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Category Archives: Gli ascolti di Sonda 2018

VERTICAL LINES: The Ghost Inside Of Me

verticallinesPrimo album per i reggiani Vertical Lines, band di quattro elementi formatasi nel 2014 e giunta a realizzare questo “The Ghost Inside Of Me” dopo aver pubblicato l’omonimo singolo e un EP intitolato “Victory”. Il loro è un rock alternativo che oscilla fra distorsioni taglienti e melodie morbide, fra sonorità oscure e malinconiche ed innesti di elementi elettronici. Un mix che ricorda molto la scena musicale americana di inizio millennio, e che a tratti fa pensare ai Muse come primo riferimento musicale per il quartetto. Idealmente suddiviso in due parti da sei brani ciascuna, “The Ghost Inside Of Me” dà l’impressione di essere più che altro una carrellata dei brani realizzata dalla band dalla sua nascita fino ad ora, fra ballad e brani più energici, pezzi propriamente rock e altre prove più sperimentali. Comunque una buona prova per una formazione che è appena all’inizio del proprio percorso, e che è già in evoluzione: nel frattempo infatti hanno messo a punto un nuovo EP, “Fiori d’inverno”, questa volta cantato in italiano.

(Autoprodotto) CD

TIZIO BONONCINI: Non fate caso al disordine

Tizio-BononciniSecondo album per il cantautore bolognese Tizio Bononcini, anche se chiamarlo cantautore è alquanto riduttivo. In questa nuova fatica discografica Tizio si muove dal tango allo swing, dal pop al folk, dal reggae all’indie. In questa moltitudine di sonorità Bononcini racconta storie piene di personaggi che potrebbero uscire da un qualsiasi film di Fellini ma anche essere i nostri compagni di viaggio sulla linea 96 che dal centro città arriva fino all’estrema periferia. Musica e teatro a braccetto per una colonna sonora di appunti di viaggio. Se “Un ombrello” ricorda “La sedia di lillà” di Alberto Fortis, nei restanti brani Bononcini prende spunto da De Andrè piuttosto che De Gregori, da Cammariere piuttosto che Dalla, mentre il nostro eroe sta decidendo cosa fare da grande. Può scegliere tra laureto in ingegneria, cantante, pianista, attore e ballerino di swing, papà. Potrebbe anche continuare a fare tutti questi mestieri insieme e nessuno si scandalizzerebbe, perché oggi bisogna essere tutto e il contrario di tutto. Quello che conta è che l’ordine diventi disordine o viceversa. Da ascoltare tassativamente.

(A Buzz Supreme/Audioglobe) CD

TANGE’S TIME: Annuendo

Tanges-TimesI Tange’s Time arrivano (finalmente) al nuovo lavoro discografico. Guardando la copertina di “Annuendo” potreste pensare che la band sia impazzita. Ed è proprio così quando ammirerete la foto sistemata sull’inlay. Un fotomontaggio tra una pecora e Brian May dei Queen. Pazzi. Dopo il titolo e la foto non resta che ascoltare i sette (sei) brani in scaletta. Con timore ho iniziato con “Diobono” e alla fine ho tirato un sospiro di sollievo, poi sono passato a “Vieni pure al bar!” ed è stato subito festa con tanto di Vasco Rossi e il Roxy Bar. Non ancora pienamente soddisfatto sono finito tra le grinfie de “Il mare” e nel coro da stadio di “Alè”, per poi terminare il viaggio con il brano che da il titolo al disco, “Annuendo”. Tutto mi è diventato chiaro, limpido, cristallino. I Tange’s Time sono dei geni che a colpi di nonsense si fanno strada in questa giungla di perfettini dal look impeccabile. “Se Brian May assomiglia a Branduardi” si chiedono i Tange’s mentre la mia testa esplode in mille pezzi. Chissà che faccia avrà fatto il chitarrista dei Queen quando ha ricevuto il disco dei Tange’s. Perché qualcuno glielo avrà dato. No?!

(Canexotic Music) CD

SAFARI SURROUND: Relazione naturale

safarisurroundCrossover: una parola, un genere, che vuol dire tutto e niente, che identifica semplicemente la sovrapposizione di due stili musicali, ma che ha finito per legarsi a quell’idea di rock ibridato con rap e hip hop nata a cavallo della fine del millennio. In sintesi, quindi, i Safari Surround si potrebbero definire crossover, ma in realtà sono molto di più. Perché se è vero che la base prodotta dal trio Daniele Chiatto (chitarra), Laura Prampolini (basso) e Emer Ferrari (batteria) è un solido funk rock, quando su questa si innestano le rime di Lorenzo “Elefante” Argese il risultato della fusione è profondamente rap. In una situazione in cui sarebbe un attimo cadere nel tranello di scimmiottare Rage Against The Machine, Linea 77 o (peggio) Caparezza e altri, il quartetto tira fuori uno stile personale che ricorda più la scena anni ’90, quando il rap era ancora più suonato che prodotto, e non si abusava dell’autotune. Il safari è appena iniziato, aspettiamo con ansia un secondo capitolo.

(Autoprodotto) CD

REMIDA: In bianco e nero

RemidaGiunti al quarto album della loro carriera i Remida non dovrebbero avere bisogno di presentazioni ma, nel dubbio, vi diamo un paio di coordinate: in giro ormai da più di una decade, questo quintetto modenese si è costruito negli anni un percorso credibile nel non facile mondo del rock pop, quello che guarda all’esperienza di band come Negramaro e Modà, e che aspira alle grandi platee e ai network radiofonici. In questo nuovo “In bianco e nero” la band rivendica il proprio essere pop e lo usa come pretesto per spaziare tra i generi, giocando con l’elettronica e uscendo dalle ritmiche canoniche del rock, come in “La canzone del secolo”, che assieme all’incalzante title track si rivela uno degli episodi più interessanti della scaletta. Molto buona poi la scrittura dei testi, in particolare quando lasciano da parte le tematiche più leggere ed entrano nel (crediamo) biografico, come nel caso di “8 Novembre”. A voler trovare un difetto, forse il disco è appesantito da qualche ballad di troppo… ma pazienza: in fondo è pop, no?

(Golden Records) CD/Digitale

PELLEOSSA: Pelleossa

pelleossaSe state leggendo queste righe e non siete più giovanissimi, diciamo nati tra gli anni ’80 e i ’90, probabilmente il nome Pelleossa vi poterà alla mente un più o meno celebre cartone horror dell’ultima decade del millennio passato. Che sia volutamente un omaggio al verde zombie della serie televisiva non ci è dato saperlo, ma questo indizio rivela però come il quartetto modenese capitanato da Maurizio Cocerio non sia propriamente di primo pelo. Intuizione confermata già dalle prime note di questo esordio omonimo, che svelano riferimenti musicali abbastanza datati, in particolare una predilezione per il rock anni ’70 e ’80 a tratti quasi ingombrante. Il risultato finale è un disco rock che pur ben eseguito, più nella parte strumentale che in quella vocale, è abbastanza discontinuo. Fra quattro brani in italiano e tre in inglese, sabotati da una pronuncia non troppo a fuoco, a spiccare è la strumentale “Siderale” in cui il lato progressive della band si mette in primo piano, tracciando quella che a mio parere sarebbe la linea che i Pellossa dovrebbero seguire nel futuro.

(Autoprodotto) CD

PADRE GUTIÉRREZ: Addio alle carni

padregutierrezUna voce d’altri tempi, probabilmente presa da una vecchia trasmissione televisiva o radiofonica, fornisce una definizione enciclopedica di che cosa sia “Il Rock”: così si apre il terzo album di Padre Gutiérrez, al secolo Mattia Tarabini, definendo da subito che “Addio alle carni” è un disco profondamente rock. Le nove tracce che compongono la tracklist sono infatti rock non solo per le sonorità, che fondano le proprie radici nel blues senza negarsi incursioni nello stoner e armonie bossa nei brani più morbidi. Sono rock anche e soprattutto nelle tematiche dei testi, affrontate da Padre Gutiérrez con arguzia e ironia: fil rouge di tutto il disco è appunto la carne, che diventa sinonimo di sessualità, di amore carnale (“L’insaziabile”, “Corpo di martire”, “Nudo di Venere”, “Vanessa”) ma anche chiave di lettura per la società moderna (“Il buco da riempire”, “L’ultimo maiale sulla terra”, “La Carne è Finita”). Un disco solido come una roccia, sia musicalmente che per visione d’insieme, che riconferma la bravura del cantautore carpigiano.

(Discorso Records) CD/LP

ONE GLASS EYE: Sea You

one-glass-eyeCambio deciso di registro per One Glass Eye in questo nuovo “Sea You”, che esce a un paio di anni di distanza da “Elasmotherium”: infatti, mentre all’esordio Francesco Galavotti (modenese, già chitarrista nei Cabrera) si era presentato con un disco totalmente acustico e intimista, in questo nuovo lavoro lo troviamo accompagnato da una backing band al completo. Un supporto strumentale, impreziosito qua e là da parti di pianoforte e synth, che fa decollare i brani portandoli fuori dalla dimensione da cameretta e proiettandoli in cielo, oltre le nuvole. One Glass Eye dà così vita a cinque tracce dream pop che spaziano dalla freschezza della opening “Beached” e della power ballad “Bye Now”, alla melanconia di “Underwater” e “Having You Around”. Chiude il cerchio “Happy”, che dietro al titolo innocuo nasconde una ballad crepuscolare e intensa, dai toni cupi e distorti, forse il brano che più di tutti riporta al mood dell’album precedente. Insomma, “Sea You” è piacevolissimo da ascoltare, e getta le basi per l’evoluzione futura di un artista ancora in crescita.

(Autoprodotto) CD/Digitale

MUDSAND: Miles and miles

MudsandI Mudsand sono un trio nato nel 2016 dall’incontro tra Sandro Sgarzi (che qualcuno si ricorderà nei Phono Emergency Tool), il batterista Alberto Paumgardhen e il sassofonista Massimo Ortensi. Proprio di quest’ultimo è la chiave di lettura dei brani che compongono questo primo album autoprodotto. Dodici brani che ricordano i Morphine (sono loro stessi a dirlo) ed un mondo sonoro che si diverte a girovagare tra sixties, indie, alternative, jazz, funk, garage e pop. Proprio l’elemento pop è il grimaldello di alcune canzoni, come “The light of foolishness”, che ci hanno ricordato gli XTC più ispirati. I Mudsand dimostrano con questo album di sapersi destreggiare con disinvoltura tra le pieghe dei brani, avendo un’ottima capacità di scrittura. Per tutti gli amanti del pop lussurioso, per tutti i patiti degli anni Sessanta, per tutti i devoti del garage più assassino, per tutti i malati del suono british più cupo di sempre, per tutti i fan dei The Beatles. I Mudsand sono la risposta che aspettavate da tempo. Da tempo immemore.

(Autoprodotto) CD

GIACOMO MARIGHELLI: Il cerchio della vita

giacomomarighellilowPartiamo dal presupposto che Giacomo Marighelli, prima di questo esordio, non era Giacom Marighelli. O meglio, si nascondeva dietro una serie di pseudonimi (Margaret Lee, Vuoto Pneumatico, Movimento Nullo) con cui ha comunque realizzato un totale di cinque album, diverse colonne sonore e anche un’installazione/spettacolo musicale di ben 40 ore ininterrotte. Artista poliedrico, Marighelli nel “Il cerchio della vita” risulta però più concentrato sul messaggio che sul modo in cui viene trasmesso. Se da una parte è ricco di dettagli nella parte testuale – il disco è infatti definito dal suo autore come un album di pura poesia incentrato sull’amore – dall’altra è impoverito dalla scelta di ridurre il tessuto sonoro a chitarra acustica e chitarra elettrica. Aggiungendo a questo la struttura lunga e le sonorità spesso cupe dei brani, non si può certo dire che “Il cerchio della vita” sia un album di facile ascolto, per quanto profondo e impegnato. Unico momento più leggero è il brano “Il dio denaro”, ballata in bilico fra il pop dei Baustelle e la dissolutezza di Lou Reed.

(La cantina appena sotto la vita) CD