“Siamo una band di Riccione e facciamo musica orecchiabile”. Così si descrivono i Silki, un riassunto abbastanza puntuale della loro essenza. Siamo nelle gloriose sonorità degli anni ‘80 a cui tanto ci sta abituando l’indie/pop italiano dell’ultima decade. Un sound coerente con sé stesso, tra incursioni synth wave e techno che ricordano i Bluvertigo e Subsonica di “Discolabirinto”, calate nel panorama contemporaneo. Un disco di critica generazionale, che strizza gli occhi al cantautorato, senza velleità poetiche, condannando l’appiattimento empatico della nostra epoca, escludendone apparentemente la redenzione. “Anedonia” è infatti l’incapacità di provare piacere e il nichilismo ne è l’unico antidoto. Solo accettando l’insensatezza della vita è possibile ricominciare tutto da capo, partendo da sè stessi, evitando obbiettivi insensati e facendo semplicemente ciò che si desidera. Come cantano i Silki in “Jet Lag”, ultima traccia del disco: “a noi la musica ci ha salvati/e per questo le siamo grati”. Alla musica, infine, il compito di svegliare le coscienze e placare le paranoie della nostra società.
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