I Marble House si lanciano da una parte all’altra del crepaccio di genere, calcolando la distanza e il rischio, ben certi di atterrare su due piedi senza sprofondare nella fenditura del terreno. E se da un lato c’è l’impronta progressive anni 70, dall’altro troviamo territori inesplorati e inediti per la band, che scruta all’orizzonte ambientazioni modulari, svolte acustiche e lunghi strascichi vocali, scavando solchi nell’ascoltatore. In questo paesaggio a tratti solenne, a tratti giocoso, trova spazio una produzione a regola d’arte, che miscela sapientemente gli elementi più disparati, sottolineando l’ottimo interplay della band e incoraggiando l’ascolto dal vivo. D’altronde si tratta di un gruppo che da otto anni è attivo sul territorio bolognese e non solo, con diversi live alle spalle e una lunga preparazione dei lavori in studio. “Underscore” è un disco di sette brani, quaranta minuti e un’eterogeneità che catturerà dal fan dei Radiohead a quello dei Tool, passando per i nostalgici del progressive dell’era Peter Gabriel. La riconferma di una band poliedrica che dovrebbe meritare la vostra attenzione. Se questo non bastasse, potete riscoprire il loro album del 2018 “Embers” e il nuovo lavoro “More Human Than Me”, una demo rilasciata nel maggio 2020 solamente su Bandcamp.
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