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Festa della Musica 2020
Sarebbe stato impensabile aprire la stagione estiva modenese senza la Festa Europea della Musica.
Ogni 21 giugno la città si trasforma in un’enorme cassa di risonanza e i suoni più disparati rimbalzano da una parete all’altra delle mura, entrando nelle case e smuovendo gli animi dei più disinteressati e distratti. È la giornata in cui anche una monotona passeggiata in centro può diventare occasione per scoprire gruppi locali o dedicarsi all’ascolto di una melodia inaspettata.
Quindi ci si può immaginare quanto crescesse, alle porte dell’estate 2020, il timore di non poter vivere una ricorrenza così importante per Modena. Fortunatamente, non vi teniamo sulle spine, questo è stato proprio il primo evento cittadino dopo il lockdown ad avere luogo in totale sicurezza e rispetto delle norme, diventando un importante starting point per tutti gli eventi seguenti.
L’anteprima della Festa si è tenuta al Supercinema Estivo, luogo che, a suo modo, è diventato punto di riferimento dell’estate modenese 2020, regalando ai cittadini quell’esperienza che tanto era mancata nei mesi di reclusione forzata. Il 19 di giugno si è tenuta la proiezione del docufilm dedicato alla vita di Pavarotti, pellicola commmovonte che dipinge il personaggio del “tenore del popolo” con affetto e umanità. Precede il tutto il concerto degli allievi della masterclass di canto lirico, tenuta dalla docente Raina Kabaivanska e curata dall’ Istituto Musicale Vecchi-Tonelli.
Il 20 giugno è stata sicuramente la giornata più densa di concerti, reading ed eventi. Cercheremo di darvi un quadro generale, nella speranza di riportare alla mente un ricordo piacevole o di invogliarvi, perché no, a partecipare alla prossima edizione!
Iniziamo dalla Tenda estiva, se volete sapere qualcosa di più su come pochi ragazzi dell’Associazione Intendiamoci abbiano costruito uno spazio esterno in meno di due settimane, vi reindirizziamo all’articolo su Cantautori su Marte. Qui si è tenuto il concerto soldout di Cimini, cantautore di casa Garrincha Dischi, una delle più importanti realtà indie-pop nostrane.
Nonostante le circostanze non permettessero un set con full band, l’intensità dei brani ridotti all’osso (chitarra-voce) ha colpito tutti gli spettatori, opportunamente “riscaldati” in apertura dagli artisti di SONDA, ovvero Hygge e Arianna Poli.
Rivolgiamo poi lo sguardo sull’ Ex Ospedale San’Agostino, sede di una rassegna tenutasi nel 2019 che sicuramente molti appassionati ricorderanno con affetto, a cura di AGO Modena Fabbriche Culturali. Qui si è tenuto il reading pungente e satirico di Max Collini, voce e penna degli Offlaga Disco Pax, che ha letto i testi della musica indie pop attuale, riflettendo sul ruolo dell’autore moderno.
Non poteva mancare di certo lo spettacolo in piazza XX Settembre, organizzato da Modenamoremio, che per questa edizione ha proposto un “viaggio” ironico nello spirito e nell’anima della musica italiana per ricordare le melodie che hanno reso il nostro paese unico al mondo, con Claudio Mattioli e Massimiliano Barbolini.
Gli aficionados, poi, si sarebbero forse aspettati di ascoltare un concerto jazz al Chiostro di Palazzo Santa Margherita. Tuttavia quest’anno l’Associazione Muse ha organizzato un evento anomalo, bizzarro e strabiliante, anch’esso soldout, con il duo “OoopopoiooO”.
I polistrumentisti Vincenzo Vasi e Valerba Sturba hanno deliziato i presenti con una musica sperimentale fatta di loop, strumenti giocattolo, elettronica e minimalismo.
Immancabile, come ogni anno, la musica classica e il jazz più tradizionale, esempio del carattere eterogeneo della Festa della Musica: il concerto violino e arpa di Michaela Bilikova e
Davide Burani al Chiostro del Complesso Santa Chiara, l’acoustic jazz trio con Beggio / Abrams / Calzolari al Teatro del Tempio, il clavicembalo di Giovanni Paganelli al Chiostro dell’Abbazia San Pietro e il giovane trio Helianthus in Piazza Grande.
La musica più di ricerca è stata presentata invece dall’ Associazione Lemniscata, nell’incantevole cornice del Cortile di Borso d’Este, con il concerto di Enrico Malatesta e Riccardo Laforesta. Vi consigliamo a tal riguardo di recuperare sulla rete le meravigliose foto che ritraggono i musicisti assorti sui loro strumenti e un piccolo ma attento gruppo di spettatori, seduti sui cuscini e circondati dalla magia della location.
Per chiudere non potevamo dimenticare il concerto restitutivo del progetto Soundtracks, che da anni regala al pubblico la sonorizzazione di film muti, in un dialogo costante tra suono e immagine. Il concerto si è tenuto il 21 giugno di Soundstracks al Supercinema Estivo, con ospite Enrico Gabrielli (Mariposa, Calibro 35, Mike Patton, PJ Harvey).
Ricorderemo sicuramente questa edizione della Festa della Musica per la sua straordinarietà e tenacia nel sopravvivere alle circostante storiche avverse, dimostrando quanto davvero la musica sia collante dell’umanità e della nostra città.
Toi – Maru
L’arte di perdere non è difficile da imparare; così tante cose sembrano pervase dall’intenzione di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.
Elizabeth Bishop, One Art.
“Toi” è il nuovo album di Maru, cantautrice siciliana di stanza a Bologna, pubblicato da Bravo Dischi in collaborazione con il Centro Musica Modena e il progetto Sonda.
Un grido di libertà dedicato all’arte di saper perdere, anticipato dai singoli Quechua e Zitta.
Maru è cresciuta e la voglia di gridarlo al mondo si sente. Attraverso un sound diverso, che si apre all’elettronica pop e alla dance, esplora sintetizzatori distorti e violenti e torna a ballad più dolci, avvicinandosi con garbo anche al mondo r’n’b e lo-fi. Saltano i confini musicali a cui ci aveva abituato. E le barriere di genere si infrangono grazie a quella voglia di andare oltre ogni pregiudizio che da sempre la contraddistingue. “Toi” è arrivato a un anno di distanza da “Zero Glitter”.
Nove brani che sono un mare impetuoso di emozioni.
Nove brani che raccontano di scelte sbagliate ed errori, relazioni che forse potevano essere evitate.
Di seguito qualche domanda rivolta a Maru per capire meglio il suo disco e il suo mondo. Che forse è anche un po’ il nostro mondo.
In quale periodo della tua vita sono nate le canzoni di “Toi”?
“La scrittura di “Toi” è stato un processo un po’ lungo in un periodo che definirei piuttosto incerto. Ho composto alcuni pezzi a casa al mare, in Sicilia, altri durante la strada che facevo per andare a lavorare, altri ancora durante dei traslochi. In un periodo in cui tutto mi teneva distante da ciò che più mi mancava, ossia suonare e divertirmi con la mia musica, l’unica certezza era questo disco. È un periodo in cui sto cercando di concentrarmi un po’ più sull’amore per me stessa”.
La persona a cui sono indirizzati alcuni versi sparsi tra i brani ha sentito i pezzi?
“Diciamo che sarebbe tutto più semplice se questi versi fossero indirizzati ad una sola persona”.
Per te cosa sono le coincidenze?
“Sono dei brutti o meravigliosi scherzi che ci fa la vita quando si annoia. Possono consistere nell’incrociarsi con qualcuno o schiantarsi, può essere qualcosa che non stavi assolutamente cercando ma che trovi improvvisamente e al momento più giusto o più sbagliato. Sicuramente le coincidenze sono ciò che muove il mondo, molto di più rispetto all’amore”.
Abbiamo letto che le ispirazioni musicali sono state Lorde, Robyn, Christine and the Queens, in questi ascolti cosa hai trovato e come ti sono stati “d’aiuto” per scrivere “Toi”?
“Sono spunti che prendo in considerazione per le sonorità: sono le stesse che vorrei poter raggiungere. Ho scelto di ispirarmi a queste artiste perché il loro è pop, ma non è mai banale o scontato”.
Tutto viene etichettato, dalle piccole alle grandi cose. Potremmo vivere in un mondo senza etichette?
“Sarebbe una splendida utopia, ma nessuno di noi è davvero in grado di farlo. Le etichette per alcuni di noi sono scomode, per altri sono un limite che può anche rendere più liberi”.
Dopo aver ascoltato l’intero album cosa speri che rimanga nell’ascoltatore?
“La voglia di riascoltarlo!”
È così difficile essere padroni di sé stessi?
“È un brutto mestiere, ma qualcuno deve pur farlo. Meglio essere noi i padroni di noi stessi rispetto a qualcun altro”.
Con chi ti piacerebbe collaborare?
“Mi viene fatta spesso questa domanda, ma non so veramente dare una risposta. Sono poche le persone che stimo e penso che questo debba venire prima addirittura della stima a livello artistico o professionale. Vorrei collaborare con belle persone e posso dirti che questo lo faccio già, altrimenti non sarei qui”.
Ti ricordi il tuo primo concerto? Come andò?
“Il mio primissimo concerto fu alle scuole medie. Era una sorta di talent show degli studenti. Io imbracciavo la mia chitarrina elettrica e ho deciso di suonare un pezzo dei Green Day. L’adrenalina di quel giorno non mi ha più abbandonata, per questo la cerco ancora oggi. Per questo mi manca così tanto il palco”.
Toy diventa Toi, un gioco. Una presa in giro.
O forse no.
Viralissima
La Regione Emilia-Romagna ha lanciato nel mese di luglio 2020 “Viralissima”, un festival televisivo e online di un mese con trenta grandi protagonisti della musica in regione.
Da diversi club di città emiliano-romagnole sono stati ripresi e trasmessi su Lepida, Sky e sui canali social concerti con artisti consolidati e della nuova scena.
Un grande festival musicale in tv e on line, senza confini di genere, per celebrare la vivacità culturale dell’Emilia-Romagna.
Un festival giunto dopo il successo de #laculturanonsiferma, che sugli stessi canali nel periodo del lockdown in due mesi ha registrato oltre 430 mila gli accessi sul web e 480 mila per le dirette in streaming, cui si sommano gli utenti della programmazione televisiva su Lepida e Sky, in collaborazione con centinaia di soggetti culturali e migliaia di artisti.
Viralissima ha messo nello stesso cartellone oltre 30 artisti, al di là dei linguaggi, esponenti tra i più originali e rappresentativi della musica in Emilia-Romagna, dal rock all’elettronica, dalla canzone d’autore all’hip hop. Protagonisti sono stati anche alcuni dei club più blasonati della regione, che hanno ospitato i concerti ripresi da troupe che si sono occupate della realizzazione delle trasmissioni televisive, con l’obiettivo di ridare linfa vitale a una scena che riveste grande importanza sia per i suoi risvolti artistici sia per quelli occupazionali.
Da Massimo Zamboni a John De Leo, dai Confusional Quartet a Tiziano Popoli e Teo Ciavarella, un cartellone di primo piano che si è snodato sui palchi di Ferrara, Modena, Bologna, Parma e altre città della regione (selezionato da una commissione di esperti e operatori del settore) per dei live set ripresi dalle telecamere di 4 video crew (indipendenti), che su ogni concerto hanno realizzato una puntata di Viralissima.
“Abbiamo voluto questa iniziativa- ha commentato l’assessore alla Cultura Mauro Felicori – per sostenere importanti settori della filiera musicale duramente colpita dall’annullamento di concerti e festival, grazie a un finanziamento straordinario della Giunta regionale. Il nostro obiettivo è quello di contribuire a ridare linfa vitale a una scena che riveste grande importanza, sia per i suoi risvolti artistici che per quelli occupazionali. Una scena che ha contribuito in maniera determinante a definire una immagine della Regione come di un territorio ad altissima vocazione musicale. E anche con questo progetto, che potrà ripetersi e rinnovarsi, continua la sperimentazione di Lepida come canale al servizio delle arti nella regione”.
Gli artisti:
Alfio Antico, Altre di B, Beatrice Antolini, BMA 2020 Showcase, Clever Square, Confusional Quartet, Dente, Don Antonio (Antonio Gramentieri), ERJ Orchestra, Giardini di Mirò, Godblesscomputer, Her Skin, Inoki, John De Leo, Joycut, Julie’s Haircut, La Metralli, Laura AgnusDei, Mariposa, Massimo Tagliata, Massimo Volume, Massimo Zamboni, Modena City Ramblers, Moder, Murubutu, Musicaperbambini, Ofeliadorme, Oopooiopoi (Vincenzo Vasi, Valeria Sturba), Rares, Sid, Skiantos+Nevruz, Teo Ciavarella, Tiziano Popoli.
I club:
Torrione (Ferrara), Locomotiv (Bologna), Bronson (Ravenna), Centro Musica/La Torre (Modena), Estragon (Bologna), Vidia (Cesena), Colombofili (Parma).
SONDA Weekly
SONDA Weekly è la playlist degli artisti di Sonda su Spotify.
Una selezione di musica emiliano-romagnola che nasce dal basso, ma guarda verso l’alto.
Sonda Club: i singoli in vinile 2020
Sonda Club torna anche nel 2020 con una accoppiata di singoli in vinile a tiratura limitata (300 copie) dal colore verde e oro. La formula rimane invariata. Un artista affermato della regione Emilia-Romagna, presente sul lato A, sostiene un giovane musicista con un brano inciso sul lato B.
La scelta del giovane artista, come sempre, è nelle mani di chi ha sposato la finalità di questo progetto, la star del lato A, che ha potuto ascoltare diversi iscritti al progetto Sonda e scegliere chi meritava di comparire insieme ad un suo pezzo.
I big che hanno deciso di sposare le finalità di Sonda Club sono Massimo Zamboni (ex chitarrista dei CCCP Fedeli Alla Linea, C.S.I., P.G.R.) e i Modena City Ramblers. Due progetti di indubbio valore nei rispettivi ambiti musicali che hanno scritto pagine indelebili nella storia della musica italiana.
Massimo Zamboni ci ha regalato “A ritroso”, brano apparso per la prima volta nel cd del 2010 “L’Estinzione di un colloquio amoroso”, poi ripreso nel disco dal vivo dell’anno successivo “Solo una terapia: dai CCCP all’estinzione” e proprio questa versione live è quella impressa sul vinile di Sonda Club.
I Modena City Ramblers, invece, ci hanno omaggiato un brano intitolato “Volare controvento”, apparso nel loro album del 2017 “Mani come rami, ai piedi radici”, poi ripreso nel disco del 2019 “Riaccolti”, registrato dal vivo all’Esagono Recording Studio.
Massimo Zamboni per il lato B ha scelto il brano “Interludio” di Arianna Poli (da Ferrara) mentre i Modena City Ramblers hanno deciso che “Muto” di Matteo Polonara & Mataara Trio (da Bologna) doveva accompagnare il loro brano.
I vinili Sonda Club sono distribuiti gratuitamente e possono essere ritirati presso la sede Centro Musica.
EncodER – Call per band e artisti
Al fine di sostenere la realizzazione di nuove produzioni originali in ambito musicale, il Centro Musica del Comune di Modena all’interno del Progetto SONDA apre il bando EncodER.
La selezione si rivolge a giovani artisti residenti o domiciliati in Emilia-Romagna che propongano un repertorio musicale originale.
Una Commissione selezionerà tra tutti i partecipanti cinque progetti vincitori che riceveranno una premialità in denaro e avranno a disposizione un locale per la musica dal vivo (La Tenda di Modena) dove, assistiti da un fonico professionista, potranno registrare la pre-produzione dei propri brani.
Inoltre, ai progetti vincitori sarà data la possibilità di realizzare un videoclip live professionale di un loro brano, che sarà diffuso tramite i canali promozionali del Progetto SONDA.
Il bando è aperto a band e artisti che propongono un repertorio originale, residenti e/o domiciliati in Regione Emilia-Romagna e che non abbiano compiuto il 30° anno di età alla scadenza del bando.
Per le band la maggioranza dei componenti deve soddisfare i requisiti di età e residenza.
I cinque progetti vincitori, indicati dalla commissione, riceveranno una premialità di 1.200 euro al lordo delle ritenute di legge.
Ogni progetto avrà inoltre a disposizione per 16 ore complessive (due giornate da 8 ore ciascuna) La Tenda e un fonico professionista per realizzare la pre-produzione dei propri brani, con registrazione in presa diretta su tracce separate.
Tutto il materiale audio, non mixato, sarà a totale disposizione della band/musicista che dovrà indicare al Centro Musica un solo brano, fra quelli registrati, di cui sarà realizzato un mixaggio professionale in studio di registrazione, e che sarà utilizzato come base per la realizzazione di un videoclip live.
La ripresa del videoclip sarà realizzata sempre all’interno de La Tenda, in una giornata da concordarsi. Il videoclip risultante sarà utilizzato come materiale promozionale sui canali del Progetto SONDA.
Leggi qui il bando completo e scarica la scheda di iscrizione
Un colonna sonora per il nuovo spot di youngER Card
youngERcard è una tessera gratuita per le ragazze e i ragazzi che vivono, studiano o lavorano nel territorio regionale. Permette di avere agevolazioni e sconti per la fruizione di servizi culturali e sportivi e presso numerosi esercizi commerciali, oltre a promuovere la partecipazione a progetti di volontariato.
A breve verrà lanciato uno spot su tutti i canali social dell’Assessorato alla politiche giovanili della Regione Emilia-Romagna per promuovere la card e Dry-Art, che sta curando lo spot per conto della Regione, ha pensato di coinvolgere gli artisti iscritti a Sonda per realizzare la colonna sonora (un commento musicale della durata di circa un minuto).
Se vuoi partecipare invia un email dry-art@dry-art.com; ti verrà girato un link privato attraverso il quale potrai vedere in anteprima il video (ti chiediamo, ovviamente, di non divulgarlo) e ti verrà inviata la scheda di iscrizione da compilare.
Il brano dovrà essere originale, inedito e realizzato per l’occasione.
L’autore (o gli autori) del brano che verrà selezionato come vincitore dovranno sottoscrivere una liberatoria per l’utilizzo gratuito.
Il brano e la scheda compilata dovranno essere inviati entro il 31/12/2020 all’indirizzo email dry-art@dry-art.com
Toi: il nuovo disco di Maru
Esce oggi Toi, il nuovo disco di Maru prodotto da Bravo Dischi e dal Centro Musica di Modena, attraverso il progetto Sonda, con il contributo della Regione Emilia-Romagna.
Una collaborazione che nasce nel 2019 quando il Centro Musica, con la sua collana Sonda Club, aveva prodotto su vinile il singolo “Dove Dormi” di Maru insieme a ”Sentimento Estero” de Lo Stato Sociale.
“TOI, il nuovo disco di Maru arriva a un anno di distanza da “Zero Glitter”. Anticipato dai singoli “Quechua” e “Zitta”, Toi è il grido di libertà di chi ha smesso di prendersi troppo sul serio.
È rinunciare alle aspettative per accogliere tutto quello che viene e goderselo fino in fondo, la volontà di vivere gli errori con leggerezza, accettarli e accettarsi in ogni sfaccettatura, anche quelle che non piacciono agli altri”.
I valutatori: Nicola Manzan
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Ho iniziato ad ascoltare musica molto presto.
Mio padre aveva un po’ di vinili in casa, tipo cantautori e simili, oltre ad alcuni “audiolibri”, come li chiameremmo ora. Aveva anche una collezione di 100 vinili di classica, credo recuperati in edicola.
A cinque anni mi ha insegnato ad usare il giradischi e mi ha dato la massima libertà di utilizzo e di ascolto. Penso sia iniziata lì la mia voglia di mischiare generi, di ascoltare un po’ di tutto senza distinzioni. Ricordo che facevo delle mie personali classifiche e facevo finta di essere il dj di una radio mettendo brani di Beethoven, Elvis, De Gregori uno dopo l’altro, in base alla suggestione che mi davano.
Quando ho iniziato a potermi permettere di acquistare i dischi che interessavano a me, era già arrivata l’epoca del Cd, ma ho continuato ad acquistare i vinili, quando erano disponibili. Allo stesso tempo mio padre prendeva mensilmente la rivista (di musica classica) Amadeus, con cd allegato che automaticamente finiva nel mio stereo. In pratica gli anni della mia adolescenza sono stati caratterizzati da doppi input: da un lato la musica classica che studiavo ed ascoltavo perché “fornita” direttamente da mio padre, dall’altro avevo i miei dischi metal e hardcore che compravo coi pochi soldi che avevo.
Allo stesso modo leggevo anche riviste musicali diversissime fra loro: sulla mia scrivania, sotto un numero di “Rumore”, ci poteva essere un numero di Amadeus con Bernstein in copertina (con tanto di pubblicità della Rolex al suo interno).
Credo che a livello di ascolti questo sia stato un periodo molto formativo, la lista degli artisti e dei rispettivi album che ho ascoltato potrebbe essere davvero lunghissima. A volte erano cassette doppiate casualmente da qualche amico, a volte erano dischi che cercavo io, altre volte trovavo dei cd a casa e me ne innamoravo. Potrei citare tre casi su tutti: gli Slint di “Spiderland”, i Carcass di “Necroticism” e la celeberrima registrazione delle “Variazioni Goldberg” di Bach suonate da Glenn Gould. In tutti e tre i casi, parlo di dischi che ho ascoltato ossessivamente per mesi, alcuni per anni. Le variazioni Goldberg, ad esempio, sono sempre le benvenute nella mia vita quando devo rimettere in ordine il cervello.
La cosa curiosa è che spesso riascoltando alcuni dischi che sono stati importanti per me, mi rendo conto di quanto nel frattempo sia “cresciuto” il mio orecchio, notando spesso moltissime peculiarità che un tempo non sarei mai riuscito a cogliere. Se a volte questo ascolto più dettagliato mi porta a sentire una certa ingenuità nei miei gusti di un tempo, dall’altro mi rendo anche conto che certe caratteristiche, nel bene e nel male, sono rimaste impresse nella mia testa e spesso mi sono ritrovato a riproporle in qualche modo nella mia musica.
Sul fronte dei concerti, invece, suonando il violino fin da bambino venivo spesso accompagnato a concerti di musica classica, per un periodo ho anche avuto l’abbonamento alla stagione sinfonica del teatro di Treviso. Adoravo andare ai concerti in quegli anni, un po’ per la compagnia, un po’ perché ho sempre adorato essere investito dal suono potente di un’orchestra, così come adoro trattenere il fiato durante i pianissimo della musica da camera.
Ma allo stesso tempo ho iniziato anch’io a fare concerti e ad andare a vedere quello che arrivava in zona. Mi ricordo molto bene di quando andavo (appena diciottenne) all’Agrrro, centro sociale in provincia di Treviso dove c’erano concerti punk che mi hanno fatto capire che la musica poteva essere anche qualcosa di diverso da quello che conoscevo io (potrei dire semplicemente: l’opposto). Ho vissuto in bilico tra musica classica ed autogestione per parecchi anni, facendo a volte anche doppi concerti, prima con l’orchestra, poi col mio gruppo in qualche locale. Da quando poi ho iniziato a lavorare in un rock club come tecnico palco, le cose sono cambiate: ogni weekend lavoravo con band di qualsiasi tipo, che mi hanno portato ad amare o odiare certi gruppi, ma soprattutto certe attitudini da rockstar fallite.
Se dovessi citare due concerti “della vita”, non avrei dubbi: nel 1998 ho suonato col mio gruppo di supporto agli Unsane di New York. Li conoscevo di nome, sapevo che erano molto apprezzati, ma non immaginavo che dal soundcheck in poi la mia vita sarebbe letteralmente cambiata. I suoni, l’attitudine, i pezzi: tutto era nuovo e tutto era esattamente nei miei canoni estetici, spazzando via molte cose che avevo ascoltato fino al giorno prima, rendendomele a tratti insopportabili.
Il secondo concerto è stato un BBC Prom alla Royal Alber Hall di Londra, sempre in quegli anni, in cui Yo Yo Ma suonava un concerto per violoncello in prima assoluta. L’introduzione altro non era se non una registrazione di rumori ambientali, mandata in play dallo stesso violoncellista e diffusa da uno stereo portatile degli anni 80 piazzato davanti al violoncello. E anche il resto era poesia pura.
Il tuo pezzo e un produttore – Incontri 2024
I pensieri dei valutatori: Nicola Manzan
I valutatori: Nicola Manzan
Incontri con i valutatori 2020
I pensieri dei valutatori: Nicola Manzan
I valutatori: Gabriele Minelli
Se nella tua vita sei diventato un produttore, musicista, direttore artistico, editore, discografico, talent scout, manager qual è stata la tua formazione musicale negli anni dell’adolescenza?
Una semplice domanda che nasconde una profonda risposta. Scopriamo insieme cosa ascoltavano e cosa leggevano i valutatori di Sonda.
Sotto molti punti di vista, cercare di riassumere la propria “formazione musicale”, o i momenti, i luoghi e le persone che l’hanno determinata, è un’operazione davvero complicata, lo ammetto. Perché banalmente ti costringe ad osservare ciò che hai lasciato alle tue spalle, il passato, una parte di vita.
Perché comunque si tratta di provare a condensare una miriade di piccoli momenti o lunghi periodi, magari confusi e turbolenti, in una specie di piccolo manuale pronto per l’uso, in cui dovrebbe persino emergere un certo grado di saggezza e di consapevolezza che non sempre invece c’era.
Ma soprattutto perché si corre il rischio di finire per raccontare di archeologia culturale, di epoche (perché questo pericolo lo corrono tutte le generazioni con le successive) superate dal tempo e dai mezzi, di scenari quasi incomprensibili e a volte surreali per chi ne sente parlare solo oggi.
Si tratta pure sempre del secolo scorso eh!
Cerco quindi di mettere ordine nei ricordi, la mente, e nei gusti, il cuore, e di fare come quando sistemo i rullini e le foto che ho accumulato negli anni, cercando di soffermarmi più sul metodo e sul risultato, che sul momento singolo.
Se devo trovare quindi un denominatore comune che riassuma il mio percorso, userei una parola e cioè DIVERSITA’. La adotto più che altro nella sua forma anglofona, diversity, e cioè varietà, ma anche dissimilarità.
Come molti miei coetanei, infatti, ero costantemente spinto dalla curiosità di guardare, leggere e ascoltare di tutto, il più possibile, ovunque fossi, in ogni lingua (o quasi), senza particolari pregiudizi se non le piccole puerili prese di posizione da tarda adolescenza.
Mi sono così formato musicalmente sia nell’hip hop, cultura che ho abbracciato da studente (e anche praticante…) in alcune delle sue forme, che nella musica suonata in maniera più “tradizionale”, anche in questo caso sia come spettatore/ascoltatore che come, ahimè, chitarrista (e anche armonicista, beat maker, fonico improvvisato…).
Lo stesso si può probabilmente dire per ascolti e visioni, sia radio/tv che cinematografici, e per le letture: come tutti i ragazzi cresciuti nell’epoca pre-internet, la nostra era una fame atavica e insaziabile che ci costringeva a cacciare in ogni territorio nel tentativo di soddisfarla.
Ovviamente ci sono molti defining moments che posso ricercare, diciamo a partire dai primi anni di liceo, e che identifico appunto come svolte di crescita e formazione.
Ma ciò che più mi preme sottolineare è proprio una questione di approccio e metodo: il desiderio di approfondimento, di un genere o dell’opera di un singolo artista, non escludeva mai l’esplorazione o la sperimentazione.
Sicuramente un certo sciovinismo giovanile faceva sì che mi concentrassi maggiormente, per esempio, sulla musica americana e inglese più che su quella italiana. Ma al tempo stesso per noi non c’erano davvero preclusioni, ed era la più assoluta normalità andare a concerti di artisti di generi diametralmente opposti nell’arco di pochi giorni, mescolandoci a nostra volta tra gruppi eterogenei di altri frequentatori di live e ascoltatori di musica.
Nei miei mesi da laureato/expat/lavoratore in Belgio, poco prima di cominciare la carriera nella musica, ebbi modo, molto felicemente, di constatare che nel nord Europa quello era l’approccio più diffuso: era normale per un locale programmare un live punk il martedì e un dj set hip hop il giovedì; le line up dei festival DOVEVANO essere eterogenee per soddisfare un pubblico che chiedeva cartelloni vari e interessanti; le radio più fighe programmavano indifferentemente ciò che consideravano il meglio del momento, senza crucci di bpm o paranoie di contenuti più o meno masticabili.
E’ proprio in questa diversità che mi sono formato, sono cresciuto, ho affinato il mio gusto: un bagno di musica strana, perché mi piaceva essere un po’ il precursore o lo scopritore di gruppi e di generi, ma anche quello fuori dagli schemi; un mix di rap, metal, video di skate, cinema indipendente, street photography, graffiti, il primo indie folk, la black music degli anni 60 e 70, e mille altri ingredienti, frullati in un approccio DIY, un fai da te che mi ha spinto e portato a suonare, scrivere di musica, fotografare su e giù da un palco, accompagnare e aiutare artisti prima durante e dopo i live, ecc. ecc.
Questo approccio non l’ho mai abbandonato: penso infatti, e lo raccomando sempre ai ragazzi che iniziano quando ho l’occasione di parlare con loro, che sia necessario sporcarsi le mani ed essere curiosi.
Spesso ho lavorato meglio sui dischi di artisti che non mi piacevano, artisticamente. Molte volte tuttora faccio da solo (o almeno ci provo) quando sono in situazione di necessità. Sono sempre molto attratto dal diverso, dal differente, dalle espressioni non allineate, dall’artista non “di moda”, da colui che non replica ciò che funziona solo perché per altri funziona.
E quotidianamente cerco di replicare questa ricerca di diversità, cercando di valorizzare al meglio le competenze e i ruoli lavorativi al di là dell’hype del momento, mettendomi al servizio degli artisti e dei professionisti con cui lavoro per garantire loro, e in qualche caso stimolare, la massima libertà creativa e il diritto di essere diversi.