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La discografia oggi (M.Balestra, L.Fantacone, R.Trinci)

70-style-record-playerSe state leggendo queste pagine quasi certamente siete musicisti, molto probabilmente giovani, con un progetto musicale avviato o ancora chiuso in sala prove. E sicuramente vi starete domandando: come faccio a farmi notare, a trovare un’etichetta, a portare la mia musica alle persone? In questo articolo cercheremo di fare un quadro della situazione attuale nella discografia, per cercare di capire quali sono ad oggi i suoi meccanismi e come muoversi al loro interno.

“Scovare un artista oggi è complesso, dato il numero esagerato di giovani in evidenza tra talent, rete e live”, ci racconta Marcello Balestra, “Ma specialmente per la tipologia diversa di artisti che si propongono per stile, lingua, linguaggio e potenzialità commerciali o comunicative”. In misura proporzionale alla moltiplicazione dei canali comunicativi e delle occasioni per farsi conoscere, è quindi aumentato anche il rumore di fondo: un ‘rovescio della medaglia’ che ha in parte annullato gli effetti positivi del vero e proprio bagno di musica in cui siamo immersi negli ultimi anni. A pensarci, infatti, prima dell’avvento dei vari talent show c’era molta meno musica nella televisione generalista. Il problema è che sono diventati gli unici interlocutori delle grandi major, in parte a causa della contrazione del mercato discografico e in parte per l’arretratezza culturale fisiologica del nostro Paese. Nelle parole di Roberto Trinci: “In altri paesi con una cultura musicale diversa, l’editore può essere il primo a lanciare una promozione sincronizzando un brano in una pubblicità o in un film. Se la cosa funziona salterà fuori un discografico che si interessa a quel brano, e da lì potrebbe nascere un contratto discografico e la relativa promozione. Purtroppo, invece, in Italia le case di produzione (televisive, cinematografiche e pubblicitarie) di solito chiedono hits o nomi già consolidati, per cui questa strada è molto difficile da percorrere”.

Quindi l’unica possibilità per promuovere un nuovo progetto è convincere un discografico a lavorarci sopra, sempre che l’artista in questione abbia già dei risultati alle spalle, una carriera già avviata. “Sono convinto che ormai le multinazionali discografiche abbiano ben poche possibilità di lanciare effettivamente un artista esordiente, se non passando da uno dei talent show in corso”, spiega sempre Roberto. “Le case discografiche ormai non investono più su artisti effettivamente esordienti, ma solo su artisti che abbiano saputo già trovarsi un pubblico, tramite un talent televisivo o tramite un’attività live di successo”. Insomma, in uno scenario in cui anche a detta di Balestra “non sono più le major a fare il mercato, ma a comprarsi i piccoli o medi attori sul mercato” per un emergente che vuole agganciare una casa discografica importante è indispensabile ‘farsi notare’ prima dal pubblico. Però non volendosi giocare la ‘carta’ del talent show, quali alternative rimangono? Quella di maggiore impatto è sicuramente il live, la gavetta ‘vecchia maniera’ insomma, anche secondo Roberto Trinci, per il quale il live è ad ora “l’unica vera promozione per un artista esordiente che non voglia passare da un talent. Lo provano esempi recenti come Dente, Brunori Sas, Lo Stato Sociale, Le Luci Centrale Elettrica: tutti artisti che sono diventati quello che sono da soli, senza che nemmeno un’etichetta indipendente ci abbia messo una lira, anzi molti si sono creati la propria etichetta”.

E allora le etichette e le major a cosa servono? O meglio, servono ancora? Meglio pensare a crearsi il proprio percorso senza attendere un ‘aiuto’ discografico, che può al limite ‘aiutare’ a fare un salto di livello in un secondo momento. “L’etichetta o la major hanno sicuramente un vantaggio in esperienza e nel gestire nel tempo il percorso di un artista. Vero è che se queste entità non si impegnano nel fare grandi sforzi per sostenere un progetto nuovo, tanto vale fare da sé, utilizzando i Social e il Web in modo organico, e credendoci molto di più di quanto un’etichetta possa fare” conferma Balestra, “Bisogna però cercare di capire l’entità del progetto che propone, la sua potenzialità reale, poi decidere di chi si può o si deve aver bisogno. Il potenziale del progetto non è facile da capire da soli, ma ci si può far aiutare da esperti del settore, che possono indirizzare il progetto con o senza etichetta”.

Se rimboccarsi le maniche e mettersi in proprio a questo punto non vi sembra più una cattiva idea, Internet diventerà per forza il vostro principale canale promozionale per un emergente: economico, massivo, accessibile. Il problema è che è ormai talmente saturo di musica, di nuovi artisti, di blog e webzine che parlano di musica, che farsi notare da un pubblico distratto come quello del Web al giorno d’oggi non è per niente facile. Anche a costo di regalare totalmente la propria musica per fare in modo che più gente possibile abbia modo di ascoltarla, e con la consapevolezza che comunque avere un ritorno economico dalla vendita (anche digitale) del proprio disco sia quasi impossibile.

“Ci troviamo nel bel mezzo di un momento epocale, di un netto cambiamento di modalità di consumo di musica e di tutte le attività che ruotano intorno ad esso” spiega Luca Fantacone. “Esattamente come quando iTunes cominciò a diventare importante in Italia, il modello di consumo e di business ora sta cambiando profondamente in favore dello streaming, e l’impatto che Spotify e i maggiori servizi di streaming hanno sul mercato sta cambiando le regole del gioco. Questo non vuol dire: ‘non si vendono più i CD’, ma ‘si consumerà sempre più musica in streaming’”. A fronte di un’opinione così entusiastica bisogna però dire che si vendono pochi dischi, e che si è ancora ben lontani dal poter ottenere un introito dallo streaming: “Spotify o YouTube (che indubbiamente sono i ‘posti’ dove effettivamente gira la musica oggi) sono purtroppo calibrati sui mercati internazionali, per cui un artista pop internazionale con milioni di visualizzazioni può avere un ritorno economico, ma non un artista locale di buona popolarità”. Questo secondo Roberto Trinci, per il quale “sarà senz’altro necessario ricalibrare nei prossimi anni il modello economico di queste imprese e i contratti che intercorrono tra i soggetti del mercato musicale per fare in modo che tutte le parti in causa (autori e interpreti, editori e discografici) possano vedere riconosciuto anche economicamente il successo del loro lavoro”.

Quindi, in conclusione, cosa ci rimane? Un quadro di un sistema frammentato, che sta ancora cercando un equilibrio economico e in cui è sempre più importante per un musicista, oltre a saper suonare e scrivere canzoni, anche saper fare (bene) tutto il resto: promuoversi, organizzare concerti, saper dialogare con i fan, crearsi un pubblico, un’immagine. Oppure mettersi in gioco in qualche talent televisivo. Tutto questo sempre tenendo a mente, ci sentiamo di dirlo, di rimanere sinceri e fedeli alla propria arte, senza inseguire le mode del momento: perché al di là della qualità artistica o del genere o del gusto, nulla colpisce di più che vedere un artista che si diverte nel suonare e crede in quello che fa.

Le parole dei valutatori: Roberto Trinci

untitledIniziamo dalla base: cosa significa oggi fare l’editore, rispetto a dieci anni fa?

“Al giorno d’oggi essere editore significa ritrovarsi al centro del nuovo mercato musicale, un mercato che non si basa più sulla vendita del supporto fonografico, ma che si sorregge su fonti di introito differenti. E tutto questo senza in compenso avere ancora i mezzi e le persone necessarie per sostenere questa rinnovata mole di lavoro”.

Quali sono le dinamiche che hanno fatto cambiare così tanto il mercato discografico, e quali conseguenze questo ha avuto sul tuo lavoro?

“Il motivo che sta alla base di tutti i cambiamenti avvenuti ultimamente è che ora si può “consumare” musica senza pagarla, quindi il mercato si è decisamente ristretto. Questa novità epocale ha avuto risvolti negativi, perché ci sono sempre meno tempo e soldi per sviluppare progetti nuovi, ma anche lati positivi, nel senso che in un mercato di questo tipo conta molto di più il pubblico reale e molto meno le strategie marketing adottate dalle major”.

Con l’evolversi del digitale, del web 2.0 e della musica liquida, per le case discografiche secondo te si sono aperte più possibilità oppure si è solo ristretto il margine di guadagno?

“In realtà sono successe entrambe le cose. E’ vero che il guadagno si è sensibilmente ristretto, ma contemporaneamente si sono anche diversificate le fonti da cui questo guadagno deriva. Il risultato più che altro è che tutto è molto frazionato e quindi anche più complicato da gestire”.

Quindi come vedi in generale il futuro della musica?

“Credo che il futuro della musica sarà buono, non penso proprio che la musica possa dirsi in pericolo. Anche se poco ma sicuro cambieranno ulteriormente le aziende che regolano il settore discografico e il modo che hanno di generare un fatturato che gli permetta di sostenersi, e di continuare a proporre nuovi artisti”.

Di sicuro una prima strada percorsa è stata quella dei Talent Show, che permettono alle case discografiche di sfornare ogni anno interpreti dal successo più o meno assicurato.

“In realtà a ben guardare i Talent Show inseriscono nel mercato musicale al massimo uno o due interpreti significativi all’anno, quindi non ritengo che abbiano cambiato un granché la situazione. In compenso offrono opportunità di lavoro per gli autori, e questa è la vera novità”.

Per la tua esperienza, ad ora quanti musicisti raggiungono ancora il successo dalla gavetta o dal mondo indipendente, e quanti invece attraverso talent show e simili?

“Diciamo che il rapporto è ancora a favore di cantautori e gruppi indipendenti che fanno il proprio percorso partendo dalle basi, dai concerti, dai locali. Alla fine la porzione di interpreti che arriva al successo attraverso i Talent è ancora abbastanza ridotta, quasi nemmeno un terzo del totale”.

Eppure ora come non mai sembra che il mondo indipendente e quello major non si incontrino, lavorino a compartimenti stagni. E che in compenso chi riesce a passare a una notorietà più ampia finisca a fare la parte del “venduto”…

“In realtà la mia impressione è proprio opposta, e che mai come negli ultimi anni indipendenti e major abbiano lavorato insieme. Basta guardare casi come quelli di Baustelle, Subsonica, Dente, Le Luci della Centrale Elettrica, Il Teatro degli Orrori… L’importante certo è che un artista nel momento in cui comincia a lavorare con le majors non inizi immediatamente a parlar male di quello che si è fatto fino a quel momento”.

Quale consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane musicista che vuole arrivare a una major?

“L’unico consiglio che mi sento di dare è di darsi da fare per trovare un pubblico, perché solo quando hai già un pubblico, un tuo seguito, una major può essere coinvolta. Una volta era la major a occuparsi di “trovare” il pubblico a un artista, ora purtroppo non è più così”.

Quindi normalmente come entri in contatto con i nuovi artisti con cui lavori?

“Spesso mi capita di leggerne bene sulle riviste specializzate o sui Social Network, vado a verificare cosa trovo in rete e dopo aver ascoltato del materiale, se condivido i giudizi positivi che ho letto, mi metto direttamente in contatto con loro”.

Nel fare il discografico senti una sorta di responsabilità, come se stessi contribuendo a scrivere la storia della musica, o è una roba da film sul rock anni ’70?

“Beh, io in particolare questa responsabilità la sento e infatti cerco di non spingere mai cose che non approvo. In realtà però ormai il pubblico reale conta, per fortuna, molto più delle major e di chi lavora al loro interno quindi diciamo che la mia è una responsabilità limitata…”.

Lancio il sasso e nascondo la mano: da editore, se puoi, un commento sulla SIAE. Giusto perché nella sua storia più recente non è stata esente da scandali, moltissimi artisti soprattutto giovani iniziano a vederla sempre più come un monopolio opprimente piuttosto che come una fonte di tutela della propria opera.

“Mi limito a commentare che, diversamente da come pensano molti artisti, una SIAE funzionante sarebbe estremamente preziosa per tutti… Purtroppo però non sempre si ha la sensazione che riesca a sviluppare tutte le sue enormi potenzialità”.


Roberto Trinci
Laureatosi nel 1991 con il massimo dei voti ed una tesi sull’utilizzo delle perversioni sessuali nel marketing discografico, consegue un Master in Business Comunication presso Cà Foscari e dal ’94 inizia a lavorare come band manager per Elio e le Storie Tese e label manager di Casi Umani, Psycho Records, Casasonica. Head of A&R in BMG Music Publishing dal 1997, nel 2005 diventa Direttore Artistico di EMI Publishing Italia, oggi Sony/emi Publishing. Ha firmato e scoperto, tra gli altri: TARM, Subsonica, Baustelle, Dente, Zen Circus, Il Pan del Diavolo, Perturbazione.

Le scelte dei valutatori: Roberto Trinci

Roberto Trinci

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SPACCA IL SILENZIO
spaccailsilenzioNei due brani di questa band si percepisce un mondo cantautorale di grande sensibilità sia dal punto di vista dei testi (personali e non scontati) che nella parte musicale. Ho trovato particolarmente riuscito un brano come “Da questo muro”. Il problema potrebbe nascere pensando ad un possibile inserimento di un repertorio di questo tipo nell’attuale mercato musicale. Probabilmente le strade sono due:
1) continuare nell’attività live fino a crearsi un seguito tale da interessare almeno le etichette indipendenti;
2) trovare un brano più radiofonico che possa aprire le strade verso i network e verso le multinazionali. In questi pezzi c’è molta qualità ma forse manca un brano che sia di immediata presa e che permetta di saltare la lunga gavetta di un percorso “live”. Un progetto comunque interessante che merita di essere portato avanti.

 

GIACOMO CANTELLI
giacomo cantelliUn progetto interessante questo del giovane cantautore emiliano. Due brani come “Tenebre e Crocifissi Piegati dal Vento” sono due tra le cose migliori ascoltate in vari anni di SONDA. Sia gli arrangiamenti che lo sviluppo dei testi mi sembrano riusciti e con una loro originalità restando però in un ambito con possibilità anche commerciali. è una forma di cantautorato moderno, ancora un po’ da “raffinare” ma certamente superiore alla media dei demo che girano. Un problema potrebbe essere la sovrappopolazione di cantautori emergenti in questo momento, per cui il progetto potrebbe trovare qualche difficoltà a farsi notare.
In casi come questo il continuare a scrivere e confrontarsi con un pubblico reale (anche se magari solo locale) sono indispensabili alla crescita, ma senza dubbio vale la pena provarci.

 

MANGIARICOTTA
mangiaricottaE’ evidente, fin dal primo ascolto dei brani, che si tratta di un progetto molto particolare ma anche piuttosto interessante. Sia a livello di testi sia per le atmosfere musicali mi sembra che la proposta non si limiti ad essere distruttiva (come sembra in prima battuta) ma riesce, invece, a costruire qualcosa di personale e di riuscito.
Mi sembra che un progetto di questo tipo potrebbe trovare il suo spazio anche nell’affollato mondo indipendente attuale. è chiaro che non è dal mainstream che un lavoro come questo potrà partire (networks radiofonici e majors sono lontane) ma oggi si può partire anche dal basso, se la proposta è originale, e se chi la porta avanti ci crede veramente (come artisti del calibro dei Tre Allegri Ragazzi Morti o Luci della Centrale Elettrica hanno dimostrato). Importante sarebbe, pur mantenendo l’originalità dell’approccio, focalizzarsi un po’ di più anche sulla forma canzone (magari riveduta e corretta).

 

trinciRoberto Trinci
Laureatosi nel 1991 con il massimo dei voti ed una tesi sull’utilizzo
delle perversioni sessuali nel marketing discografico, consegue 
un Master in Business Comunication presso Cà Foscari e dal '94
inizia a lavorare come band manager per Elio e leStorie Tese 
e label manager di Casi Umani, Psycho Records, Casasonica. 
Head of A&Rin BMG Music Publishing dal 1997, nel 2005 diventa 
Direttore Artistico di EMI Publishing Italia, oggi Sony/emi Publishing. 
Ha firmato e scoperto, tra gli altri: TARM, Subsonica, Baustelle, 
Dente, Zen Circus, Il Pan del Diavolo, Perturbazione.

I valutatori: intervista a Roberto Trinci

Roberto Trinci

Laureatosi nel 1991 con il massimo dei voti e una tesi sull’utilizzo delle perversioni sessuali nel marketing discografico, Roberto Trinci consegue un Master in Business Comunication presso Cà Foscari e dal ’94 inizia a lavorare come band manager per Elio e le Storie Tese e label manager di Casi Umani, Psycho Records, Casasonica. Head of A&R in BMG Music Publishing dal 1997, nel 2005 diventa (ed è tutt’ora) Direttore Artistico di EMI Publishing Italia. Ha firmato e scoperto, tra gli altri: TARM, Subsonica, Baustelle, Dente, Zen Circus, Il Pan del Diavolo, Perturbazione.

 

Una vita nella discografia, si potrebbe dire, la tua. Volontà o casi della vita?
“E’ stata una volontà in quanto da sempre appassionato e maniaco di musica. Figlio di due impiegati statali, e vivendo in un piccolo paese ligure, tutto avevo davanti tranne quello: ma volevo farlo, e ce l’ho fatta. E’ iniziata facendo scouting gratis per le major, poi mi hanno chiamato e ho iniziato facendo promozione per Elio e le Storie Tese”.

Da lì poi hai cambiato spesso: prima Casi Umani e Psyco, poi BMG, poi Casasonica (di cui sei stato fondatore) e poi nuovamente EMI. Come mai? E in generale preferisci trovarti in ambito indipendente o in grandi gruppi discografici?
“Il fatto è che mi considero abbastanza il datore di lavoro di me stesso, quindi quando nell’azienda in cui mi trovo non si riesce più a lavorare, cambio. Non ho mai modificato il mio atteggiamento nel lavoro tra indipendenti e le major perché mi sono sempre relazionato più che altro direttamente con i musicisti: certo le major hanno più soldi e sono più lente, anche se si posso velocizzare”.

In questi anni il mercato ha subito delle trasformazioni profonde: quali sono secondo te, nel bene o nel male, le più importanti?
“Sono molto, molto diminuite le disponibilità economiche, un fatto che assieme alla tecnologia ha ridotto le differenze tra major e indie. Però c’è anche molta più musica e, grazie a Internet, molto più confronto tra musicisti di tutto il mondo, oltre a un mercato internazionale sempre più importante a causa di mercati locali sempre più piccoli”.

Che cosa vuol dire, nel 2012, fare l’editore in campo musicale? E soprattutto, ha ancora senso dal momento che tantissimi artisti si promuovono da soli?
“Beh, l’editore firma, finanzia e dà genericamente una mano agli artisti all’inizio della propria carriera… Almeno nel mio caso, uso le conoscenze che ho tra gli addetti ai lavori per fare uscire voci e facce nuove. Nelle prime fasi ha un ruolo molto simile a quello di un manager, poi quando l’artista diventa un big il suo compito diventa quello di scegliere bene gli investimenti anche in ambiti extra-discografici (cinema, pubblicità, concerti) avvalendosi di collaborazioni esterne”.

Sono molti anni che collabori con il progetto Sonda: ti è capitato di sentire del materiale interessante? Come cambia il tuo lavoro rispetto a quello con artisti che ti contattano utilizzando altri canali?
“Mi è capitato di sentire materiale anche molto interessante, ma come editore ho bisogno di convincere almeno altri due partner (un produttore e un discografico e/o un’agenzia di concerti) per iniziare un vero lavoro, e questa è la parte complicata. Inoltre penso che di progetti validi ne escano uno o due all’anno (e limitandosi ad una regione ovviamente molti meno) quindi per la legge dei grandi numeri non è facile trovare qualcosa che ti convinca al 100%.

Se dovessi consigliare qualcuno su come muoversi per riuscire, ad esempio, a pubblicare un album o ad approcciare un editore del calibro di EMI Publishing, cosa gli diresti?
“Basta mandare del buon materiale e nel frattempo sbattersi per fare concerti e muoversi sui social network, con degli amici che ti diano una mano. Se il materiale è buono qualcosa succede”.

E se invece volesse fare il tuo mestiere?
“Iniziare aiutando i musicisti bravi che conosce e facendo da tramite tra loro e le strutture vicine come locali, radio, siti web. E quando qualcosa ‘riesce’ farlo notare alle poche strutture rimaste in piedi. E’ molto dura ma come ce l’ho fatta io ce la possono fare altri: io non conoscevo né musicisti, né discografici e sono arrivato a Milano senza conoscere nessuno… Insomma peggio di così non potevo partire”.

Per finire: c’è stato un caso in cui hai fatto un errore di valutazione, rifiutando qualcuno che poi hai avuto successo? Di quelle cose per cui ti mangerai le mani a vita…
“L’unico caso che mi ricordo è quello dei Luna Pop, che in realtà mi erano piaciuti ma avevano fatto richieste economiche da gruppo di successo prima ancora di pubblicare una sola canzone. Io e i miei colleghi non ce la siamo sentita di rischiare così tanto, ma il progetto ci era piaciuto. Devo però aggiungere che purtroppo (è questo è un pessimo segno per il mercato) sempre più spesso ci troviamo a festeggiare il fatto di non aver firmato qualcuno, ed evitato così un bagno di sangue”.


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