GIACK BAZZ: Giack Bazz is not famous
Federico Giacobazzi, Giack Bazz, è bravo. Forse anche troppo. Il suo ultimo lavoro si presenta racchiuso in un foglio di quotidiano che contiene il cd, due 45 giri, un adesivo, una copertina ed il download su bandcamp. Esistono tre versioni diverse di questo pacchetto che cambiano per il colore dei vinili e per la copertina che li contiene. Insomma un grande lavoro non solo musicale ma anche grafico/concettuale. Arrivando, invece, alla musica vera e propria bisogna prendere per buone le parole con le quali Giack si presenta: “Musicista professionista e creatore di mondi e parole (wor(l)ds)”, perché in questo lavoro c’è un pianeta brulicante di persone che fanno cose, che amano o si disperano, che vorrebbero raccontare o essere raccontate. C’è Devembra Barnhhart e la sua Jaguar vintage, c’è James White, c’è l’America sterminata, ci sono i social network, la brexit, ci sono le fake news, la fama, il successo, c’è la stanchezza mentale dopo una opera rock, c’è Federico che con la musica esorcizza i suoi demoni. Bazz non è famoso ma forse un giorno potrebbe diventarlo. Noi glielo auguriamo. Con tutto il cuore.
(Autoprodotto) CD + DOPPIO 45
FERORMONI: Un segno più forte
Ferormoni è un duo, un progetto artistico nato nel 2014 dall’incontro fra Tommaso Crisci (musicista e compositore) e Monica Marini (autrice di testi musicali e poesie), che in quattro anni di sperimentazioni sonore e poetiche hanno dato vita a questo esordio “Un segno più forte”, titolo quanto mai identificativo della passione con cui affrontano la materia musicale. Il disco, nel complesso, è scuro e marcatamente elettronico come i riferimenti che delineano, nelle parole dei due stessi autori, il loro background artistico: Nick Cave, Garbo, Subsonica, Sylvia Plath, Tuxedomoon, Cure. Bisogna essere ben chiari, la musica di Ferormoni non è quasi mai orecchiabile, facile, piacevole… ma d’altra parte si tratta di musica di ricerca, non potrebbe essere altrimenti. È espressione artistica, e come tale non ricerca il consenso a tutti i costi. Quello che è certo che è i due, pur lavorando spesso a distanza, sono riusciti a creare un mondo musicale ben definito e personale, il che non è poco.
(Autoprodotto) CD
FAKIR THONGS: Lupex
I Fakir Thongs sono giunti al nuovo album, “Lupex” e confermano, anche se non ce n’era bisogno, la loro bravura ed intensità. I Fakir Thongs sono il rock anni 70 che vive nel 2018 e se ne frega di cosa sta succedendo nel mondo della musica (la trap per esempio), perché loro sono stoner rock fino al midollo, sono blues nel sangue, sono progressive quel tanto che basta. In “Lupex” il trio/quartetto non cerca di compiacere con il ritornello furbetto, la melodia zuccherosa ma piuttosto cerca di coinvolgere (e ce la fa) con ritmi spigolosi, incedere lento e funambolico ed una vena psichedelica che ti fa girare la testa. Dentro “Lupex” c’è il rock che trasuda dopo un tirato concerto in uno sperduto locale di periferia, ci sono i Fakir Thongs che mi immagino in sala prove a suonare e risuonare un brano fino a farsi sanguinare le dita. Per certo uno di loro è padre di famiglia ma il rock non si ferma neanche davanti al proprio pargolo. Ascoltate senza remore, mettetevi in cuffia “No tears”, inginocchiatevi davanti alle casse mentre suonano “Pen strokes”, fatevi un panino durante i sette minuti di “Hormiga bite” e poi digerite con “Lady bell”. I Fakir Thongs saranno la mia colonna sonora per le prossime settimane. Si vive una volta sola, dicono.
(Music For People Distribution) CD
ARCADIA MECCANICA: Arcadia Meccanica
Ambient, elettronica, lounge. Una formazione composta da flauto, sassofono, basso, tastiere e voce recitante. Dalla loro pagina Facebook si scopre ben poco, ma già dal nome e dai simboli all’interno del libretto si capisce che davanti a questo album omonimo degli Arcadia Meccanica ci si trova al cospetto di un rituale, più che di un semplice disco. Un insieme di 10 brani strumentali ben realizzati, dalle atmosfere cinematiche che fondono basi elettroniche a strumenti a fiato e a corda, a cui si aggiunge in più episodi la voce che recita poesie piuttosto che testi di canzoni. Ed è proprio in questa unione tra parole e musica che qualcosa non funziona, non perché uno dei due elementi manchi di qualcosa, ma perché non riescono a compenetrarsi e scorrono a loro modo su due binari paralleli. Un matrimonio non del tutto riuscito, purtroppo, che rappresenta però il margine di miglioramento su cui il trio, che su disco diventa quartetto, ha spazio per lavorare e mettere meglio a fuoco il progetto.
(Autoprodotto) CD
BOB: Km299
Il secondo album dei modenesi BOB segna è un nuovo inizio. Tanto per cominciare è il primo lavoro scritto interamente dalla nuova formazione, composta ora dai due elementi storici Mattia Malavasi (voce) e Matteo Cariani (batteria) e dalle new entry Mauro Siviero (chitarra) e Carlo Cench (basso); in più è il primo album della band che si possa considerare tale, dato che il precedente “La caduta del Re” era più che altro una raccolta di registrazioni già contenute in vari EP. La matrice musicale del quartetto è quella del rock italiano nella sua forma più classica, quello di Litfiba, Vasco, Ligabue, ma che non disdegna anche le atmosfere più dure e le batterie quadrate di matrice americana, con AC/DC e Black Sabbath in testa. Un disco ben scritto, nel suo genere, ma che negli episodi più leggeri (“A22”, “Venerdì”, “Tu”) palesa troppo la ricerca del singolo e del ritornello facile, ammansendo la carica rock di brani come “Ho visto il Diavolo” e “La notte di Anita” e componendo così una tracklist varia ma anche discontinua.
(Autoprodotto) CD / Digitale
DAVIDE BOSI: Don’t Try
Non fosse per il nome, schiacciando play su questo album d’esordio di Davide Bosi non si penserebbe che questo ragazzo sia di Cesena. Magari di Nashville, o di qualche paesino sperduto nel ventre degli Stati Uniti. La sua proposta musicale è un folk-indie leggero nei suoni ma denso nei contenuti, realizzato sempre in punta di piedi e con il minimo della strumentazione necessaria per portare il brano a compimento, con una voce leggera, sussurrata, che esce quasi di soppiatto dalle casse dello stereo. Quello scelto da Davide è un genere tosto con cui cimentarsi, dato che ci vuole un attimo a fare paragoni illustri e ritrovarsi sulla bilancia assieme a giganti come Nick Drake e Elliott Smith, o ai più recenti Kurt Vile e The War On Drugs. Con i suoi limiti, però, questo giovane cantautore riesce a portare a casa il risultato e a confezionare un disco scritto molto bene, anche se complessivamente un po’ piatto. C’è da lavorare per trovare un guizzo, magari una vocalità più caratteristica, ma il solco è segnato e siamo certi che il seguito sarà ancora migliore.
(Autoprodotto) CD / Digitale
BY.LL: Night’s Approaching
La notte si avvicina e con essa arriva il sonno, il sogno è l’unico mezzo per esplorare l’essenza dell’IO. È nel sogno che inizia il viaggio di BY.LL nel labirinto della mente umana, nello spirito che, condotto dall’istinto, fugge e si estrania dal corpo, per poi reincarnarsi disilluso il mattino seguente e ricominciare tutto da capo la notte successiva. Quello di BY.LL, aka Lorenzo Lucchi, è un trip, a tratti esoterico, che prende forma in un ep prodotto con gusto, dove la sintesi elettronica fa da padrona, tra arpeggi pianistici e drum patterns che, come organi pulsanti, scandiscono il tempo in un flusso di coscienza. La vocalità, melodica e graffiante, è ingombrante e ben presente nel mix, secca, ruvida, a volte prende prepotentemente spazio, spiazzando. Un lavoro concettuale che pare suggerire una propria valorizzazione in sede live, che verrà particolarmente apprezzato da chi si lascerà trasportare, senza pretendere melodie facilmente memorizzabili e singoli radiofonici.
(Autoprodotto) Digitale
DANIELE CASTELLANI: Arrivederci Emilia
Daniele Castellani afferma di scrivere solo quando ha qualcosa da dire, frase pesante in un momento storico dove lasciare il proprio pensiero su qualsiasi cosa (QUALSIASI COSA) è all’ordine del giorno. “Arriverderci Emilia” è il suo debutto in veste di solista, dopo aver militato nei Vana Radman (hanno suonato in giro per l’Italia ma anche a Belfast e Parigi) e i Raniero (autori di un EP nel 2012), un debutto giocato in sette brani, scelti nel più vasto repertorio scritto da Daniele. C’è spazio per storie d’amore dimenticate nel tempo, fidanzamenti finiti nel dolore emotivo ma anche per paesaggi dove si è cresciuti che sono cambiati in meglio o in peggio dipende dai punti di vista (“Arrivederci Emilia”), o ricordi di alcune estati passate a letto per via di una salute non troppo benevola (“Fantastici poemi”). Non manca uno strumentale (“Slowhand”), forse un omaggio ad un grande chitarrista inglese. Poi si arriva alla chiusura di “Maledetti posters” e tutta il mondo della nostra cameretta adolescenziale si accartoccia su sé stessa. Daniele, da Scandiano, si muove tra il rock e il pop, la musica d’autore e le atmosfere notturne, un debutto da ascoltare con attenzione per scovare anche le più piccole particolarità.
(New Model Label) CD
IL CORPO DOCENTI: Scivoli
Il Corpo Docenti è un trio nato nella primavera del 2017 che vede al suo interno un ex The Chicken Queens. I tre musicisti vivono insieme ed hanno creato un sodalizio artistico che ha portato alla pubblicazione di un debutto discografico sottoforma di EP con 5 brani. Il loro è un alternative rock cantato in italiano, le loro canzoni, invece, raccontano storie finite malamente, rabbia repressa, stati d’animo, problemi personali, senza però avere la pretesa di dare soluzioni, o far intravedere la luce in fondo al tunnel ma più semplicemente far sentire l’ascoltatore meno solo nella sua tempesta emotiva personale. Il trio, in una intervista video per Sonda, ha definito l’ep un disco malinconico e noi non possiamo che concordare con questa definizione. “Scivoli” diventa quindi una specie di seduta dallo psicanalista, un percorso interiore dei tre musicisti per esorcizzare alcuni momenti del passato. Pur non avendo la soluzione in tasca, il brano che chiude l’ep lascia ben sperare per un futuro meno oscuro. Rock arcigno. Testi introspettivi. Da ascoltare a volume altissimo.
(Tempura Dischi/Libellula Music) CD EP
DEN: Honest (H)earth
Sul retro del jewel case di “Honest (H)earth” c’è Den in posa esultante, braccia in alto e sorriso stampato in faccia, probabilmente appena uscito dallo studio di registrazione nel quale ha inciso a Birmingham. La sua è una musica che si apre al mondo, universale nel messaggio che vuole trasmettere e nelle melodie che, potenzialmente, possono toccare le corde di un vasto pubblico. Questo perché Daniele parte da sé stesso, dalle esperienze provate sulla sua pelle, dal suo chitarrismo poliedrico e dalla sua scrittura sincera. Eccezionale il team assemblato per l’occasione, polistrumentisti e professionisti arruolati oltreoceano, tra i quali spicca la voce cristallina di Stu Hope.
In sintesi: un disco rock ben fatto,che scorre e si lascia ascoltare tutto d’un fiato, adatto alle orecchie di molti.
(Autoprodotto) CD