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JAMES MEADOW: A scarecrow sight

James Meadow (al secolo Davide Falcone) è un cantautore modenese che si è fatto le ossa per strada. Sì, proprio in quelle vie sparse per il mondo che ospitano i busker (si è esibito in Italia, Europa e Canada). James è figlio del folk rock acustico nordamericano, di canzoni che si aprono alla vita e alle melodie. Nel 2016 l’incontro con Luca Perciballi ha portato il lavoro di Meadow alla pubblicazione di questo primo CD composto da undici tracce che sono la summa del suo percorso artistico. Un disco di folk-rock che però affonda le sue radici nella contemporaneità. Un lavoro che si mette al servizio della musica e dell’impegno professionale di Davide in ambito antropologico. I brani sono ispirati alla tecnica di finger-style di Bruce Cockburn e lasciandosi andare all’ascolto James riesce a trasportarci in quelle terre dove il folk è nato e vive prosperoso. Un disco di frontiera, un disco legato alla terra (non intesa come pianeta), un disco che ti avvolge e ti accarezza. Meadow potrebbe anche essere inserito nel filone dell’indie pop, ampliando le vedute musicali, perché alla fine quello che contano sono le melodie, le parole e la capacità di unirle insieme.

(IRD Music) CD

MDNT: Motion

Matteo Donati in arte MDNT, musicista e produttore da Parma il 22 Ottobre produce e pubblica il suo primo singolo MOTION. Quando si pensa alla musica elettronica si ipotizza sempre che dietro a tutto ci siano semplicemente due tasti di un computer, ma in MOTION è tutt’altro. Compressori, riverberi, chitarre, synth, tastiere e tanto altro vanno a creare un beat deciso che trascina l’ascoltatore in un viaggio mistico.
Il brano riporta alle sonorità dance dei Disclosure, alla sperimentazione di Bonobo e agli intrecci polistrumentali degli XX. I beat si costruiscono su uno spettro di possibilità che pare infinito, picchiano duro ma sempre con classe, mentre tutt’intorno melodie minimali creano l’atmosfera perfetta sia per rilassarti che per darti la carica giusta. Ascoltare MOTION ti riporta alle serate passate fino alle 4 nei club e ti da quella minima speranza di poterci tornare il prima possibile.

(Autoprodotto) Digitale

EMILIANO MAZZONI: Emiliano Mazzoni

Iniziamo subito dicendo una cosa impopolare. Questo disco si deve ascoltare più volte. Quindi se siete tra coloro che decidono che un brano è da buttare alle ortiche dopo i primi 15 secondi c’è un problema. Non quello comunicato a Houston ma quello che non lascia spazio a niente e nessuno. Mazzoni, invece, è un artista che va ascoltato e riascoltato. Un cantautore che arriva a pubblicare un album intitolato col suo nome e cognome, quasi a voler rimarcare che dentro a queste otto canzoni c’è lui e il suo mondo. Un mondo fatto di ricordi, paura, sonno, natura e tempo trascorso e da trascorrere. Un disco che cerca di portare l’ascoltatore distante dal baratro della semplice sopravvivenza, trasformando l’ansia in pace interiore. “Emiliano Mazzoni” è un album di luce e nebbia che lascia a ciascuno di noi l’interpretazione dei singoli brani. Un disco di coraggio. Un disco coraggioso. Qui non c’è la ricerca della verità assoluta ma storie che fanno parte di un percorso. Dove porterà questo sentiero nessuno lo può sapere, perché tutto è in mano al destino. Da ascoltare possibilmente in cuffia.

(Private Stanze/Audioglobe) CD

RICCARDO MAZZY MASETTI: Sollèvati

L’unico modo per spiegare l’amore è scriverlo sotto forma di canzone, così scrive Riccardo Mazzy Masetti nella sua biografia. Nuova uscita per il cantautore bolognese che sbarca su Musicplus con il suo quinto album “Sollevati”. Disco estremamente umano che rimane saldamente ancorato al pop italiano dei precedenti dischi. Il suo è un cantautorato sensibile ma con carattere, stempera inquietudini con una certa raffinatezza, cuce con la chitarra trame intorno a un canto sofferto, a volte un po’ troppo.
I brani ricordano melodie e atmosfere dei primi album di Nek ma con un timbro vocale che ricorda i live in acustico di Vasco. Riccardo utilizza come immagine del disco un manichino per disegni, immagine molto rappresentativa che incornicia la visione di noi stessi, così mobili ma allo stesso tempo statici, come le storie di vita che racconta nel suo disco intimo. Un disco che porta speranza e buon umore e incoraggia l’ascoltatore a risollevarsi dopo un momento di difficoltà.

(Rènile Rec./Believe) CD/Digitale

ELIA MARTINA: Nigredo

Elia Martina, compositore classe ‘85, muove i primi passi nella scena musicale di Forlì. Nel 2019 , dalla sintesi delle esperienze passate, nasce il primo disco solista “Happy Days”, che gli permette di sperimentare, avvicinandosi al mondo delle colonne sonore.
Nel 2020, dalla sintesi delle esperienze passate, esce “Nigredo”, Ep di cinque tracce con il quale Elia tenta di avvicinarsi sempre più ad una propria idea di linguaggio. Lo scheletro compositivo è spesso formato da arrangiamenti basso-chitarra-batteria, che si arricchiscono di volta in volta con elementi sperimentali. Si va dal neo funk dominato dal flanger di “Saturday Night”, alla ballata alternative folk di “Mr Fiammifero”. Resta intatta la matrice rock del progetto, con il rumore bianco delle valvole che fa da tappeto. Nigredo è un laboratorio, una fucina in cui le idee di Elia prendono forma. L’ascoltatore ha il compito di sedersi e partecipare al percorso dell’artista. E se il prodotto finito non riscontrasse le proprie aspettative? Basterà ritrasformarlo in materia grezza e ricominciare a modellare, come se fosse argilla.

(Autoprodotto) Digitale

MARBLE HOUSE: Underscore

I Marble House si lanciano da una parte all’altra del crepaccio di genere, calcolando la distanza e il rischio, ben certi di atterrare su due piedi senza sprofondare nella fenditura del terreno. E se da un lato c’è l’impronta progressive anni 70, dall’altro troviamo territori inesplorati e inediti per la band, che scruta all’orizzonte ambientazioni modulari, svolte acustiche e lunghi strascichi vocali, scavando solchi nell’ascoltatore. In questo paesaggio a tratti solenne, a tratti giocoso, trova spazio una produzione a regola d’arte, che miscela sapientemente gli elementi più disparati, sottolineando l’ottimo interplay della band e incoraggiando l’ascolto dal vivo. D’altronde si tratta di un gruppo che da otto anni è attivo sul territorio bolognese e non solo, con diversi live alle spalle e una lunga preparazione dei lavori in studio. “Underscore” è un disco di sette brani, quaranta minuti e un’eterogeneità che catturerà dal fan dei Radiohead a quello dei Tool, passando per i nostalgici del progressive dell’era Peter Gabriel. La riconferma di una band poliedrica che dovrebbe meritare la vostra attenzione. Se questo non bastasse, potete riscoprire il loro album del 2018 “Embers” e il nuovo lavoro “More Human Than Me”, una demo rilasciata nel maggio 2020 solamente su Bandcamp.

(Autoprodotto) Digitale

MALFER: Fiore nella tempesta

Giovane rapper modenese attivo dal 2014, Malfer non è certo alla prima pubblicazione discografica, dato che da anni butta fuori tracce su tracce in collaborazione con l’etichetta Radioattiva Records e affiancato da vari producer fra cui, soprattutto, Morra. Questo per dire che qui vi presentiamo il suo ultimo singolo “Fiore nella tempesta”, che lo vede in featuring con Itarille e Millow, ma nel frattempo scopriamo dalla sua pagina Facebook che nel 2020 nonostante il lockdown Malfer è stato tutto meno che fermo: a novembre un altro singolo ancora (“Sai che me ne frega”, il titolo), ha messo a segno una collaborazione con la squadra di calcio Modena FC, ed è pure riuscito ad mettere a segno qualche data live (miracolo, quest’anno) fra cui la partecipazione a Tutto Molto Bello al Locomotiv Club. E a sentire le rime di “Fiore nella tempesta” non c’è da meravigliarsi che Malfer sia pronto a bruciare le tappe. Il suo è infatti un sound che ti prende subito, un rap sanguigno dai beat old school, ben lontano dai suoni patinati a cui il genere ha strizzato l’occhio negli ultimi anni. Tanta roba.

(Radioattiva Records) Singolo Digitale

MAGENTA#9: Non si può

I bolognesi Magenta#9, i ceffi della Bolognina come amano farsi chiamare, sono giunti al debutto ufficiale con un singolo intitolato “Non si può”. Un brano che ascoltato adesso sembra scritto nel periodo di lockdown. Invece così non è, ma la forza della musica è tale che il testo del pezzo si cala perfettamente in questo particolare periodo storico, anche se è una critica ironica e scanzonata verso i diktat del consumismo nella società delle apparenze, dove il superfluo offusca il valore dell’essenziale allontanandoci dalle gioie autentiche della quotidianità. I Magenta#9 hanno un suono compatto, cantano in italiano e hanno vinto l’ultima edizione di Sanremo Rock, diciamo non nell’anno migliore. Insieme al singolo digitale, che mentre scrivo queste righe un pop-up mi ricorda essere disponibile all’acquisto su un famoso portale in mp3, è stato girato anche un video in animazione che ha come sfondo il capoluogo emiliano. I Magenta#9, capitanati da Amos Amorati, vecchia conoscenza del metal peninsulare con i Rain, vanno dritti per la loro strada incuranti di mode e trend passeggeri. Il rock sembra ancora vivo e vegeto ascoltando il loro pezzo.

(Autoprodotto) Singolo Digitale

LUCERTOLE: Fuoco cammina con me / Ritornare

Oggigiorno possiamo proprio definirci nel periodo “Post Tame Impala” e “Post King Gizzard”: un momento musicale in cui molte band copiano ed abusano del suono dei synth, della psichedelia, e del cantato di queste band. Ma è proprio qui che le Lucertole portano quel tocco di novità e freschezza. La band nata nel 2016 a Ferrara – e formata da Antonio aka Tony al basso, Emanuele detto Lu Magu alla batteria e Juan alla voce e chitarra – a tratti ricorda i suoni dei Psychedelic Porn Crumpets, dei The Claypool Lennon Delirium o dei Post Animal. La missione delle Lucertole è suonare una musica slegata dai preconcetti e dalle convenzioni e ci riescono egregiamente spaziando dall’alt rock, allo psychedelic, al reggae fino ad arrivare a qualche accento prog vecchio stile. Esordiscono con il loro singolo “Fuoco cammina con me”, un frullatore che miscela muri di chitarre, ritmica non banale in 4/4, un ritornello catchy che spinge chiunque a canticchiarlo tutto il giorno. Quindi i ragazzi ferraresi meritano la vostra attenzione? Assolutamente sì, nonostante la giovane formazione sono più che pronti per aprire una nuova scena musicale.

(Autoprodotto) Digitale

LA GABBIA: Madre nostra

È arrivato alla fine all’esordio, a due anni dall’EP “Bruciare Vivo” (2017), questo quartetto bolognese che si autodefinisce stoner, anche se già dai primi secondi di “Madre nostra” non ci troviamo totalmente d’accordo. Si perché La Gabbia si presenta da subito come qualcosa di più. In un’epoca infatti in cui il rock duro fatto di chitarre è indubbiamente in crisi, questa band è riuscita a creare un sound convincente che riesce a mettere insieme la forza dirompente di brani come “Violenza” e “Ho bisogno” a sonorità più aperte e quasi post-rock di “La luna e i falò” e “La fine e l’inizio di una vita”, senza dimenticare poi di lanciare qualche perla marcatamente radiofonica come l’opener “Ilaria”. Il risultato, nonostante queste anime diverse che convivono all’interno delle otto tracce di “Madre nostra”, riesce ad essere omogeneo all’ascolto e a convincere subito, in particolare perché la band è riuscita ad adattare perfettamente la lingua italiana al rock, in maniera credibile, che non è una cosa per nulla scontata. Forse il rock non è morto, forse qualcuno lo aveva solo chiuso in gabbia.

(You Can’t Records/Punx Crew) CD