione acustica della sua “Sogno”, che potete ascoltare qui.

facebook.com/AngelaFinotello

La Convalescenza – SONDAinONDA

La Convalescenza è togliersi le bende per mostrare le ferite, è raccontare storie di vita vissuta e storie talmente immaginate da essere ancora più vere”: così si presenta questa band di Modena, formata da Luca Pifferi (voce), Manuel Baraldi (basso), Nicholas Giordano (chitarra), Luca Campanozzi (chitarra) e Francesco Roncaglia (batteria).

Con un EP all’attivo intitolato “L’eco della clessidra”, tre quinti de La Convalescenza sono venuti al Centro Musica di Modena a raccontarci la genesi del gruppo, i progetti per il futuro, il nuovo album in lavorazione, e lasciarci una versione acustica di “Mascara“. Buona visione.

facebook.com/LaConvalescenza

Il produttore artistico devo proprio chiamarlo? #2 (C.Bertotti)

INGCHYSS0290“C’era una volta il produttore artistico. Così come c’era l’arrangiatore, il paroliere e i cosiddetti “turnisti”… Poi sono comparsi Linn 9000, Atari e il magico protocollo MIDI: da allora, per chi voleva fare musica, tutto è diventato più democratico e accessibile. Una mezza rivoluzione, che come tale, ha purtroppo lasciato sul terreno anche un patrimonio ineguagliabile di esperienze e professionalità.

Molti figli dei giacobini di allora, oggi fanno musica senza sapere granchè di musica, arrangiano a orecchio un tanto al chilo e sulla carta d’identità hanno scritto ‘produttori’. Tanto quando vai in comune a farla, la carta d’identità, alla voce professione puoi dire qualsiasi cosa. È gratis. Oggi è difficile spiegare cosa dovrebbe essere un produttore artistico, è un ruolo come l’ala destra: di Causio o Sala in giro non ce ne sono più da tempo… Però conosco artisti che con il tempo sono diventati produttori di sé stessi. Gente con i controcoglioni che però, una volta conclusi i mix, si è spesso tormentata per un risultato che, in qualche modo, non rispettava le esigenti aspettative del proprio ego oppure più banalmente, faceva imprecare per le quantità smisurate di Malox assunte durante la lavorazione di un progetto troppo ‘sentito’, indispensabile e imprescindibile.

Quando devi elaborare o mettere a fuoco delle canzoni dandogli forma e identità è molto difficile riuscire a farlo su materiale che hai pensato tu fin dalla prima stesura. Sei condizionato, magari ti innamori di un arrangiamento che in realtà penalizza il brano in questione, non sei imparziale e questo pregiudica la visione obiettiva che più occorrerebbe in questa fase del lavoro. Il produttore ascolta delle canzoni, conosce chi le ha scritte, cerca di comprendere quali siano le coordinate attorno cui muoversi, le interpreta e immagina una forma e un indirizzo da dare all’intero progetto.

Non si limita a ‘vestire’ una serie di canzoni ma ipotizza un universo di riferimento. Uno spazio che NON è solo sonoro, ma è anche e soprattutto una messa a fuoco, la ricerca di un’identità, una conferma di quella precedente o un sovvertimento totale. Ho lavorato con diversi professionisti in questo ambiente: tecnici esperti, specialisti di ogni genere musicale, geni del marketing, tutta gente comunque competente in materia di tendenze e suoni. Ma in realtà in vita mia ho lavorato soltanto con due veri e propri “produttori”: Carlo Rossi e Roberto Vernetti. Entrambi piemontesi, entrambi geniali, entrambi fermi e irriducibili nelle loro convinzioni. Due fuoriclasse della musica con un’attitudine e un talento fuori dal comune.

Sono stato fortunato. Con Roberto ho potuto sgrezzare e affinare la conoscenza del suono. Da Carlo ho imparato la sintesi e l’armonizzazione fra l’elemento umano e la musica. Ho lavorato con Carlo Rossi a Revigliasco nell’inverno del 2005. C’eravamo conosciuti qualche mese prima a Torino ed erano bastati pochi minuti per capire che era una persona con la quale volevo lavorare. Facevo musica da tanti anni e gli ultimi due album pubblicati con la Bmg Ricordi ce li eravamo prodotti da soli (come predico bene e razzolo male io, nessuno mai…). Carlo ha riportato le lancette dell’orologio a cinque anni prima. Abbiamo lavorato nella sua casa-studio per tre mesi passando dalle ultime giornate di fine estate alle prime nevicate di inizio dicembre. I brani che sembravano già praticamente pronti per la stesura definitiva sono stati destrutturati, spogliati e privati di tutto ciò che non fosse strettamente essenziale. La cosa non era prevista, inizialmente non capivo e osservavo fra l’inquieto e il sorpreso, ma quando abbiamo riascoltato il materiale in quella forma così scarna tutte le convinzioni maturate in fase di scrittura e pre-produzione si sono automaticamente dissolte.

Carlo ci aveva posto di fronte a una semplice questione: che canzoni avevamo scritto? Quali e soprattutto quanto ci piacevano? Non veniva messo in discussione il genere o la qualità degli arrangiamenti. Semplicemente si voleva concentrare sull’essenza del nostro lavoro: il significato di 4 minuti di parole e musica. La fase successiva è stata intensa, faticosa ma soprattutto gratificante. In due mesi abbiamo riscritto praticamente tutti gli arrangiamenti, dalle ritmiche alle parti di orchestra. Carlo era lì, in maniera discreta ma tremendamente efficace: la notte buttavamo giù materiale su materiale, al mattino lui arrivava, rifiniva, tagliava e il pomeriggio ci si confrontava assieme.

Oggi, a distanza di tempo, credo sia il disco che suoni meglio tra tutti quelli che ho avuto la fortuna di scrivere e pubblicare. Grazie di tutto Carlo, è stato un vero onore”.

Il produttore artistico devo proprio chiamarlo? #1 (M.Bertoni)

INGCHYSS0631Il produttore artistico è una figura avvolta nell’ombra, soprattutto negli ultimi anni, dove tutti possono esserlo (come possono essere allenatori della nazionale di calcio). In realtà, però, chi è o cosa fa un produttore artistico in un mondo fatto di sette note? Lo abbiamo chiesto a due musicisti (ci piace mettere per prima questa parola) e produttori: Marco Bertoni e Carlo Bertotti. Quest’ultimo ci ha inviato un suo scritto, Marco invece ha risposto alle nostre domande perché ci stiamo convincendo sempre di più che non tutti possono essere allenatori e produttori. “Una volta, ilproduttore artistico in ambito musicale, era quella figura professionale che funzionava da interfaccia tra l’artista e la struttura che commissionava il lavoro discografico. Quindi il produttore stava tra l’artista, aiutandolo a confezionare il suo lavoro, interpretando e recependo le sue idee artistiche, e la casa discografica. Cercava di rendere il prodotto il più commerciabile possibile, in un’ottica non solo d’immediato successo ma anche di carriera musicale dell’artista. Gli artisti erano legati alle case discografiche per almeno cinque anni con l’impegno di realizzare tre album e lavorare con loro voleva dire anche investire sulla loro crescita ‘spalmata’ nel tempo. Oggi il produttore artistico è quella figura professionale diversa, che aiuta sempre l’artista a realizzare e a mettere a fuoco il suo lavoro, ma si colloca tra lui e ‘il mondo’. L’artista è diventato nella maggior parte dei casi il committente di se stesso, cioè colui che investe tempo, energie e danaro nella produzione di brani, al fine di realizzare un master. Il master, anche se non vi è più l’industria discografica, resta comunque un importante asset sempre fondamentale per un progetto e in una strategia musicale. Oggi, che l’artista sia esordiente oppure no, il produttore artistico deve avere un’abilità di messa a fuoco del proprio lavoro, non solo dal punto di vista musicale, ma anche dal punto di vista di strategie, che incidano sull’identità del prodotto e sulla gestione dello stesso una volta realizzato per fare in modo che sia concretamente pubblicabile”, ci dice Marco Bertoni, facendo luce sul ruolo (nel) passato, presente e futuro di un produttore artistico. In un’epoca dove esisti solo in base ai “mi piace” che ottieni (per i motivi più disparati anche in campo musicale), dove la musica è un superfluo, quasi un peso da sopportare perché altrimenti non si giustificano i concerti, le comparsate televisive, le programmazioni radiofoniche, il ruolo del produttore artistico diventa fondamentale, invece, per tutti i musicisti che ancora scrivono canzoni con l’intenzione (seria) di farle ascoltare e dire qualcosa (il genere di appartenenza non conta, nella storia ci sono stati brani pop socialmente più rilevanti di elucubrazioni cantautorali). Quindi come lavora un produttore artistico all’interno di un mercato sempre più ristretto? Dalle parole di Marco: “Posso raccontare cosa faccio io, anche perché, per l’età che ho, la parte iniziale della mia carriera si è fondata su un know how maturato nel tempo in cui i committenti erano le case discografiche e in cui il prodotto era confezionato per il mercato discografico. Oggi produco artisti, soprattutto esordienti, che mi ‘ingaggiano’, proponendomi progetti. I progetti che ritengo interessanti e stimolanti e ‘buoni investimenti’, li curo iniziando dai provini, dalla sala prove e da tanti discorsi riguardanti la strategia di dove e a chi si vuole e si può proporre il lavoro. Quindi diciamo che la mia figura si è evoluta da un momento meramente tecnico e musicale (la confezione delle canzoni nelle varie fasi del lavoro e cioè le pre-produzione, l’arrangiamento, la produzione in studio di registrazione) a un processo lavorativo che aiuta e coadiuva l’artista nel realizzare qualcosa che sia adatto a una strategia che si è stabilita e costruita e che comprende cosa fare e come farlo, per giungere alla pubblicazione e alla promozione del lavoro: una continua disamina e ricerca di che cosa serve per l’inizio o la continuazione di una carriera”. La necessità di un produttore artistico diventa quasi indispensabile, come prosegue Bertoni: “Il bisogno di avere un produttore artistico risiede nel fatto che al di là della tecnologia, che oggi più facilmente aiuta nell’auto produzione, una persona che abbia competenze della tecnica musicale, della tecnica della produzione sonora, delle attuali forme di mercato e delle tecniche della comunicazione può realmente fornire più possibilità di alzare il livello del lavoro, dal punto di vista artistico, creativo e anche comunicativo. Inoltre un orecchio esterno ha un potere maggiore di manipolazione e di realizzazione di qualcosa di altro che parta dal materiale originale fornito dall’artista, ha una sicurezza dovuta sì all’esperienza e alle capacità, ma anche all’assenza di responsabilità e di identificazione con il prodotto che il produttore non ha creato, ma che deve, in maniera creativa, confezionare. Io sono anche musicista e devo dire che (quando mi è capitato) essere prodotti è per me il massimo, cioè io scrivo un pezzo, suono la mia parte in studio, poi di tutto il resto, i suoni, le scelte, i tagli… se ne occupa il produttore, non m’interessa. Tanto tempo fa mi colpì constatare che un grande artista come Lucio Dalla, dava il meglio di sé quando in studio era affiancato da un produttore, ad esempio come Mauro Malavasi, che lo sollevava dalle scelte e lo lasciava libero di creare senza preoccuparsi della confezione del lavoro. Ecco, il produttore può rendere il creativo libero di emanare idee, che poi sono selezionate, ottimizzate econfezionate per aumentarne le possibilità di comunicazione (e quindi di vendita)”. Insomma i social aiutano, la tecnologia aiuta, ma la mano di un produttore artistico è ancora indispensabile. Di persone che si credono produttori e allenatori ne è pieno il mondo. Basta non farli entrare in studio di registrazione o sul campo di gioco, cercando, invece, quelli col “patentino”.