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I pensieri dei valutatori: Nicola Manzan

La pandemia ha inferto un duro colpo alla musica, intesa non solo come arte ma anche nelle sue vestigie commerciali. Abbiamo chiesto ai nostri valutatori una riflessione sulle criticità nate in conseguenza a questo stato eccezionale. Uno sguardo che passa attraverso gli occhi di produttori, discografici, direttori artistici, musicisti.

Pensi che il tuo lavoro di produttore/musicista cambierà?
Se inizialmente pensavo che il mio lavoro sarebbe cambiato (anche se ho sempre sperato che così non fosse), ora ne sono praticamente certo.
Il mio lavoro di musicista si svolge prevalentemente sui palchi di locali, festival e simili. Partendo dal fatto che è saltato tutto il tour del mio gruppo principale (Bologna Violenta, tour organizzato tra dicembre e gennaio che si doveva svolgere da marzo a maggio, ovvero in pieno lockdown), con le norme in vigore per il contenimento del Covid mi ritrovo a fare pochissimi concerti e l’incertezza per il futuro è tanta, con un clima di attendismo che coinvolge organizzatori, club e band. Stiamo cercando di capire come riorganizzare un tour vero e proprio, ma stiamo tutti in attesa di vedere come si evolverà la situazione in autunno, visto che ancora non si sa quanti locali riusciranno a riaprire e a fare concerti.
Per quel che riguarda il mio lavoro in studio, devo dire che c’è stato un discreto rallentamento delle produzioni, per quanto parecchi artisti stiano continuando a registrare, produrre e scrivere musica, in attesa di tempi migliori. Ma anche in questo caso, l’incertezza economica non sta aiutando nessuno e moltissimi musicisti stanno aspettando che qualcosa si sblocchi prima di investire somme di denaro per la registrazione di dischi che non si sa quando e come usciranno.
La mia impressione è che al momento le priorità siano altre, come, ad esempio, cercare di arrivare a fine mese, almeno per chi non ha un lavoro fisso.

Il lockdown è terminato: come è stata la ripartenza?
La ripartenza è stata lenta e lo è ancora. Sono riuscito a fare alcuni concerti con i Ronin, Bologna Violenta e Torso Virile Colossale, ovvero i miei tre gruppi principali, ma le difficoltà sono tante, sia dal punto di vista organizzativo, che economico.
La mia impressione è che una ripartenza vera e propria non ci sia ancora stata, in pratica.

Considerando che molte cose sono cambiate – forse temporaneamente, forse no – è concepibile per te trasformare permanentemente parte del tuo lavoro in lavoro a distanza?
Devo dire che, da questo punto di vista, sono molto fortunato perché quasi tutti i miei lavori di arrangiatore sono fatti a distanza. Da anni, ormai, ho un metodo di lavoro da casa che è molto funzionale e collaudato e che mi dà modo di lavorare con i miei tempi e i miei modi, ma soprattutto che si rivela comodo per tutti, sia per me che per gli artisti.
Di sicuro tutto ciò che riguarda la mia attività dal vivo non è neanche da prendere in considerazione da questo punto di vista, ma confido sempre che sia una fase temporanea.

A nostro avviso è emerso un dato: il mondo dell’arte (musica, cinema, teatro, ecc…) durante la pandemia e anche successivamente è concepito come un passatempo e non come qualcosa di economicamente rilevante.
Sei d’accordo? Se sì, pensi sia possibile fare qualcosa per cambiare questo stato di cose?
Sono assolutamente d’accordo. Ma non serviva di certo questa pandemia per farmene rendere conto. A meno che un artista non sia affermato a livelli di massa, o che almeno non lavori costantemente a livelli molto alti, il lavoro del musicista difficilmente viene visto come un lavoro vero. La gente “normale” fatica a comprendere che per essere un musicista professionista serve una dedizione costante e un lavoro intenso di preparazione e studio, ma mi sembra tutto sommato “normale” in un Paese come il nostro dove la cultura di un certo tipo viene vista come semplice diversivo alla quotidianità.
Penso si possa far qualcosa, anche se ritengo che questo “qualcosa” avremmo dovuto iniziare a farlo molto prima. Purtroppo molti musicisti sono i primi ad avere un approccio “hobbistico” alla materia musicale, a prendere quello che arriva, a lavorare in nero per tirare a campare, senza pensare che, nei momenti di difficoltà, tutti i nodi verranno al pettine. Si fa ora un gran parlare del fatto che dobbiamo essere riconosciuti dalla sfera politica come “lavoratori veri”, ma mi rendo conto che solo negli ultimi anni ci sono stati dei cambiamenti in questa direzione, eliminando il lavoro in nero, normando molte attività collaterali alla musica (penso ai tecnici dello spettacolo) e via dicendo.
Ovviamente, arrivando in ritardo rispetto ad altri settori lavorativi, paghiamo in prima persona il non esserci messi in moto prima. Spero che questa sia la volta buona per far capire che esistiamo come lavoratori e non solo come hobbisti, anche se non ho molta fiducia in un cambiamento repentino, vista la situazione critica in tutti i settori. Essendo arrivati per ultimi, saremo forse gli ultimi ad essere presi in considerazione.