Home » Posts tagged 'recensione' (Page 15)
Tag Archives: recensione
REMIDA: In bianco e nero
Giunti al quarto album della loro carriera i Remida non dovrebbero avere bisogno di presentazioni ma, nel dubbio, vi diamo un paio di coordinate: in giro ormai da più di una decade, questo quintetto modenese si è costruito negli anni un percorso credibile nel non facile mondo del rock pop, quello che guarda all’esperienza di band come Negramaro e Modà, e che aspira alle grandi platee e ai network radiofonici. In questo nuovo “In bianco e nero” la band rivendica il proprio essere pop e lo usa come pretesto per spaziare tra i generi, giocando con l’elettronica e uscendo dalle ritmiche canoniche del rock, come in “La canzone del secolo”, che assieme all’incalzante title track si rivela uno degli episodi più interessanti della scaletta. Molto buona poi la scrittura dei testi, in particolare quando lasciano da parte le tematiche più leggere ed entrano nel (crediamo) biografico, come nel caso di “8 Novembre”. A voler trovare un difetto, forse il disco è appesantito da qualche ballad di troppo… ma pazienza: in fondo è pop, no?
(Golden Records) CD/Digitale
PELLEOSSA: Pelleossa
Se state leggendo queste righe e non siete più giovanissimi, diciamo nati tra gli anni ’80 e i ’90, probabilmente il nome Pelleossa vi poterà alla mente un più o meno celebre cartone horror dell’ultima decade del millennio passato. Che sia volutamente un omaggio al verde zombie della serie televisiva non ci è dato saperlo, ma questo indizio rivela però come il quartetto modenese capitanato da Maurizio Cocerio non sia propriamente di primo pelo. Intuizione confermata già dalle prime note di questo esordio omonimo, che svelano riferimenti musicali abbastanza datati, in particolare una predilezione per il rock anni ’70 e ’80 a tratti quasi ingombrante. Il risultato finale è un disco rock che pur ben eseguito, più nella parte strumentale che in quella vocale, è abbastanza discontinuo. Fra quattro brani in italiano e tre in inglese, sabotati da una pronuncia non troppo a fuoco, a spiccare è la strumentale “Siderale” in cui il lato progressive della band si mette in primo piano, tracciando quella che a mio parere sarebbe la linea che i Pellossa dovrebbero seguire nel futuro.
(Autoprodotto) CD
PADRE GUTIÉRREZ: Addio alle carni
Una voce d’altri tempi, probabilmente presa da una vecchia trasmissione televisiva o radiofonica, fornisce una definizione enciclopedica di che cosa sia “Il Rock”: così si apre il terzo album di Padre Gutiérrez, al secolo Mattia Tarabini, definendo da subito che “Addio alle carni” è un disco profondamente rock. Le nove tracce che compongono la tracklist sono infatti rock non solo per le sonorità, che fondano le proprie radici nel blues senza negarsi incursioni nello stoner e armonie bossa nei brani più morbidi. Sono rock anche e soprattutto nelle tematiche dei testi, affrontate da Padre Gutiérrez con arguzia e ironia: fil rouge di tutto il disco è appunto la carne, che diventa sinonimo di sessualità, di amore carnale (“L’insaziabile”, “Corpo di martire”, “Nudo di Venere”, “Vanessa”) ma anche chiave di lettura per la società moderna (“Il buco da riempire”, “L’ultimo maiale sulla terra”, “La Carne è Finita”). Un disco solido come una roccia, sia musicalmente che per visione d’insieme, che riconferma la bravura del cantautore carpigiano.
(Discorso Records) CD/LP
ONE GLASS EYE: Sea You
Cambio deciso di registro per One Glass Eye in questo nuovo “Sea You”, che esce a un paio di anni di distanza da “Elasmotherium”: infatti, mentre all’esordio Francesco Galavotti (modenese, già chitarrista nei Cabrera) si era presentato con un disco totalmente acustico e intimista, in questo nuovo lavoro lo troviamo accompagnato da una backing band al completo. Un supporto strumentale, impreziosito qua e là da parti di pianoforte e synth, che fa decollare i brani portandoli fuori dalla dimensione da cameretta e proiettandoli in cielo, oltre le nuvole. One Glass Eye dà così vita a cinque tracce dream pop che spaziano dalla freschezza della opening “Beached” e della power ballad “Bye Now”, alla melanconia di “Underwater” e “Having You Around”. Chiude il cerchio “Happy”, che dietro al titolo innocuo nasconde una ballad crepuscolare e intensa, dai toni cupi e distorti, forse il brano che più di tutti riporta al mood dell’album precedente. Insomma, “Sea You” è piacevolissimo da ascoltare, e getta le basi per l’evoluzione futura di un artista ancora in crescita.
(Autoprodotto) CD/Digitale
MUDSAND: Miles and miles
I Mudsand sono un trio nato nel 2016 dall’incontro tra Sandro Sgarzi (che qualcuno si ricorderà nei Phono Emergency Tool), il batterista Alberto Paumgardhen e il sassofonista Massimo Ortensi. Proprio di quest’ultimo è la chiave di lettura dei brani che compongono questo primo album autoprodotto. Dodici brani che ricordano i Morphine (sono loro stessi a dirlo) ed un mondo sonoro che si diverte a girovagare tra sixties, indie, alternative, jazz, funk, garage e pop. Proprio l’elemento pop è il grimaldello di alcune canzoni, come “The light of foolishness”, che ci hanno ricordato gli XTC più ispirati. I Mudsand dimostrano con questo album di sapersi destreggiare con disinvoltura tra le pieghe dei brani, avendo un’ottima capacità di scrittura. Per tutti gli amanti del pop lussurioso, per tutti i patiti degli anni Sessanta, per tutti i devoti del garage più assassino, per tutti i malati del suono british più cupo di sempre, per tutti i fan dei The Beatles. I Mudsand sono la risposta che aspettavate da tempo. Da tempo immemore.
(Autoprodotto) CD
GIACOMO MARIGHELLI: Il cerchio della vita
Partiamo dal presupposto che Giacomo Marighelli, prima di questo esordio, non era Giacom Marighelli. O meglio, si nascondeva dietro una serie di pseudonimi (Margaret Lee, Vuoto Pneumatico, Movimento Nullo) con cui ha comunque realizzato un totale di cinque album, diverse colonne sonore e anche un’installazione/spettacolo musicale di ben 40 ore ininterrotte. Artista poliedrico, Marighelli nel “Il cerchio della vita” risulta però più concentrato sul messaggio che sul modo in cui viene trasmesso. Se da una parte è ricco di dettagli nella parte testuale – il disco è infatti definito dal suo autore come un album di pura poesia incentrato sull’amore – dall’altra è impoverito dalla scelta di ridurre il tessuto sonoro a chitarra acustica e chitarra elettrica. Aggiungendo a questo la struttura lunga e le sonorità spesso cupe dei brani, non si può certo dire che “Il cerchio della vita” sia un album di facile ascolto, per quanto profondo e impegnato. Unico momento più leggero è il brano “Il dio denaro”, ballata in bilico fra il pop dei Baustelle e la dissolutezza di Lou Reed.
(La cantina appena sotto la vita) CD
LE SFERE: Storie di plastica
Chi decide cosa dobbiamo ascoltare? Chi determina il successo di un brano piuttosto di un altro? Oggi in una giungla molto fitta di proposte musicali è veramente difficile districarsi, meglio delegare ad altri una scrematura altrimenti impossibile da fare. Così facendo, però, si rischia di perdersi dei pezzi per strada. Il trio de Le Sfere è uno di quei pezzi che rischiamo di perdere. Il loro album di debutto (8 tracce + phantom tracks) è un viaggio siderale nel synth pop cantato in italiano. Se avete amato i Bluvertigo, quelli più Battiato di altri; se avete trovato nei Soerba la luce accecante che vi ha guidato; se vi siete innamorati con i Baustelle; se Garbo era il vostro idolo e Berlino l’avete vista solo in cartolina Le Sfere sono il vostro gruppo e “Storie di plastica” il vostro album. Melodie malinconiche si incontrano e si scontrano con testi introspettivi, mentre la nostra navicella spaziale è in viaggio verso un pianeta sconosciuto. Se un domani sentirete Le Sfere in radio qualcuno avrà scelto per noi. Chi decide cosa dobbiamo ascoltare?
(Autoprodotto) CD
LA CONVALESCENZA: L’eco della clessidra
“La Convalescenza è togliersi le bende per mostrare le ferite, è raccontare storie di vita vissuta e storie talmente immaginate da essere ancor più vere” con queste parole si presenta al mondo La Convalescenza, gruppo che ha debuttato alcuni mesi addietro con sei brani racchiusi ne “L’eco della clessidra”. Tra le band in cui trovano ispirazione citano Il Teatro degli Orrori, Ministri e Biffy Clyro, tutti gruppi che effettivamente affiorano qua e là. Tra i brani più riusciti del minicd bisogna citare “Io non voglio vedere il morto” (brano che dal vivo riesce a far tremare le ginocchia), “Zeno” (nuovo singolo estratto dal mini) con una chitarra che taglia a fettine l’aria davanti a sé e “Mascara”, che chiude il disco con una sei corde alquanto speranzosa in un futuro luminoso. La Convalescenza si muove bene, tra urla, musica energica e tanta voglia di distruggere il mondo a noi conosciuto. Se cercate scosse elettriche ascoltateli a volume altissimo. Potreste trovare risposte ai dubbi che vi tormentano.
(Autoprodotto) CD EP
INDIGO: Indigo
Non è un nome del tutto sconosciuto quello che si cela dietro a Indigo: infatti, nonostante l’anonimato garantito da una pagina Facebook povera di informazioni biografiche, e dalla costante presenza di occhiali da sole “per avere più carisma e sintomatico mistero” (come cantava un noto artista italiano), noi sappiamo che in realtà Indigo è la nuova creatura di Matteo Pellegrini, chitarrista dei modenesi Biasanot. Quello che ha dato alle stampe è una album, omonimo, di dieci tracce dal sapore cinematico, ideale colonna sonora di un film non ancora girato, cariche di suggestioni crepuscolari e noir. Le coordinate musicali sono quelle del trip hop e dell’ambient, che vanno a formare una pasta sonora in cui la chitarra si nasconde sotto i riverberi e i delay, fra ritmiche dilatate e inserti elettronici. Nel complesso il disco che scorre bene, e ad ogni ascolto rivela nuovi particolari e sfumature: manca solo la parte visuale ad accompagnare i brani, ma forse quella Indigo ha deciso di lasciarla alla nostra immaginazione.
(Autoprodotto) CD/Digitale
GILVIAN: The tide
Roberto Ferrario, in arte Gilvian, è un musicista di stanza a Rimini che tre anni fa ha debuttato con l’omonimo album. Oggi con “The tide” torna sul luogo del delitto insieme (in 2 brani) con Enri Zavalloni (Vip200, Pizzicato Five, Mondo Cane) e Alfonso Mastrapasqua (Orchestra Sinfonica Nazionale), che suona la viola nella title track. A chiudere il lavoro una cover di David Bowie. Partiamo proprio da qui. “Time will crawl” faceva parte dell’album del 1987 ed uscì anche come singolo. Ebbene Gilvian riesce a farlo proprio con una naturalezza disarmante. Risalendo la corrente troviamo la suggestiva “Waste of time”, la conturbante “This is your run”, la delicata “The tide”, la malinconica “Meltdown” e la industriale “Latency”. Gilvian gioca ancora, come in passato, con sonorità ‘80 e ‘90, mescolando il velluto e la carta vetrata. Musica elettronica, rock, chitarre, voci filtrate e sussurrate, arrangiamenti densi come una colata di cemento sono le pieghe di “The tide”. Gilvian è l’artigiano che forgia il silicio. Silicio fumante.
(Atomic Studio Records) CD