ALESSANDRO DEAN: Dio
Alessandro Dean afferma che si ispira ai Twentyone Pilots, Linkin Park, Rammstein, Joji e Sxrrxland. Bene, prendete questi nomi legateli insieme e cominciate l’ascolto del nuovo singolo Dio, la storia di una coppia che cresce in un orfanotrofio fino alla prima età adulta, quando il loro rapporto diventa “tossico”. Il pezzo s’infila nei disturbi mentali, il suicidio, l’abuso di sostanze, le relazioni di coppia che racchiudono la difficoltà (a volte) di interagire col prossimo. Un velo di dolore si stende sul brano ma alla fine un raggio di speranza si può intravedere all’orizzonte. A proposito del genere musicale, siamo dalle parti dell’alternative pop, trip hop, conscious rap ma anche altro.
AperiDVO: EP
AperiDVO arriva ad un ep con quattro brani ad un anno di distanza dal primo singolo intitolato Different shapes. A dire il vero nell’ep compaiono due canzoni già pubblicati anche se in versioni differenti (“Forme diverse” e “Black bunny”). Tre pezzi sono stati registrati dall’ultima formazione live di L’Orca, mentre “Dance with me” appartiene al nuovo trio che ha già licenziato due singoli: “Change your mind” e Vattene via”. Da sottolineare che Sandro dei S.EM. Whisper suona la batteria in tre canzoni, mentre Samu è presente dietro piatti e tamburi nel quarto brano. Pezzi in italiano e inglese a dimostrazione del respiro internazionale del progetto, che dovrebbe emigrare per portare a termine il percorso iniziato.
BINGE DRINKERS: Muerte – An apology of V acts
Perché si decide di fare musica? Perché si ascolta musica? Alla prima domanda, non essendo un musicista colui che scrive, è arduo rispondere, ma alla seconda, invece, colui che scrive può dire di cercare energia, emozioni, le risposte della vita, scoprire nuovi suoni, nuovi nomi, nuove scene, nuove tendenze. Visto, però, che conosco, musicalmente parlando, i Binge Drinkers da tempo, azzardo una risposta anche alla prima domanda. I Binge fanno musica perché si divertono e nel rock trovano il loro posto nel mondo. La riprova cristallina è questo nuovo ep, un concept che analizza la visione della morte secondo la cultura spagnola. Solo ai Binge Drinkers (il loro nome è già un programma), poteva venire in mente un concept di questa natura. Da Vignola alla conquista del Sud America e della Spagna con i Binge è un attimo. Suoni energici, potenza di fuoco e tanta adrenalina. Può bastare? Sì, può decisamente bastare.
ELLEN RIVER: Life
Un doppio album che contiene la gioia di vivere, suonato e cantato da una artista emiliana che sembra nata nelle praterie statunitensi, spostandosi giorno dopo giorno nelle lunghissime highway che solcano gli States. Un anno di lavoro che ha prodotto 27 canzoni e in un mondo votato alla velocità ipersonica di consumo dell’intrattenimento può apparire come una montagna insormontabile. Invece. Invece, ti metti all’ascolto e vieni rapito dalla voce di Ellen River, dalle melodie, dalla voglia di rinascita, dalla gioia di guardarti allo specchio anche oggi mentre pensi che la felicità è nei piccoli momenti, nei piccoli gesti, nel sorriso che incroci quando meno te lo aspetti. “Life” è un disco rock, blues, soul, country, bluegrass, insomma quello che volete sentirci dentro. “Life” è un disco che ha un respiro internazionale da far paura. “Life” è un disco che ti coccola. “Life” è un disco che ti accompagna. “Life” è un disco maledettamente bello. Uno di quei dischi per cui vale la pena “perdere” del tempo ad ascoltarlo. La frenesia del consumo non appartiene a questo doppio album.
FLORILEGIO: Sogno abissi notturni
Florilegio è Matteo Polonara, cantautore di Ancona che da alcuni anni si è perso sotto i portici di Bologna. “Sogno abissi notturni” è un concept album che racconta una giornata, un disco di pop psichedelico, che nasconde dietro ad una solarità di fondo le incertezze della vita, le annose domande che ci accompagnano lungo il corso della nostra esistenza. Ad un primo ascolto Florilegio ricorda Fabio Concato, forse per la voce, forse per la malinconia che alleggia sui brani. Florilegio parla con chi vive in Piazza Maggiore a Bologna, preparare un soffritto, racconta di diversità, fragilità e quella solitudine che nell’era dei social è un qualcosa che non si può concepire. Tra le sue influenze cita: David Bowie, Lou Reed, Mac deMarco, Enzo Carella, Lucio Battisti, Post Nebbia, Colombre, Lucio Corsi. Un viaggio che attraversa una giornata. Perché anche un solo giorno può segnarti per sempre.
GIACK BAZZ: Just a little bit more famous
Giack Bazz è un artista difficile da catalogare, come è difficile riuscire a seguire passo dopo passo le sue creazioni. Lui è capace di scrivere un album con 366 canzoni e proporlo come il disco più semplice mai realizzato, oltre sei ore di musica, che si sposano con un lavoro precedente di 30 brani per la durata complessiva di meno di venti minuti (qui i Circle Jerks insegnano), oppure eccolo con “Just a little bit more famous”, una sorta di secondo capitolo di un album del 2018. Otto canzoni tra indie rock e psichedelia, tra cantautorato e folk, tra Paul McCartney e Kevin Morby, tra Elliott Smith e Jamie T. Giack ha scritto l’album durante la pandemia non sapendo come sarebbe andata a finire, il disco ma anche il mondo. Oggi l’ha pubblicato e magari è anche contento che la razza umana non sia scomparsa. O forse no?
MAN MAZE: Man Maze
Man Maze è un viaggio. Man Maze è un sentiero da percorrere insieme. Man Maze è uno sguardo sull’uomo. Man Maze evoca spazi immensi dove perdersi (fisicamente e mentalmente). Man Maze si guarda attorno e vede in lontananza i Pink Floyd (nessuna eresia) e i Beach House (nessun paragone spropositato). Man Maze è mistero che avvolge le canzoni. Man Maze è un lavoro a quattro mani tra Natan Rondelli e il produttore Marco Bertoni. Man Maze è l’oggi, l’adesso, l’ora. Man Maze ti porta lontano pur rimanendo fermo. Man Maze sogna ad occhi aperti. Man Maze vorrebbe, perché è consapevole che può. Man Maze è siderale. Man Maze è rosso sangue. Man Maze è così potente che può scaraventarci a terra. Man Maze osa dove altri si sono arresi. Man Maze è un distillato di emozioni. Man Maze è un concept. Man Maze è tanta roba. Man Maze è bellissimo.
NERS: The panic room of happiness
I Ners sono tornati. Da Reggio Emilia il loro pop rock risplende come non mai. Nei dieci brani dell’album i nostri eroi si danno daffare per lasciare emozioni nell’ascoltatore. I riferimenti sono quelli di Stereophonics in prima battuta, a volte i pezzi potrebbero benissimo figurare in un disco della band anglosassone, ma anche The Cure, Oasis, Counting Crows, Editors, White Lies o The Killers. Il disco ha un suono internazionale, quello di produzioni di alto livello. Tutto gira per il verso giusto, le musiche, il cantato, l’atmosfera. I Ners forse si guardano in faccia e pensano di essere stati teletrasportati oltre i patri confini, dove il rock alberga da sempre. Gran bel disco.