È arrivato alla fine all’esordio, a due anni dall’EP “Bruciare Vivo” (2017), questo quartetto bolognese che si autodefinisce stoner, anche se già dai primi secondi di “Madre nostra” non ci troviamo totalmente d’accordo. Si perché La Gabbia si presenta da subito come qualcosa di più. In un’epoca infatti in cui il rock duro fatto di chitarre è indubbiamente in crisi, questa band è riuscita a creare un sound convincente che riesce a mettere insieme la forza dirompente di brani come “Violenza” e “Ho bisogno” a sonorità più aperte e quasi post-rock di “La luna e i falò” e “La fine e l’inizio di una vita”, senza dimenticare poi di lanciare qualche perla marcatamente radiofonica come l’opener “Ilaria”. Il risultato, nonostante queste anime diverse che convivono all’interno delle otto tracce di “Madre nostra”, riesce ad essere omogeneo all’ascolto e a convincere subito, in particolare perché la band è riuscita ad adattare perfettamente la lingua italiana al rock, in maniera credibile, che non è una cosa per nulla scontata. Forse il rock non è morto, forse qualcuno lo aveva solo chiuso in gabbia.
(You Can’t Records/Punx Crew) CD